Il Bando

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TRENITALIA TPER SCARL

COMUNE DI ASCOLI PICENO

POLITECNICO DI TORINO

L’opera collegherà l’autostrada di Fiumicino e il quartiere Eur, la conclusione è prevista per il 2031. Il termine per la presentazione dell’offerta l’8 ottobre.

INVITALIA

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LA NOTIZIA

DAI TERRITORI

Fitto: nell’immediato impossibile chiudere il termovalorizzatore di Acerra, nessuno lo ha detto. A Napoli l’Osservatorio sulle periferie.  A Roma riapre il Ponte Giulio Rocco fra Garbatella e Ostiense

L'architettura vista da LPP/22

di Luigi Prestinenza Puglisi

Il MAXXI merita di essere rilanciato con un’offerta culturale ed espositiva adeguata al capolavoro che è

Il 28 maggio 2010 fu inaugurato il Maxxi. Ricordo perfettamente l’eccitazione di quella giornata. L’edificio si era fatto aspettare 12 anni  (il concorso risaliva al 1998) e la costruzione era andata avanti tra infinite polemiche e crescenti dubbi. Con punte di apocalittico scetticismo di chi aveva pubblicamente giurato che un edificio del genere non si sarebbe potuto neanche tenere in piedi. Anche i costi erano lievitati, tanto che si parlava di un esborso, per allora astronomico, di 10.000 euro al metro quadrato, valore che poi venne pubblicamente ridimensionato, computando tra i metri quadrati anche gli spazi accessori.

Appena varcato l’ingresso, il 28 maggio del 2010 si capì immediatamente che si trattava di un capolavoro, di un edificio di una modernità inconsueta nel molle clima romano. Che finalmente il Ministero aveva fatto la cosa giusta, aveva cercato di mettere Roma in competizione con le altre grandi capitali europee.

All’inaugurazione c’era Zaha Hadid, con il suo fare energico e regale, vestita con abiti e gioielli da lei stessa disegnati. Un personaggio con una personalità talmente esuberante da occupare tutto lo spazio. E toglierlo così al curiale ed emaciato Pio Baldi, che era stato il direttore della Darc, il dipartimento per l’arte e l’architettura contemporanea che aveva sostenuto il museo, di cui adesso diventava direttore. “Questa struttura- disse la Hadid con la sua voce stentorea – è stato realizzato solo a metà. Occorrerà presto completarlo”. Frase che credo ripetette un paio di volte, accorgendosi che sull’argomento Pio Baldi e Margherita Guccione, la dirigente posta a capo del settore architettura, nicchiavano, facendo capire che non ci sarebbero stati altri cantieri.

L'intervento

DIARIO POLITICO

di Pol Diac

La politica internazionale continua a dettare l’agenda di Giorgia Meloni. La premier ha cancellato all’ultimo momento il viaggio nell’Indopacifico programmato a fine agosto per partecipare ai vertici sulla guerra in Ucraina: decisione solenne, certo, ma con un effetto collaterale inevitabile. Restando a Roma, i riflettori tornano infatti a illuminare anche le spine di casa: una legge di Bilancio con le casse vuote e gli alleati pronti a scannarsi su tagli fiscali e rottamazioni mentre la telenovela sul nodo candidature regionali, a partire dal Veneto, resta ancora irrisolto.

Appalti Istruzioni per l’uso / 39

di Gabriella Sparano

Nel contesto degli appalti pubblici, la distinzione tra il quadro economico dell’intervento e il quadro economico della gara spesso sfugge, ma è invece fondamentale per una corretta gestione finanziaria del progetto. Il primo, infatti, rappresenta la visione completa e strategica dell’intera opera, includendo non solo i costi diretti delle lavorazioni, ma anche tutte le spese accessorie, gli oneri per la progettazione e le somme a disposizione per imprevisti e variazioni. Al contrario, il quadro economico della gara si concentra specificamente sulla parte del progetto destinata all’affidamento, focalizzandosi sul prezzo base e sulle voci soggette a ribasso.

Comprendere questa differenza è, quindi, fondamentale per le stazioni appaltanti, poiché il corretto inquadramento e utilizzo del quadro economico dell’intervento sono essenziali per garantire la pianificazione, il controllo e la gestione efficace dell’intero ciclo di vita di un progetto pubblico, così come previsto dal Dlgs. 36/2023.

Vediamolo meglio.

Editoriale

di Giorgio Santilli

Parole, parole, parole. La veccha interpretazione di Mina torna sempre utile quando arriva l’agenda d’autunno, stagione di governo in cui si confondono desideri e realtà, annunci e misure concrete, in un contesto che esaspera la competizione politica a ogni costo (tanto più se all’orizzonte ci sono elezioni politiche buone, al solito, per contare i pesi dei singoli partiti più che delle coalizioni).  Dire anziché fare, dire anche per non dire nulla: diventa questa verbosità senza conseguenze il tratto che annoia gli italiani e tormenta il ministro dell’Economia impegnato a buttare giù lo schema della legge di bilancio, resistendo alle richieste dei partiti assetati di consenso e attori di propaganda. Si fa fatica a seguire una corretta scala di valori. Ci sono così priorità concrete ormai chiare a tutti, conclamate, condivise, come quella di continuare con una politica di investimenti capaci di spingere il Pil. Oppure quella di una politica per la casa capace di rispondere alle richieste di aiuto per un alloggio decente che arriva da milioni di famiglie, dalle fasce a basso reddito fino al ceto medio. Matteo Salvini parla di piano casa dall’ottobre 2023 e ogni giorno aggiunge un tassello: recentemente ha chiesto “pieni poteri” e “tutte le deleghe” sul tema. Dal Metteing di Rimini gli ha risposto Giorgia Meloni, con cinque righe in un discorso di 50 minuti: “lavoreremo insieme” con Salvini. Quindi niente “pieni poteri” al ministro delle Infrastrutture, piuttosto si andrà avanti con le cabine di regia che producono solo vischiosità.

 

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