LA RELAZIONE ANNUALE ARERA

Acqua, Besseghini: “Presto i criteri al Mase per i piani straordinari d’investimento. Al lavoro sul bando-tipo per le gare”. Investimenti a 28 miliardi al 2029, 5,6 quest’anno

17 Giu 2025 di Mauro Giansante

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Acqua, Besseghini: “Presto i criteri al Mase per i piani straordinari d’investimento. Al lavoro sul bando-tipo per le gare”. Investimenti a 28 miliardi al 2029, 5,6 quest’anno

L’ultima relazione annuale di Arera a guida Stefano Besseghini va in archivio in una fase storica a dir poco complessa a livello internazionale, tra guerre interstatali e commerciali, nuove rivoluzioni correnti, crisi economiche ed energetico-ambientali. Proprio in merito a queste ultime, il presidente dell’Autorità ha affrontato il quadro del settore idrico che “per primo ci porta una esperienza diretta del cambiamento climatico, nel continuo alternarsi di allarmi per i due fenomeni estremi della siccità e delle più frequenti alluvioni, la penetrazione del cuneo salino, la minore disponibilità delle acque grezze, la crescente pressione sulle reti fognarie per la gestione delle acque reflue”. Secondo i numeri del rapporto, la spesa per gli investimenti nelle infrastrutture per l’acqua salirà fino a 28 miliardi fino al 2029. Nel dettaglio, passando da 4,6 miliardi di euro nel 2024 a 5,6 miliardi di euro nel 2025, per poi registrare una flessione attestandosi a 5 miliardi di euro nel 2026, a 4,5 miliardi di euro nel 2027, a 4,3 miliardi di euro nel 2028 e a 3,9 miliardi di euro nel 2029. Fino ad oggi, invece, Arera registra numeri positivi sugli investimenti programmati già realizzati: 96% nel 2022 e 94% nel 2023, con un deficit al Sud (73% di realizzazione). “Le risorse pubbliche straordinarie hanno consentito, nel quinquennio 2021-2026, l’avvio di numerosi progetti infrastrutturali anche in contesti territoriali fragili, riducendo temporaneamente la pressione sulle gestioni”, ha detto Besseghini.

In termini di tipologia di investimenti, l’analisi per il periodo 2024-2029 conferma  il peso maggiore degli investimenti destinati alla riduzione delle perdite idriche nella pianificazione, seguiti dagli investimenti per la riduzione delle interruzioni (in costante crescita al 15,69%), da quelli per il miglioramento della qualità dell’acqua depurata al 13,86%, e da quelli per l’adeguamento del sistema fognario al 12,79%. In generale, dice Arera, il quadro nazionale resta orientato prevalentemente sugli investimenti pianificati nelle infrastrutture acquedottistiche (52%, senza considerare i due prerequisiti legati esclusivamente a profili della filiera acquedottistica, che hanno un peso marginale) rispetto a quelli previsti nelle reti fognarie e negli impianti di depurazione (nel complesso il 34,87%), con una forbice minima nel NordOvest (dove il fabbisogno nelle fasi di fognatura e depurazione quasi si equivale a quello di acquedotto), è più ampia nel Centro Italia a favore delle infrastrutture di acquedotto, attestandosi per queste ultime al di sopra della media nazionale (63,77%).

Concessioni: al Mase presto i criteri sui piani straordinari. In arrivo il bando-tipo

Sul tema dell’acqua, poi, Besseghini si è soffermato sul rinnovo delle concessioni idroelettriche su cui il governo da tempo spera nella beneficienza europea per evitare le gare e quindi l’apertura a soggetti internazionali. “La legge di Bilancio 2025 ha previsto che, con decreto del Mase di concerto con Mef, su proposta dell’Autorità, siano definiti termini e modalità per la presentazione da parte dei concessionari del servizio di distribuzione dell’energia elettrica di piani straordinari di investimento pluriennale, dettagliando specifici obblighi minimi che gli investimenti devono perseguire e criteri per la determinazione degli ‘oneri che i concessionari del servizio di distribuzione dell’energia elettrica sono tenuti a versare in ragione della rimodulazione’ della durata delle concessioni”.

