La corsa per l’AI fra le big company dell’hi tech si arricchisce di una nuova partnership: Amd (Advanced micro devices), multinazionale americana con sede a Santa Clara nella Silicon Valley si è accordata con OpenAI per la fornitura di chips di ultima generazione. Come riporta La Stampa, il contratto di fornitura garantirà ad Amd miliardi di dollari di fatturato all’anno e darà invece ai creatori di ChatGPT anche la possibilità di entrare nel capitale di Amd arrivando sino al 10% delle azioni. Queste verranno acquistate al prezzo di 1 centesimo di dollaro al raggiungimento di alcuni obiettivi. L’accordo per l’approvvigionamento si spalma su diversi anni a partire dalle metà del 2026 quando verrà spedita la prima tranche dei processori MI450. Il primo step dell’intesa prevede la realizzazione di una struttura da 1 gigawatt.
Lagarde: “L’euro diventi valuta globale. Ue, più voti a maggioranza”
- Acciaio, Sejourné: a metà 2026 raddoppio dazi e metà import
- Manovra, Istat: dai dazi un impatto sul Pil di -0,1 punti percentuali
- Energia: Enea su efficienza, nel 2024 l’Italia risparmia 4,5 Mtep
IN SINTESI
Sferzata strategica economica ma anche politica, quella lanciata ieri dalla presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde. Che intervenendo a un evento di Business France a Parigi ha dichiarato con forza che “il ruolo internazionale dell’euro non può più rimanere una questione secondaria. È fondamentale per la capacità dell’Europa di trasformare l’euro da una valuta rifugio a una valuta veramente globale e di trasformare le nostre debolezze in vantaggi duraturi”. Lagarde ha ricordato che, all’inizio di quest’anno, in seguito agli annunci di dazi dell’amministrazione statunitense, i capitali sono confluiti in attività denominate in euro, considerate beni rifugio, e l’euro si è apprezzato notevolmente. Alcune caratteristiche dell’essere una valuta di riserva globale forniscono già protezione. I mercati valutari sono profondi – il turnover in Usd/Eur è circa 20 volte superiore a quello in Eur/Chf o Eur/Jpy – il che contribuisce a contenere le pressioni di apprezzamento sull’euro durante gli episodi di afflussi accelerati.
Tuttavia, ha spiegato Lagarde, “non disponiamo ancora della profondità del mercato dei capitali necessaria per beneficiare appieno di tali afflussi”, ha sottolineato, evidenziando che il mercato obbligazionario sovrano con rating AAA e AA combinato nell’area euro ammonta a soli 6.600 miliardi di euro, appena un quinto delle dimensioni del mercato dei Treasury statunitensi. I mercati azionari sono meno della metà di quelli degli Stati Uniti e allocano il capitale in modo meno efficiente: dal 2009, hanno generato rendimenti cinque volte inferiori. Il sistema finanziario fatica persino a canalizzare i risparmi in investimenti produttivi: oltre 11.500 miliardi di euro di risparmi delle famiglie sono ancora detenuti come depositi, equivalenti a un terzo delle attività liquide totali. “In questo contesto, invece di stimolare la crescita, gli afflussi verso i beni rifugio rischiano soprattutto di far salire l’euro e di lasciare gli esportatori con costi più elevati – ha detto la numero uno della Bce – Non possiamo rimanere un rifugio passivo, assorbendo gli shock creati altrove. Dobbiamo essere una valuta che plasma il proprio destino”.
Secondo Lagarde, “il compito fondamentale qui è rimuovere gli ostacoli che ci impediscono di avere mercati dei prodotti e dei capitali realmente integrati, in grado di competere con quelli degli Stati Uniti. Se non completiamo il Mercato Unico e non costruiamo una vera unione del risparmio e degli investimenti, l’Europa non sarà in grado di assorbire né canalizzare in modo efficiente gli afflussi di capitali”. In secondo luogo, “dobbiamo creare le condizioni affinché i paesi extraeuropei utilizzino maggiormente l’euro nelle transazioni, in modo da poter beneficiare di una maggiore fatturazione in euro” e infine “dobbiamo preservare la nostra integrità istituzionale. Se vogliamo che gli investitori investano i loro capitali in Europa, o che i nostri partner utilizzino l’euro per gli scambi commerciali, devono avere piena fiducia nelle nostre istituzioni. In questo senso, l’Europa ha un vantaggio importante: i nostri controlli e contrappesi democratici e l’indipendenza della nostra banca centrale”.
Di qui, il monito politico. “Le istituzioni europee devono dimostrare che possono agire per rimanere credibili e questa è la nostra sfida più grande. Devono essere capaci di prendere decisioni per approfondire il mercato unico, completare il mercato dei capitali e rafforzare il nostro ruolo geopolitico”. Quindi, “anche rafforzare le nostre capacità di difesa e creare partenariati strategici sostenibili. Se non ci riusciranno, non saranno all’altezza delle aspettative dei cittadini e la nostra credibilità ne sarà inevitabilmente compromessa”. Per questo motivo, ha auspicato Lagarde, l’Europa “non dovrebbe esitare a adottare nuovi metodi per prendere decisioni insieme, tra cui l’estensione del voto a maggioranza qualificata ove necessario”. Insomma, la credibilità istituzionale europea è al centro: “è cruciale per poter attrarre capitali e per estendere l’uso dell’euro nel commercio internazionale”. D’altronde, “la Ue è già il principale partner commerciale di 72 Paesi che rappresentano circa il 40% del Pil globale e due quindi del commercio globale avviene in euro, ma possiamo fare di più, possiamo stipulare nuovi accordi commerciali”.
Anche perché “gli accordi già raggiunti e quelli in fase di negoziazione ci danno l’idea del nostro potenziale, dato che le ricerche indicano che nuovi accordi potrebbero incrementare le esportazioni della Ue verso i suoi partner del 40% entro il 2032”.
“A meno che non completiamo il mercato unico e costruiamo una vera unione dei risparmi e degli investimenti – ha messo in guardia Lagarde – l’Europa non sarà in grado né di assorbire né di incanalare efficientemente i flussi di capitali”.
