L'ASSEMBLEA DI UTILITALIA

Utilities, VALORE della produzione a +79% in dieci anni a 68 miliardi

Salgono anche gli occupati, da 90mila a 104mila. Tra le priorità per il futuro ci sono: il rafforzamento del ruolo della regolazione indipendente, l’incremento degli investimenti nelle infrastrutture e gli approvvigionamenti, le aggregazioni per una governance efficiente e il superamento dei vincoli normativi del Testo Unico sulle Partecipate.

03 Lug 2025 di Mauro Giansante

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Le utilities italiane crescono. Dal 2015 a oggi hanno visto salire il valore della produzione da 38 a 68 miliardi (+79%), con un aumento degli occupati da 90 a 104mila (+15%). Numeri di fronte ai quali non fermarsi ma, anzi, ripartire, secondo Utilitalia che nell’assemblea di ieri ha festeggiato i primi dieci anni di vita dopo la fusione tra Federutility e Federambiente. Oggi, mediamente, ogni euro di fatturato delle aziende parte del settore genera un livello di produzione di 2,6 euro e per ogni milione di euro di fatturato si impiegano tra i 16 e i 34 occupati.

Guardando ai singoli settori, quello idrico ha visto salire gli investimenti pro-capite dai 38 euro annui del 2015 agli 80 euro stimati nel 2025, con una crescita del 110%. Le criticità del comparto sono, però, altrettanto importanti e soprattutto sempre più urgenti da risolvere: per esempio, le gestioni “in economia” con gli enti locali protagonisti (solo 29 euro/abitante di investimenti). Ecco perché serve, a fronte di un valore complessivo degli investimenti sostenuti dalla tariffa aumentato fino a circa 4 miliardi l’anno, rinnovare il settore il cui fabbisogno è destinato a salire a 6 miliardi l’anno, almeno. Secondo Utilitalia, che ha ricordato come negli ultimi anni il Pnrr ha destinato all’idrico circa 1,1 miliardi annui, serviranno risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026, e almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del Piano di ripresa e resilienza per innalzare l’indice di investimento complessivo. Nell’ottica della Federazione, alle risorse derivanti dalla tariffa andrebbe poi affiancata anche una quota di contributo pubblico di almeno 1 miliardo di euro l’anno per i prossimi 10 anni.

Sui rifiuti, invece, è stato ribadito il ruolo di primo piano dell’Italia su raccolta differenziata (dal 47,5% al 67%) e riciclaggio (salito dal 41,1 % del 2015 al 50,8% attuale). Ma per i target Ue al 2035 occorrerà arrivare all’effettivo riciclo per il 65% dei rifiuti urbani prodotti e uno smaltimento in discarica fino ad un massimo del 10%, mentre attualmente l’Italia si attesta al 16%, anche se molti passi avanti si sono fatti rispetto al dato del 2015 (26%). Per centrarli in futuro, nonostante gli investimenti già fatti, ne servono di aggiuntivi pari a circa 4,5 miliardi: di questi, 3 miliardi riguardano la dotazione impiantistica (2,5 per impianti di incenerimento e 0,5 per la digestione anaerobica), mentre 1,5 miliardi saranno necessari per potenziare i sistemi di raccolta differenziata. Risorse da investire anche per i rifiuti urbani , dove negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi in avanti sul fronte della raccolta differenziata (passata dal 47,5% del 2015 al 67% attuale) e del riciclaggio.

Infine, sull’energia servirà un’altrettanta radicale trasformazione per far fronte agli obiettivi di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici. In termini di investimenti, per adempiere alla traiettoria Ue, servirà un volume di investimenti programmati pari a circa 19 miliardi di euro nei prossimi 5 anni: fra questi, 7,6 sono destinati ad investimenti per le reti elettriche, del gas e del teleriscaldamento, 7,7 alla produzione di energia rinnovabile e non rinnovabile, mentre circa 1,5 miliardi sono destinati all’efficientamento energetico e alla mobilità sostenibile.

Guardando allora agli scenari delle utilities, tra le priorità chiave individuate da Utilitalia ci sono: il rafforzamento del ruolo della regolazione indipendente, l’incremento degli investimenti nella sicurezza e resilienza delle infrastrutture e degli approvvigionamenti, le aggregazioni per una governance efficiente e il superamento dei vincoli normativi del Testo Unico sulle Partecipate. E ancora il consolidamento dell’industrializzazione dei settori, investimenti ancora più ingenti per garantire la qualità della risorsa idrica, misure tese a garantire la continuità agli investimenti oltre l’orizzonte del Pnrr, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi operativi e gestionali e politiche del lavoro che favoriscano stabilità, formazione e innovazione organizzativa.

“Negli ultimi anni – spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – tra pandemia, crisi energetica e siccità le utilities si sono trovate ad affrontare una serie di situazioni emergenziali che hanno rappresentato sfide enormi per il comparto. Ciò nonostante, le imprese non si sono limitate a garantire la continuità dei servizi ma hanno realizzato investimenti fondamentali per supportare la transizione ecologica del Paese, confermando la loro centralità all’interno di questo percorso”.

Per il vicepresidente vicario di Utilitalia, Luca Dal Fabbro, “le imprese dei servizi pubblici si candidano a essere attori essenziali nel nuovo equilibrio tra sicurezza energetica ed ambientale, innovazione e crescita economica e coesione territoriale. In questo quadro, l’industrializzazione del settore e il superamento delle gestioni in economia, dove ancora presenti, restano fondamentali per migliorare le performance e aumentare la capacità di investimento complessiva. La strategia futura si fonda su tre assi portanti: una regolazione evolutiva, una governance industriale efficiente e non meno importante una forza lavoro competente e orientata al cambiamento”.

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