Da qui, ha sottolineato, “è ancora aperto un documento di consultazione e l’Autorità provvederà rapidamente alla trasmissione dei criteri al Mase ma giova richiamare qui alcuni aspetti di assoluto rilievo. I piani straordinari di investimento pluriennale dovranno possedere logiche di complementarità e di non sovrapposizione con la disciplina dei piani di sviluppo ordinari che, come detto in premessa, hanno già internalizzato elementi quali la resilienza”. Suddetta complementarietà, poi, “si dovrà estendere alla validità dei criteri di regolazione fissati dall’Autorità. Nessun affidamento può derivare dall’approvazione del piano straordinario di investimento pluriennale in quanto, anche sugli investimenti di tale piano, l’Autorità continuerà a definire ordinarie modalità di valutazione e riconoscimento tariffario”.

Sempre sulle concessioni è in arrivo il bando-tipo. Nel settore idrico “l’aspetto particolarmente delicato riguarda le scadenze imminenti di alcuni affidamenti storici”, ha detto Besseghini. “I primi affidamenti al gestore unico – ha ricordato – risalgono agli anni Novanta e molti altri successivi non hanno previsto la durata massima di trent’anni. L’avvicendamento tempestivo ed efficace tra gestori diventa quindi un fattore cruciale per permettere ai territori interessati di mantenere la capacità di realizzazione di programmi di investimento di lungo periodo”. Adesso, “siamo nella fase finale del procedimento per la definizione del bando-tipo per le gare nel settore idrico – ha spiegato – che potrà essere un ulteriore strumento utile per gli enti affidanti per rispettare le tempistiche necessarie”. L’obiettivo finale – ha evidenziato il presidente dell’Autorità – “è quello di sviluppare caratteristiche organizzative necessarie per realizzare programmi di investimento ambiziosi e di lungo termine, superando definitivamente la fase di prima implementazione della riforma per affrontare le sfide future e garantire a tutti i cittadini italiani un servizio idrico efficiente e sostenibile”.

Per Besseghini, poi, “l’aspetto forse più delicato è che secondo la norma, i concessionari del servizio di distribuzione sono tenuti a versare al governo degli oneri in ragione della rimodulazione della durata della concessione. Questo rappresenta una sostanziale novità rispetto alla natura a titolo gratuito delle concessioni vigenti. La norma prevede inoltre che l’onere di rimodulazione venga trasferito in bolletta e che sia soggetto alla remunerazione propria degli investimenti infrastrutturali con ulteriore aggravio per i consumatori. L’Autorità – ha evidenziato – ritiene che questa previsione si ponga in contrasto con i principi generali di tariffazione basata sui costi efficienti del servizio e che, a tutela degli interessi di utenti e consumatori, risulti dunque opportuno minimizzare, se non annullare, l’impatto dell’onere di rimodulazione in bolletta”. Ecco perché “è opportuno minimizzare, se non annullare, l’impatto in bolletta dell’onere di rimodulazione legato al rinnovo delle concessioni di distribuzione dell’energia elettrica”, ha detto il presidente dell’Arera.

Sui rifiuti calano gli operatori ma pesa la frammentazione

Sui rifiuti, invece, la situazione disegnata da Arera vede da un lato un leggero calo del numero degli operatori: 8.386, 35 in meno dello scorso anno. Una situazione che però è “a conferma di un processo di organizzazione territoriale del servizio ancora incompleto”, poiché, dice la relazione, “i soggetti iscritti come Enti territorialmente competenti permangono in numero elevato (pari a 3.221), seppur in progressiva riduzione”.

Guardando, invece, i numeri su produzione e raccolta differenziata “nel 2023 la produzione nazionale dei rifiuti urbani è stata pari a circa 29,3 milioni di tonnellate, in lieve aumento dello 0,7% rispetto al dato 2022. Si conferma il trend di crescita della raccolta differenziata, che aumenta più di un punto percentuale rispetto al 2022, passando dal 65,2% al 66,6% (in termini quantitativi quasi 19,5 milioni di tonnellate di rifiuti differenziati). A livello territoriale, le regioni del Nord-Est e del Nord-Ovest mantengono alti livelli di raccolta differenziata, confermando anche per il 2023 il superamento dell’obiettivo del 65% previsto per il 2012 dal decreto legislativo n. 152/06, con risultati pari rispettivamente al 76,7% e al 70,6% della 10 produzione totale dei rifiuti urbani prodotti, mentre il Centro si attesta al 62,3% e il Sud e le Isole al 58,2%”.