Acciaio, Sejourné: a metà 2026 raddoppio dazi e metà import
Il responsabile delle politiche industriali della Commissione europea Stefane Sejourné ha confermato che la proposta per la nuova salvaguardia del settore acciaio Ue da metà 2026 prevede la riduzione della metà della quota di acciaio importato dall’estero e il raddoppio dei dazi dal 25% al 50%. Obiettivo, “reindustrializzare l’Europa”. “Per essere chiari, non amiamo i dazi e non crediamo a una politica industriale guidata dai dazi. Ma se ci sono sovracapacità che ci mettono in difficoltà siamo obbligati a usarli nel rispetto delle regole Wto”, ha aggiunto nella conferenza stampa di presentazione delle misure di salvaguardia per l’acciaio.
“Informeremo i nostri partner americani” delle contromisure proposte oggi “e spero che questo ci aiuterà ad affrontare la questione dei derivati per l’acciaio”, ha detto il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic riferendosi ai dazi Usa al 50% sui derivati dell’acciaio. Sefcovic ha evidenziato come ad oggi la sovraccapacità globale rappresenti cinque volte in consumo di acciaio dell’Europa, Regno Unito compreso. Il commissario ha poi sottolineato la natura “europea” della proposta avanzata ieri: “Abbiamo deciso nel nostro modo europeo, ovvero teniamo il nostro mercato aperto, offriamo delle quote ai nostri partner e solo quando le esportazioni (nell’Ue) eccedono le quote avremo il dazio al 50%”.
Manovra, Istat: dai dazi un impatto sul Pil di -0,1 punti percentuali
Il rallentamento della domanda mondiale, con l’applicazione dei dazi Usa, secondo le stime Istat portera’ una contrazione di un decimo di punto di Pil nel 2025 e una minore crescita pari a 4 decimi nel 2026. Lo rileva Istat nell’audizione sul Dpfp dove ha presentato alcune simulazioni sui fattori di rischio per lo scenario macro-economico. Le stime divergono da quelle del Documento per un decimo di punto il prossimo anno: un rallentamento del commercio mondiale pesato per l’Italia pari a 0,5 punti percentuali nel 2025 e 1 punto nel 2026, a causa dei dazi, produrrebbe effetti sulla crescita del Pil di -0,1 punti percentuali nel 2025 e -0,3 nel 2026. Istat avverte che rispetto alla simulazione presente nel Dpfp, la differenza e’ giustificabile alla luce del piu’ ampio aggregato di riferimento del modello Istat che determina maggiori effetti indiretti.
Ponte Messina: Cgil scrive a Séjourné, necessaria verifica su rispetto direttiva appalti pubblici
“Ribadiamo che il Governo dovrebbe ritirare il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina dopo i sostanziali rilievi della Corte dei Conti sugli iter di approvazione perseguiti con la massima fretta per l’avvio dei cantieri. Per questo abbiamo scritto al Vicepresidente della Commissione europea, Stéphane Séjourné, chiedendogli un incontro e, poiché è stato riattivato un appalto di oltre vent’anni fa che ha subito un incremento di prezzo di oltre il 300%, la verifica del pieno rispetto della Direttiva sugli appalti pubblici”. Così il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo.
Il dirigente sindacale precisa che “questa verifica preventiva era stata già suggerita al governo dall’Anac qualche mese fa. Riteniamo davvero irresponsabile, in particolare in questa fase di difficoltà industriale e sociale, che l’esecutivo scelga di esporre il Paese al concreto rischio di sprecare ingenti risorse e di ricadere in infrazioni ed irregolarità che possono portare a penali e a danni rilevanti negli anni futuri”.
“È inoltre irresponsabile – aggiunge Gesmundo – bloccare 13,5 miliardi di euro in questo progetto mentre servono urgentemente risorse per le infrastrutture necessarie al Mezzogiorno, per completare i progetti in corso e far lavorare con continuità le imprese del settore delle costruzioni”.
Il segretario confederale della Cgil sottolinea che “basta leggere il recente rapporto sulle opere strategiche infrastrutturali della Camera dei Deputati (Silos) per vedere che per quelle di Calabria e Sicilia programmate e in corso di realizzazione ad oggi mancano risorse per un ammontare di 18 miliardi, di cui oltre 8 per le opere ferroviarie e 10 per strade e autostrade. Allo stesso tempo – conclude – occorre un forte impegno politico e tecnico per realizzare le tante opere in corso, molte delle quali registrano rallentamenti preoccupanti, mentre le imprese denunciano difficoltà a reperire manodopera specializzata”.
Di seguito la tabella con costi, fabbisogni e spesa effettuata per alcune delle opere di cui sopra.

Elettricità Futura, Armani: “Agire su sicurezza approvvigionamenti”
“Nell’attuale quadro geopolitico è fondamentale agire sui temi della sicurezza degli approvvigionamenti, dello sviluppo delle fonti rinnovabili, del miglioramento della competitività industriale e dell’equità sociale della transizione. La risposta più immediata e vantaggiosa per l’Italia, oggi, è aumentare la quantità di rinnovabili nel nostro mix di generazione, riducendo la necessità di importare gas. La transizione energetica non è più soltanto un tema ambientale. Puntare sulle rinnovabili, la tecnologia più economica, significa allo stesso tempo fare un passo verso gli obiettivi di decarbonizzazione, ridurre il prezzo dell’energia e aumentare l’indipendenza e di conseguenza la sicurezza energetica del Paese”.
“Elettricità Futura rappresenta il principale settore per investimenti in Italia – 85 miliardi di euro nel periodo 2023-2027, circa il triplo della media degli altri settori – e sostiene 675mila posti di lavoro. Abbiamo lanciato una campagna per sottolineare la necessità di spingere sulla semplificazione dell’iter autorizzativo per nuovi impianti rinnovabili e sulla contrattualizzazione a medio-lungo termine delle forniture di energia rinnovabile, che consentono di trasferire i benefici delle rinnovabili sulle bollette di famiglie e imprese. Stiamo inoltre lavorando, all’interno di Confindustria, alla definizione di un set di proposte congiunte sul contenimento dei costi dell’energia valorizzando la produzione rinnovabile a beneficio del settore industriale”.
