Con questo intervento, Carlo Borgomeo inizia la sua collaborazione con Diario DIAC. Siamo felici e orgogliosi di averlo come compagno di viaggio, convinti come siamo che lui abbia visto prima e più lucidamente di altri quello che ora sono in molti a vedere e che noi stiamo cercando di raccontare giorno dopo giorno dalla nostra nascita, sedici mesi fa. (giorgio santilli)
Un report dell’Istat del 17 ottobre ha reso noto che in Italia, nel 2023 il valore dell’economia sommersa è stato di quasi 217 miliardi di euro, con un incremento di quasi 15 miliardi rispetto all’anno precedente. Una bella quota del PIL, che mette insieme l’economia criminale (20 miliardi), le sottodichiarazioni e il lavoro cosiddetto nero. Le ore di lavoro nero equivalgono a tre milioni 132mila lavoratori (+4,9% rispetto al 2022).
L’economia sommersa vale il 10,2% del PIL e, dopo anni in cui sembrava in diminuzione, è tornata decisamente a crescere. In Italia il fenomeno è più diffuso rispetto a Paesi come Francia, Germania, Belgio, Olanda e anche Spagna. Per trovare chi sta peggio di noi bisogna spostarsi nei Paesi dell’Est o a Malta.
Inutile sottolineare che, anche in questo caso, vi sono profonde differenze tra Nord e Sud: non è azzardato affermare che nelle aree metropolitane del Sud un quarto del PIL è sommerso.
Nella Missione 5 del PNRR era prevista la definizione di un Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso, effettivamente varato nel 2021 per il triennio 2022-25. Aspettiamo di conoscere i risultati.
Tanto sommerso non significa solo una gigantesca evasione fiscale. Si è dimostrata completamente infondata la tesi secondo cui le attività informali potevano rappresentare la prima fase di una crescita imprenditoriale strutturale. E’ vero il contrario: il sommerso condiziona sempre di più il percorso di crescita delle imprese trascinandole in una forsennata ricerca di bassi costi e, quindi, condannandole a scarsa competitività. …