Gava: digitale clou anche per l’acqua. Ferrante: Pniissi in Unificata

Ieri, intervenendo al Consiglio Ue di Lussemburgo, la viceministra Vannia Gava ha spiegato che sull’economia circolare e il riciclo “serve un quadro normativo comune chiaro, riconoscimento reciproco tra autorità nazionali, procedure più snelle, infrastrutture potenziate e incentivi per l’uso di materie prime e seconde”. Inoltre, “misure come gli appalti verdi, obblighi di contenuto riciclato e strumenti economici come un mercato di crediti possono favorire la circolarità”, ha affermato Gava, insistendo anche sulla necessità di “armonizzare gli schemi di responsabilità estesa del produttore”. Mentre sull’acqua ha detto che “le misure dovrebbero includere incentivi per l’uso di misure di riduzione e ritenzione naturale delle acque, per il monitoraggio continuo delle risorse idriche e per il riutilizzo delle acque reflue affinate”. E per affrontare la scarsità servono “tecnologie innovative come ad esempio quella della desalinizzazione per combattere anche periodi di prolungata siccità. Mi preme sottolineare che per raggiungere gli obiettivi di resilienza idrica sfruttando appieno il potenziale offerto dalla transizione digitale sarà importante sviluppare oltre a criteri di efficienza idrica anche altri criteri ambientali per la gestione sostenibile dei data center quali ad esempio l’uso del suolo per affrontare le sfide legate alla sostenibilità nel loro complesso”, ha aggiunto.

Il Pniissi (Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico) “è attualmente all’esame della Conferenza Unificata per l’acquisizione dei pareri di legge sullo schema di decreto ministeriale per l’adozione del primo stralcio attuativo, che prevede la programmazione di 75 interventi per un importo complessivo pari a 950 milioni”, ha ricordato invece il sottosegretario al Mit, Tullio Ferrante, rispondendo a un’interrogazione M5s nel corso del question time in commissione Ambiente alla Camera. “Il finanziamento di ulteriori interventi – ha proseguito – verrà progressivamente attuato in nuovi stralci in base alle risorse disponibili”.

“Per la Regione siciliana – ha aggiunto –, rientrano nel Piano 49 interventi distinti per classi di merito, e gli interventi proposti nel primo stralcio, per un intervento complessivo pari a 92 milioni” riguardano, tra le altre cose, “la ristrutturazione della rete irrigua dipendente dal complesso irriguo di Taino-Ogliastro e la sostituzione della condotta metallica sul fiume Simeto”.

Rinnovabili, nucleare, Ia: cosa dice Arera

Tornando alla relazione Arera, nel capitolo prettamente energetico si legge che nel 2024 in Italia i consumi di energia elettrica sono aumentati del 2,3% e la ripresa ha interessato quasi tutti i settori eccetto l’industria (-0,5%). La domanda italiana è stata soddisfatta per l’83,7% dalla produzione nazionale netta (escludendo l’energia destinata ai pompaggi) e per il restante 16,3% dal saldo con l’estero. La produzione nazionale lorda – si legge ancora nella relazione – è cresciuta del 3,2% e si attesta a 273,3 TWh con le rinnovabili ancora in aumento (+14,9%), spinta principalmente dell’aumento nella produzione idroelettrica (+30,2%) che con 52,8 TWh è tornata ad avvicinarsi ai massimi degli ultimi dieci anni, che compensano il calo del termoelettrico (-6%). Inoltre, per il terzo anno di seguito sono stati registrati oltre 351 eventi meteo estremi che hanno causato danni (lo stesso livello del 2023) rispetto, ad esempio, ai 60 del 2015. Tra gli eventi catastrofici del 2024 spiccano le due nuove alluvioni in Emilia-Romagna in settembre e ottobre.