Energia: Enea su efficienza, nel 2024 l’Italia risparmia 4,5 Mtep
Nel 2024 in Italia il risparmio energetico conseguito attraverso le misure di efficienza – ai sensi dell’art. 8 della Direttiva EED-III – è stato pari a 4,5 Mtep/anno, un quantitativo equivalente all’energia necessaria ad alimentare oltre 4 milioni di abitazioni. Il dato corrisponde al 90% dell’obiettivo intermedio fissato dal PNIEC a 5,04 Mtep per le misure monitorate. È quanto emerge dal 14 Rapporto annuale ENEA sull’efficienza energetica, presentato oggi nel corso di un convegno tenutosi a Roma alla presenza del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin.
A questo risultato ha contribuito il ricorso ai meccanismi di detrazione fiscale, che hanno generato risparmi energetici pari a circa 2,48 Mtep (considerando gli interventi avviati dal 2021 al 2024), nonostante una riduzione dei risparmi derivanti dai progetti incentivati nel solo anno di riferimento (da 0,841 Mtep nel 2022 a 0,438 Mtep nel 2024). I risparmi energetici generati attraverso i Certificati Bianchi hanno segnato una flessione su base annua, producendo un taglio dei consumi pari a 0,121 Mtep (-42% rispetto al 2023), ma continuano ad essere superiori alle stime intermedie fissate dal PNIEC, con il dato cumulato 2021-2024 che sale a 0,716 Mtep. Aumentano i risparmi incentivati grazie al Conto Termico (0,100 Mtep nel solo 2024 per un totale 0,345 Mtep di nuovi risparmi cumulati dall’inizio del monitoraggio) e tramite le misure di mobilità sostenibile (0,430 Mtep, +7% rispetto al 2023), mentre restano allineati al 2023 i risparmi derivanti dai progetti finanziati tramite i Fondi di coesione.
“L’efficienza energetica non è soltanto un obiettivo condiviso, ma una condizione necessaria per la crescita economica e la competitività del nostro Paese. Le sfide che ci attendono sono complesse e per affrontarle è fondamentale rafforzare la collaborazione tra istituzioni, stakeholder e cittadini, semplificare le procedure, superare le barriere organizzative e implementare riforme strutturali, politiche monetarie e fiscali efficaci. Solo così potremo ottenere risultati concreti per cittadini, imprese e territori, valorizzando appieno gli effetti benefici”, commenta il Ministro, Pichetto Fratin. “In questo percorso, ENEA è e continuerà a essere il riferimento tecnico-scientifico del Ministero: un punto di forza nella ricerca, nell’innovazione e nell’attuazione delle direttive europee nel settore dell’efficienza energetica”.
“In un contesto di sfide sistemiche senza precedenti, il Rapporto segnala progressi incoraggianti sul fronte dell’efficienza energetica, con miglioramenti rilevanti nel settore residenziale e nelle imprese. Un risultato che conferma come l’efficienza – se perseguita con approccio pragmatico – sia motore di un cambiamento capace di coniugare competitività, sostenibilità e innovazione” commenta la Presidente dell’ENEA, Francesca Mariotti. “La consapevolezza sta crescendo in ogni ambito, ma occorre trasformarla in azioni concrete, a partire dalla formazione e dalla sensibilizzazione, che restano strumenti decisivi per affrontare una transizione energetica che richiede la partecipazione di tutti”.
Il Rapporto indica come le modifiche dell’impianto normativo del SuperEcobonus, che condurranno all’eliminazione della misura a fine 2025, hanno notevolmente ridotto l’apporto dei risparmi connessi (0,127 Mtep da progetti relativi all’anno 2024). Restano però consistenti i benefici prodotti negli anni di piena operatività della misura, che portano il dato del nuovo risparmio cumulato al 2024 a 1,36 Mtep. Cresce invece l’apporto del Bonus Casa (0,150 Mtep, +112%) e dell’Ecobonus (0,161 Mtep, +10%): i nuovi risparmi cumulati 2021-2024 ammontano rispettivamente a 0,372 Mtep a e 0,719 Mtep.
Sul fronte dell’efficienza energetica negli usi finali, il 5 dicembre 2024 ha rappresentato la seconda scadenza del terzo ciclo di audit energetici obbligatori per le grandi imprese e per quelle energivore. Sulla base dei dati raccolti da ENEA tramite il Portale Audit102, sono pervenute 853 diagnosi da 569 soggetti obbligati, di cui il 93,5% è costituito da grandi imprese, il 5,6% da PMI energivore e lo 0,9% da grandi imprese energivore. Rispetto alle 747 diagnosi energetiche presentate dalle imprese a dicembre 2020, analoga scadenza del secondo ciclo di obbligo, quelle caricate nel 2024 sono aumentate di circa il 14%. Gli interventi di efficientamento energetico realizzati hanno generato un risparmio di 76,9 ktep/anno di energia primaria. Il risparmio medio per intervento è pari a 0,10 ktep, in aumento rispetto al 2023, probabilmente grazie a un diverso mix di interventi e alla maggiore presenza di imprese energivore tra i soggetti obbligati.
“I dati del Rapporto confermano ancora una volta la centralità dell’efficienza energetica, sia come leva per aumentare la competitività del tessuto produttivo che come strumento per favorire lo sviluppo di tecnologie in grado di migliorare la vita dei cittadini”, sottolinea la Direttrice del Dipartimento Unità per l’Efficienza Energetica dell’ENEA, Ilaria Bertini. “A livello nazionale, l’avvicinarsi delle scadenze per il recepimento delle direttive europee ha accelerato i processi istituzionali di trasposizione normativa ed è stato inoltre definito il Piano Sociale per il Clima italiano. In entrambi i casi, ENEA ha svolto un ruolo di primo piano nei tavoli tecnici promossi dal MASE, a conferma della propria funzione strategica nella transizione energetica del Paese”.
Legambiente: alert siccità, alluvioni e acque inquinate
L’Italia, uno degli hotspot climatici più sensibili nel bacino del Mediteranno, paga lo scotto di una crisi climatica sempre più acuta e di una gestione dell’acqua poco efficace e a compartimenti stagni, priva di una visione d’insieme. Siccità, alluvioni, ma anche acque inquinate sono i tre i principali alert che la Penisola si trova a fronteggiare troppo spesso in emergenza. A fare un punto, con dati e 10 proposte, è Legambiente che, alla VII edizione del Forum nazionale Acqua dal titolo “La resilienza idrica in Italia” organizzato oggi a Roma in collaborazione con Utilitalia, scatta una fotografia preoccupante: dal 2017 al 22 settembre 2025 nella Penisola sono 142 gli eventi con danni legati a una siccità prolungata (ad esempio perdita della produttività agricola, interruzioni della distribuzione dell’acqua potabile, riduzione dei capi allevati) registrati dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente. Nel 18% dei casi hanno comportato anche un provvedimento di restrizione dell’uso di acqua per vari scopi, dal civile all’agricolo, dallo zootecnico all’industriale. Un fenomeno, quello della siccità, sempre più ampio e diffuso e che, denuncia Legambiente, si è intensificato negli ultimi 4 anni: dei 142 eventi mappati, ben il 75% si è verificato tra il 2020 e il 2024 con danni rilevanti in diversi comparti produttivi e perdite economiche. In particolare, dalla primavera 2022 ai primi mesi del 2023, ammonta ad oltre 6 miliardi di euro la stima delle perdite economiche relative alla siccità nel settore agricolo (fonte Water economy in Italy, 2023).
Alla poca acqua si contrappone la troppa acqua, che porta con sé alluvioni e frane. Secondo i dati della Protezione Civile sulle ordinanze emesse dal 2013 al 2022 per gli eventi legati al rischio idrogeologico e idraulico, sono stati ben 179 gli stati di emergenza aperti per una ricognizione del danno che supera i 15 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti i danni da decine di miliardi stimati degli eventi alluvionali dell’Emilia-Romagna, Toscana e Marche del 2023. Sul fronte della qualità delle acque, sebbene il 75,1% delle acque superficiali e il 70% delle acque sotterranee raggiungano un buono stato chimico (per il sessennio di classificazione 2016-2021), persistono zone di inquinamento critiche e si prevede che per il 2027 il 30% dei corpi idrici superficiali e il 27% circa dei corpi idrici sotterranei non sarà in buono stato chimico. A pesare l’inquinamento chimico, come quello causato da nutrienti da agricoltura o dalle acque reflue urbane, le alterazioni idromorfologiche, l’estrazione di acqua, ma anche la presenza di specie aliene invasive che alterano le condizioni ecologiche e fisico-chimiche dei corpi idrici.
Di fronte a questo quadro, Legambiente indirizza al Governo Meloni 10 proposte, relative a governance, qualità ed efficienza idrica, investimenti e infrastrutture, chiedendo subito azioni concrete a partire da una Strategia Nazionale della risorsa idrica come chiesto dall’Europa con la Strategia Europea adottata lo scorso 3 giugno per affrontare in modo coordinato le crescenti crisi legate alla gestione delle risorse idriche. L’Italia ha bisogno di strategia nazionale che superi la logica dei compartimenti stagni attraverso una gestione integrata e una visione d’insieme capace di mettere a sistema quanto fatto fino ad oggi, dialogando anche con stakeholder, operatori del settore, esperti ed associazioni e tenendo conto delle buone pratiche già attuate, tra gli esempi il lago d’Orta, il depuratore di Fasano Forcatella e il progetto Spugna della Città Metropolitana di Milano.
Tra le proposte indirizzate al Governo, l’associazione ambientalista chiede di mettere al centro dell’agenda politica la resilienza idrica dando piena implementazione alla Direttiva Quadro Acque, Direttiva Alluvioni e a tutte le normative collegate alla gestione della risorsa e all’adattamento ai cambiamenti climatici, a partire dall’emanazione del Decreto Presidente della Repubblica (D.P.R.) che regolamenterà il riutilizzo per i molteplici usi irrigui, industriali civili e ambientali, armonizzando la normativa vigente e permettendo ai gestori un quadro normativo stabile e coerente. È fondamentale uscire dalla logica emergenziale con Piani anti alluvione e Piani per la gestione della siccità che vanno condivisi tra istituzioni e comunità locali, integrando buone pratiche, competenze scientifiche ed eccellenze tecnologiche; ridurre i consumi e migliorare l’efficienza idrica; promuovere una strategia di mitigazione delle immissioni di inquinanti, ad esempio a livello agricolo utilizzando l’agricoltura biologica e integrata di alto livello, oppure relativamente all’inquinamento da FPAS proseguendo i lavori verso il bando universale. Rafforzare controllo e monitoraggio sull’uso e sugli scarichi nei settori agricolo, industriale ed edilizio; rilanciare a livello nazionale e su scala locale la costruzione e l’adeguamento e/o messa in regola dei sistemi fognari e di depurazione migliorando l’intero sistema di gestione con piena attuazione della nuova Direttiva 2024/3019. Senza una strategia nazionale per la risorsa idrica e una pianificazione efficace, ribadisce Legambiente, il Paese continuerà a pagare caro gli effetti e i danni legati a siccità, alluvioni e inquinamento delle acque.