Sul fronte gas, “dobbiamo guardare con attenzione e, per quanto possibile, già predisporci ad avere delle strutture che ci permettano di compensare eventuali difficolta’ che potessero manifestarsi nelle fornitura da quell’area che pure rappresenta una parte importante”, ha avvertito Besseghini. I numeri dei flussi, intanto, dicono che per il terzo anno consecutivo le importazioni sono scese a 59,4 mld metri cubi dai 61,8 mld metri cubi del 2023 (-3,3%) riportandole vicine al minimo storico degli ultimi 15 anni registrato nel 2014 a 55,8 mld metri cubi. Il calo più rilevante, pari a 3,6 mld metri cubi, si è avuto nei volumi di gas nordafricani: -2,2 mld metri cubi dall’Algeria (che rimane il primo fornitore con 23,3 mld metri cubi), così come i volumi dalla Libia si sono quasi dimezzati, passando da 2,5 a 1,4 mld metri cubi. In calo anche l’import di gnl che si è fermato a 14,7 mld metri cubi, contro i 16,5 mld metri cubi acquistati nel 2023, in riduzione dell’11%. I principali Paesi di provenienza si confermano Qatar, Algeria e Usa da cui arriva il 95% del Gnl. Dopo due anni di intenso calo, la discesa dei consumi di gas naturale nel 2024 si è fermata evidenziando una lieve ripresa di 0,3 miliardi di metri cubi, riportando la domanda a 61,8 mld metri cubi dai 61,5 del 2023. Al contrario, la produzione nazionale ha registrato un calo del 4,1% attestandosi poco sotto 2.600 milioni di metri cubi dai 2.705 dell’anno precedente. Scendono anche le importazioni nette, che passano da 59,2 a 58,8 miliardi di metri cubi (-0,7% rispetto al 2023) a causa della discesa delle importazioni lorde diminuite di 2,4 mld metri cubi (-3,9% rispetto al 2023) solo parzialmente attutita dal quasi azzeramento delle esportazioni (-2 mld metri cubi). Il livello di dipendenza dall’estero è diminuito: nel 2024 il 95,2% del gas disponibile in Italia è arrivato dall’estero (era il 96,3% nel 2023). Per Besseghini, “ancora oggi il nostro mix dipende significativamente da materia prima di importazione costosa e spesso esposta a imprevedibili sollecitazioni esogene che ne minano la sicurezza di fornitura. La forza di un paese manifatturiero quale l’Italia dipende da vari fattori tra cui sicuramente la sua capacità di garantire la sicurezza e sostenibilità economica delle forniture energetiche”.

Da qui, il tema del nucleare. Per il presidente dell’Autorità, “bene ha fatto il Governo a riportare nel dibattito il tema” e “non perché sia possibile nel breve una rilevante e significativa penetrazione nel mix, ma perché anche lì soffia il vento dell’innovazione e un Paese industrializzato, rilevante, con la competenza tecnico scientifica dell’Italia, non può non avere un contesto normativo in grado di agevolare lo sviluppo delle soluzioni innovative in ogni settore sia che provengano da nuovi breakthrough tecnologici o dalla evoluzione di tecnologie note”. Per Besseghini, “qualunque prospettiva di sviluppo del nuovo nucleare si misura sulla scala di anni, per cui i temi dell’approvvigionamento e del costo dell’energia nei prossimi anni rimangono aperti, fermo restando l’impegno alla decarbonizzazione del nostro sistema energetico. L’impegno attivo nello sviluppo di soluzioni di medio e lungo termine – ha sottolineato – non può giustificare un allentamento dell’impegno immediato alla transizione verso assetti di produzione e di consumo sostenibili”.

Guardando alle rivoluzioni in corso cui si accennava in partenza, invece, “l’unica cifra che mi pare accomuni tutti noi, in questa fase storica, è quella dell’incertezza”, ha detto Besseghini introducendo la relazione. “Ma la regolazione deve farsi carico di una coerenza intertemporale tra le inevitabili eredità del passato e le sollecitazioni che vengono dalla innovazione. Se questa coerenza intertemporale beneficiava sino a qualche anno fa della relativamente lenta evoluzione dei settori, oggi è proprio la velocità della evoluzione che pone una ulteriore sfida alla nostra azione”. Su intelligenza artificiale e cambiamento climatico, “una significativa sollecitazione alla regolazione è certamente l’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale” ma “E’ però necessario che la sua introduzione sia accompagnata da una attenta riflessione sulle implicazioni, perchéla regolazione non può evolvere per prove ed errori (che pure saranno inevitabili)”. Sul cambiamento climatico, invece, “non abbiamo potuto avviarci nel percorso di transizione energetica verso assetti ambientalmente sostenibili trainati da una tecnologia che avesse le risposte disponibili, ma siamo stati spinti oltre che dal riconoscimento dei costi non solo economici del non fare anche da una chiara volontà politica che spesso ha cercato di proporre la soluzione tecnologica”.

Quale futuro per la regolazione? L’auspicio di Besseghini è “quello di guardare alla evoluzione del contesto energetico passando dal principio di piacere, stimolato dalla modernità, ad un concreto principio di realtà, riconoscendo che un’evoluzione così complessa ed articolata debba necessariamente e positivamente confrontarsi con il contesto esterno ma anche, e forse soprattutto, con la capacità di non limitare o comprimere i benefici che la modernità stessa ha portato alle persone”.

 

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