La siccità dell’estate 2025 costerà all’Italia una perdita complessiva di 6,8 miliardi di euro nel 2025, che salirà a 17,5 miliardi di euro nel 2029, secondo uno studio del 2025 condotto da esperti dell’Università di Mannheim e della Banca Centrale Europea. E che dire dei 210,5 milioni di euro già pagati in multe dall’Italia per inadempimenti rispetto alla Direttiva Acque Reflue e ai circa 300 milioni per le restanti penalità da corrispondere fino al 2030, come stima la Corte dei conti, che potevano essere investiti per adeguare gli impianti e prepararli alle più elevate performance richieste dalla nuova Direttiva 2024/3019. Sul fronte della prevenzione al dissesto idrogeologico, dal 1999 al 2024 sono stati 20,48 i miliardi di euro spesi per ben 25.903 interventi relativi alla mitigazione del dissesto idrogeologico (elaborazione Legambiente su dati Rendis, Ispra). Soldi destinati alla prevenzione e che hanno visto portare a termine ben il 35,7% dei lavori previsti, ossia 9.247 su 25.903 per un importo di spesa di circa 5,57 miliardi, ma che al momento sono risultati essere meno efficaci di quanto atteso, visto che – sempre secondo i dati di Ispra – il rischio idrogeologico nel nostro Paese è aumentato nel corso degli ultimi decenni.
C’è poi la questione delle risorse europee stanziate in questi anni e dei risultati che ancora faticano ad arrivare. A livello italiano, per la riduzione delle perdite di rete, gli investimenti in infrastrutture e sistemi digitali per l’efficienza irrigua, per rafforzare la sicurezza e l’affidabilità dell’approvvigionamento idrico e per l’ammodernamento degli impianti di trattamento delle acque reflue e dei sistemi fognari, il Piano di Ripresa e Resilienza dell’UE ha stanziato in tutto ben 5,3 miliardi di euro. Risorse che con cofinanziamenti pubblici e privati arrivano a circa 8 miliardi, ma che non hanno comunque garantito un’attuazione lineare, come si legge nell’ultimo Position Paper del laboratorio REF ricerche: soltanto il 2% dei progetti, infatti, risulta concluso e solo la metà (51) è ancora in fase di collaudo.
Dove si fa squadra e vi è una gestione compatta i risultati parlano dà soli, come dimostrano tre esempi di resilienza idrica citati da Legambiente: il lago d’Orta, oggetto di uno dei progetti di recupero più importanti a livello internazionale iniziato nel 1987, a seguito di una lunga contaminazione che lo ha reso uno dei bacini lacustri più acidi del mondo, e oggi è parte di un Contratto di Lago siglato dal oltre 130 soggetti pubblici e privati; il depuratore di Fasano-Forcatella (BR), una delle prime esperienze virtuose sul riuso dell’acqua in agricoltura: attivo dal 2007, l’impianto intercetta le acque del depuratore comunale e dopo averle affinate, le distribuisce a 50 aziende agricole, nei periodi di minor richiesta l’acqua, raccolta nel lago Forcatella, viene utilizzata per la ricarica indiretta della falda per mitigare l’intrusione di acqua marina; il progetto Spugna della Città Metropolitana di Milano che prevede 90 interventi Nature Based in 32 comuni per ridurre le inondazioni, conservare l’acqua nei periodi siccitosi e ridurre l’inquinamento idrico. Ad oggi annovera 48 cantieri chiusi, 14 aperti e 28 da aprire.
Incendi, Ispra: aumentano superfici in fum e impatti su foreste
Dal 1° gennaio al 15 settembre 2025, secondo l’ultimo aggiornamento disponibile prodotto da European Forest Fire Information System (EFFIS), a scala nazionale sono stati rilevati circa 1600 grandi incendi boschivi, per una superficie totale bruciata pari a quasi 890 km2. La stagione incendi 2025 compete con quella del 2023 per il peggiore risultato negli ultimi 4 anni, sia in termini di superficie complessiva bruciata, che per impatto sugli ecosistemi forestali.
Le stime prodotte da ISPRA evidenziano che le aree boschive percorse da incendio corrispondono a circa 115 km2 (il 13% del totale percorso da incendio). Questa superficie comprende in particolare 54 km2 di macchia mediterranea, boschi di leccio e sughera, 33 km2 di boschi di querce, 23 km2 di foreste di conifere e 5 km2 di superfici arboree non classificate.
Al 15 settembre 2025 risultano 16 regioni con superfici colpite da incendi. Quelle più colpite sono la Sicilia, la Calabria, la Puglia e la Campania, che insieme contribuiscono per l’85% alle aree totali bruciate a scala nazionale. In particolare, in Sicilia, a fronte di una superficie complessiva percorsa da incendio di 480 km2, risultano colpiti 37 km2 di ecosistemi forestali. In Calabria sul totale di 143 km2 la parte forestale è di 26 km2. In Puglia su 81 km2 risultano colpiti 10 km2 di ecosistemi forestali. Infine, in Campania su 58 km2 di aree totali percorse da incendio 18 km2 erano forestali.
Anche per il 2025, la provincia di Agrigento risulta essere quella maggiormente interessata da incendi con una superficie totale percorsa pari a 171 km2 (19% di tutta la superficie percorsa da incendio a livello nazionale). Il territorio provinciale con le superfici forestali maggiormente impattate da incendi risulta essere il cosentino – Cosenza – con 13 km2 di ecosistemi forestali percorsi da incendio.
Il 39% degli ecosistemi forestali colpiti dagli incendi nella stagione incendi 2025 ricade all’interno di aree protette, in gran parte appartenenti ai siti della Rete Natura 2000.
Idroelettrico, Milani (FdI): “Aste nel Pnrr un errore, ora melina”
“Inserire le aste dell’idroelettrico nel Pnrr è estato un errore. Stiamo facendo melina a proposito di questi obblighi per arrivare a mantenere la priorità di questi impianti, strategica per la sicurezza energetica dell’Italia. Il Governo sta lavorando per la certezza delle regole nelle rinnovabili. Sono a favore di investire in fusione nucleare. Non può esistere sicurezza energetica senza il mix. In questi anni ci siamo un po’ drogati di gas per sopperire all’assenza del nucleare”, ha affermato Massimo Milani, Segretario Commissione Ambiente Camera di Fratelli d’Italia nel corso dell’assemblea di Elettricità Futura.
Salva-Milano, Bonelli (Avs): “Nessun commissario può derogare a regole”
“In Italia esistono leggi urbanistiche nazionali che regolano in modo chiaro e inderogabile la pianificazione del territorio. Nessun commissario ad acta può essere autorizzato a scavalcare queste norme generali, che sono poste a tutela dell’interesse pubblico, della legalità e della qualità della vita dei cittadini”. Ad affermarlo è Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi Sinistra e co-portavoce di Europa Verde. “In merito alla proposta di Forza Italia di nominare un commissario per risolvere il cosiddetto ‘nodo Salva Milano’, voglio ricordare che la pianificazione urbanistica non può essere trattata come un ostacolo da aggirare. È, al contrario, lo strumento attraverso cui si costruisce un futuro sostenibile per le nostre città, garantendo equità sociale, tutela ambientale e legalità”.
“È inaccettabile che si tenti di trasformare una questione urbanistica complessa in uno scontro politico, ignorando le regole che tutti i comuni italiani, Milano compresa, sono tenuti a rispettare. Se c’è un problema politico nella maggioranza milanese, è lì che va risolto, non cancellando le norme che servono a evitare speculazioni e caos urbanistico. Il ‘Salva Milano’ non è altro che un condono mascherato che, se approvato, aprirebbe la strada in ogni comune italiano alla possibilità di trasformare un’area verde in un grattacielo, scavalcando piani urbanistici, partecipazione democratica e interesse pubblico. Bisogna fermare questa deriva prima che si estenda come un precedente pericoloso in tutto il Paese. È urgente bloccare i processi di gentrificazione perché stanno progressivamente espellendo i cittadini più fragili ed economicamente deboli dalle nostre città. La pianificazione urbanistica non è un ostacolo: è la nostra prima linea di difesa contro il degrado sociale, ambientale e democratico”.
Porti, tavolo tecnico su Marina di Carrara convocato il 14 ottobre al Mit
Arera, Dl parte da comm. Ambiente-Attività produttive alla Camera
Il dl Arera, varato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri, è stato assegnato in prima lettura alle commissioni congiunte Ambiente e Attività produttive della Camera. Lo ha fatto sapere, in apertura dei lavori dell’assemblea di Montecitorio, il vice presidente della Camera Giorgio Mulè. Il provvedimento, si ricorda, dispone una proroga ex lege, fino alla nomina dei nuovi componenti e comunque non oltre il 31 dicembre 2025, dell’attuale collegio di Arera, a oggi in regime di prorogatio, in modo da assicurare la piena operatività dell’Autorità.
Carbone, Pichetto: “Stop a produzione ma non a centrali”
Sulle centrali a carbone “i miei uffici stanno valutando la situazione” anche “per comunicare all’Unione europea il fatto che cessiamo la produzione, ma non smantelliamo per ragioni di sicurezza nazionale”. Lo ha detto il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, a margine dell’assemblea pubblica di Elettricità Futura a Roma.
Eolico onshore, accordo Bei-Dolomiti per Puglia e Campania
La Banca europea per gli investimenti (Bei) concede un prestito di 200 milioni di euro al gruppo Dolomiti energia per sostenere il suo programma di investimenti per il 2030. L’accordo, è assistito al 70,5% dalla garanzia di InvestEu, il programma di investimenti dell’Unione europea. Il finanziamento della Bei, strutturato come prestito verde, sosterrà gli investimenti per la produzione di energia rinnovabile da impianti eolici onshore in Campania e Puglia, regioni di coesione, e contribuirà allo sviluppo, al potenziamento e all’ammodernamento della rete di distribuzione elettrica della Provincia autonoma di Trento.
In particolare, l’operazione prevede la progettazione, la costruzione e la gestione di quattro parchi eolici onshore con una capacità installata totale di 121 MW, in grado di coprire il consumo energetico annuale di circa 100.000 famiglie italiane, oltre alla costruzione di nuove linee elettriche, sottostazioni e al rinnovo delle infrastrutture esistenti, consentendo investimenti per la transizione energetica dell’economia italiana.
“Questo accordo aumenterà la capacità di generazione da fonti rinnovabili in Italia, rafforzerà l’affidabilità e la resilienza della rete elettrica e aiuterà l’Unione Europea e l’Italia a raggiungere gli obiettivi climatici fissati per il 2030 – si legge in una nota congiunta -. L’accordo avrà anche un impatto positivo in termini di occupazione nel Paese. Si stima che circa 500 persone saranno impiegate durante la fase di attuazione dei progetti di investimento”.
Comm. Tardino apre l’Offshore Wind Revolution: “Sicilia al centro”
Si è aperta oggi (ieri, ndr) al MACC del Palermo Marina Yachting la seconda edizione dell’ “Offshore Wind Revolution”, una due giorni organizzata da Magellan Circle e affollata di leader, innovatori, istituzioni e aziende provenienti da tutta Europa che si incontrano a Palermo per discutere e dare forma al futuro dell’eolico offshore nel Mediterraneo.
In apertura dei lavori è intervenuto il commissario straordinario dell’Autorità di Sistema portuale del Mare di Sicilia occidentale, Annalisa Tardino: “L’eolico offshore – ha detto Tardino – rappresenta una delle soluzioni più promettenti per raggiungere gli obiettivi che l’Europa si è posta in tema di emissioni. Non è più un progetto futuribile, ma una realtà industriale che può diventare motore di sviluppo sostenibile. Questo governo ha messo al centro un aspetto fondamentale della nostra storica identità: il mare. Le tensioni internazionali hanno ridisegnato le rotte commerciali, accentuando la centralità del Mediterraneo e la Sicilia, con la sua posizione geografica, può farsi ponte tra Europa, Africa e Medio Oriente: non più periferia, ma cuore di un sistema energetico integrato, capace di rafforzare la sicurezza dell’Europa e ridurre la dipendenza da fonti fossili estere. E, in un mondo segnato da crisi energetiche e tensioni geopolitiche, questo significa garantire stabilità, autonomia e competitività al nostro paese. Oggi occorre più che mai parlare di mare, di porti, di venti, di coste, di istituzioni. La portualità è geopolitica: un porto vivo e ben connesso rafforza l’intero Paese. Ecco perché la Sicilia deve lavorare per diventare il fulcro di una nuova Europa proiettata a sud. E’ venuto il momento di crederci. E di agire di conseguenza in tempi brevissimi. Quelli imposti dal mercato”.
Federacciai: “Scudo commerciale segnale forte, ora buy Ue e nuovo Cbam”
«Il provvedimento per il settore siderurgico proposto oggi dalla Commissione europea rappresenta finalmente una misura complessivamente positiva. È un passo importante verso una politica industriale europea più consapevole e capace di tutelare la competitività e la tenuta produttiva del nostro sistema siderurgico. Resta tuttavia un passaggio che desta perplessità: il riferimento alla necessità di discutere queste misure con altri Paesi sulla base delle regole del Wto, che significherebbe di fatto dover negoziare con la Cina misure concepite per contrastarne le pratiche commerciali distorsive. È un tema che andrebbe invece affrontato e discusso in sede di Parlamento europeo. Lo scudo commerciale va poi accompagnato da strumenti coerenti e complementari, come l’introduzione del Buy European — che garantisca almeno il 60% di acciaio europeo negli appalti pubblici — e da una revisione del CBAM, in particolare per quanto riguarda l’abolizione delle quote gratuite, che rischia di mettere in difficoltà anche altri comparti strategici dell’industria di base».
Trasporti, Pe approva accordo su digitalizzazione vie navigabili interne
La plenaria di Strasburgo del Parlamento europeo ha approvato – con 636 sì, 10 no e 4 astensioni – l’accordo raggiunto in sede di trilogo sulla digitalizzazione della gestione del traffico e dei trasporti sulle vie navigabili interne dell’Ue. I negoziatori hanno concordato di trasferire i servizi di informazione fluviale (Ris), come gli avvisi ai naviganti o il tracciamento delle imbarcazioni, verso la digitalizzazione, istituendo un’unica piattaforma digitale (“Ambiente Ris europeo”) per gestire le comunicazioni relative al traffico, alle infrastrutture e ai trasporti sulle vie navigabili interne. I colegislatori hanno inoltre concordato di concedere ai Paesi membri tre anni di tempo per prepararsi all’attuazione delle nuove norme.
Ferrovie, Mit: avanti con potenziamento Pistoia-Lucca
“Proseguono a pieno ritmo i lavori e l’iter per il potenziamento della linea ferroviaria Pistoia–Lucca, intervento strategico fortemente sostenuto dal vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini”. Lo comunica il Mit in una nota. “L’opera – si legge -, realizzata da Rete ferroviaria italiana (Rfi) in sinergia con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, mira a migliorare l’efficienza e la capacità del collegamento ferroviario tra Pistoia e Lucca, nodo chiave per la mobilità toscana, potenziando la regolarità dell’esercizio e la capacità logistica dell’intera area”.
“L’intervento complessivo è articolato in tre lotti funzionali. Sulla tratta Pistoia–Montecatini Terme proseguono i lavori all’interno della galleria Serravalle per la realizzazione del doppio binario, insieme all’attrezzaggio tecnologico dell’intera linea”. “Tra Montecatini e Pescia sono stati completati gli interventi di upgrading infrastrutturale e tecnologico, mentre per il raddoppio della tratta Pescia–Lucca sono in corso gli approfondimenti progettuali sul territorio”. “Il progetto prevede inoltre ulteriori opere nell’area di Montecatini, per le quali è in fase di avvio lo sviluppo del progetto esecutivo. Tutti i cantieri procedono nel rispetto del cronoprogramma per fasi, che prevede la conclusione dei primi lavori già nel corso dell’anno. Il costo complessivo dell’opera è di circa 752 milioni di euro, di cui 362 milioni finanziati in parte con fondi Pnrr di competenza Mit”, conclude la nota.
Istat, nel 2024 spesa consumi famiglie stabile
Nel 2024 la stima della spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è di 2.755 euro in valori correnti, sostanzialmente invariata rispetto ai 2.738 euro del 2023 (+0,6%). Ne deriva che, per il secondo anno consecutivo, la spesa è significativamente superiore al livello pre-Covid (era stata pari a 2.561 euro nel 2019). Lo rileva l’Istat. In particolare, tra il 2019 e il 2024 la spesa per consumi delle famiglie è aumentata del 7,6% a fronte di un’inflazione, misurata sullo stesso arco temporale dall’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca), del 18,5%. Poiché la distribuzione dei consumi è asimmetrica e più concentrata nei livelli medio-bassi, la maggioranza delle famiglie spende un importo inferiore al valore medio. Il valore mediano (il livello di spesa per consumi che divide il numero di famiglie in due parti uguali) è pertanto inferiore a quello medio e, nel 2024, risulta pari a 2.240 euro (2.243 euro nel 2023).
Le spese delle famiglie per l’acquisto di prodotti alimentari e bevande analcoliche sono stabili rispetto al 2023, nonostante il marcato aumento dei prezzi (+2,5% la variazione su base annua dell’Ipca, era stata +10,2% nel 2023), così come stabile è la quota delle famiglie che dichiara di aver provato nel corso dell’anno a limitare la quantità e/o la qualità del cibo acquistato (31,1%, era il 31,5% nel 2023). Aumentano significativamente le spese destinate a oli e grassi (+11,7%), che raggiungono i 18 euro mensili, e alla frutta (inclusa quella a guscio), che sale a 45 euro al mese (+2,7%). La spesa non alimentare è pari in media a 2.222 euro mensili, rappresentando l’80,7% della spesa totale, e varia tra i 3.032 euro nel Nord-est e i 2.199 del Sud.
Una sostanziale stabilità caratterizza quasi tutte le divisioni di spesa non alimentare. Risulta in aumento la spesa relativa a Servizi di ristorazione e di alloggio (+4,1%, 162 euro mensili) che, anche nel 2024, prosegue il recupero post pandemia, sebbene con ritmi più contenuti rispetto al 2023 (quando l’aumento era stato del 16,5%). La crescita è particolarmente marcata nel Centro (+7,2%, 175 euro), anche se il livello più elevato continua a essere quello del Nord-est (209 euro mensili). Si riducono invece le spese per Informazione e comunicazione, che diminuiscono del 2,3% rispetto al 2023. Infine, nel Nord-est cresce la spesa per Istruzione, che sale a 21 euro mensili (+16,9% rispetto al 2023 quando era pari a 18 euro).
Ia, un accordo da 100 miliardi tra OpenAi e Amd
Astm, prestito obbligazionario da 500 milioni
ASTM SpA, (“ASTM”), secondo operatore al mondo di reti autostradali in concessione, leader nella realizzazione di grandi opere e nella tecnologia applicata alle infrastrutture, facendo seguito a quanto precedentemente comunicato, ha avviato il collocamento di un nuovo prestito obbligazionario non convertibile senior unsecured da 500 milioni di euro con scadenza a 6 anni (long). L’operazione si inserisce nella strategia del Gruppo volta a una ottimizzazione continua della gestione e delle scadenze del debito, rafforzando ulteriormente la struttura e la flessibilità finanziaria del Gruppo. Principali caratteristiche del prestito: Importo: €500 milioni; Scadenza: 6 anni (long); Spread: 100 punti base sopra il mid swap di riferimento; Cedola: 3,375% annua, tasso fisso; Rating atteso: Baa3 (Moody’s), BBB- (Fitch).
L’emissione ha registrato una domanda pari a oltre 3 volte l’offerta, a testimonianza del forte interesse del mercato e della solidità creditizia del Gruppo ASTM. Circa il 70% delle sottoscrizioni proviene da investitori istituzionali esteri. L’elevato numero di ordini ha permesso di fissare lo spread finale a 100 punti base – corrispondente a un New Issue Premium lievemente negativo – sopra il mid swap di riferimento, significativamente inferiore all’indicazione iniziale di 130-135 punti base. Le obbligazioni, con taglio minimo unitario di 100.000 euro e scadenza al 16 febbraio 2032, corrisponderanno una cedola fissa annua lorda pari al 3,375% e sono state collocate esclusivamente presso investitori qualificati, a un prezzo di emissione pari a 99,331%.
La data di regolamento è prevista per il 16 ottobre 2025, subordinata a condizioni sospensive e alla stipula della documentazione contrattuale. Il nuovo bond, che è atteso sia ammesso alle negoziazioni presso Euronext Dublin, sarà emesso nell’ambito del programma Euro Medium Term Note di ASTM, da ultimo rinnovato l’11 luglio 2025 mediante l’approvazione del prospetto di base da parte della Central Bank of Ireland, successivamente integrato con un supplemento il 26 settembre 2025.
Gruppo Cap, arriva il patto per tutela maestranze
Una nuova frontiera nella lotta al lavoro irregolare e alla tutela delle persone: nasce il Patto per la Tutela delle Maestranze, l’iniziativa promossa da Gruppo CAP, la green utility pubblica che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano, per rafforzare gli standard di legalità e qualità nei contratti d’appalto e nei servizi affidati a terzi. Con questo strumento, sottoscritto tra le società del Gruppo e i propri fornitori, CAP intende andare oltre i minimi previsti dalla normativa, attivando un sistema di controllo e monitoraggio innovativo e capillare che prevede ad esempio la possibilità di accedere a documenti chiave per verificare il rispetto degli obblighi, il pagamento diretto dei lavoratori da parte di CAP in caso di inadempienza dell’appaltatore e canali di whistleblowing per segnalazioni anonime. L’obiettivo è duplice: prevenire e contrastare ogni forma di lavoro nero, grigio o povero, e promuovere una cultura diffusa del lavoro dignitoso, equamente retribuito e tutelato.
Il Patto si inserisce nel quadro degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, che individua nel lavoro dignitoso uno dei pilastri fondamentali per la crescita equa e inclusiva. “La nostra visione è chiara: il lavoro non è un costo da comprimere, ma un valore da tutelare”, dichiara Yuri Santagostino, presidente di Gruppo CAP. “Con il Patto per la Tutela delle Maestranze vogliamo essere protagonisti attivi nel garantire diritti, legalità e trasparenza in tutta la nostra filiera, mettendo al centro le persone. L’iniziativa si colloca in una più ampia strategia di sostenibilità, legalità e innovazione promossa da Gruppo CAP, coerente con il nostro Piano di Sostenibilità e con il ruolo che un’impresa pubblica moderna deve assumere: garante dei diritti, promotrice di equità sociale e attrice responsabile nei confronti della comunità e del territorio.”
Il Patto si basa su un principio cardine: la responsabilità condivisa tra Gruppo CAP e i suoi fornitori. L’impresa che partecipa a una gara d’appalto sottoscrive volontariamente il Patto, accettandone le clausole e impegnandosi al rispetto delle condizioni previste. “In un contesto in cui la normativa si evolve per rafforzare le tutele, riteniamo che un’azienda pubblica debba fare da apripista”, spiega il direttore generale di Gruppo CAP, Michele Falcone. “Questo Patto rappresenta un modello replicabile anche da altre stazioni appaltanti che vogliano concretamente garantire la tutela dei lavoratori.” Il Patto introduce obblighi e misure di controllo che vanno oltre i requisiti di legge come ad esempio:
- Sistema di controllo continuo durante l’esecuzione dei lavori, capace di rilevare anomalie non solo tra i dipendenti diretti dell’Appaltatore ma anche tra tutti i lavoratori impiegati attraverso subappalti e contratti derivati;
- Accesso obbligatorio a documentazione chiave (Libro Unico del Lavoro, buste paga, registro presenze, tracciabilità dei pagamenti) per verificare il rispetto degli obblighi e richiedere interventi correttivi immediati in caso di irregolarità;
- Pagamento diretto ai lavoratori da parte di Gruppo CAP in caso di inadempienza dell’appaltatore o dei subappaltatori;
- Audit a campione e canale whistleblowing per segnalazioni anonime, al fine di intercettare tempestivamente eventuali violazioni.