L'INTERVENTO DI GALEONE A CITTA' NEL FUTURO

Ifel: la rigenerazione non si fa con la caccia ai fondi tramite bandi, ma con la programmazione

08 Ott 2025 di Nicola Pini

Condividi:
Ifel: la rigenerazione non si fa con la caccia ai fondi tramite bandi, ma con la programmazione

Governare la rigenerazione urbana: quale è stata l’esperienza sul campo delle città italiane in questi anni? Quali le attese emerse e le criticità riscontrate? Se ne è parlato ieri a Roma nel corso dell’evento Città del futuro, dove la Fondazione Ifel dell’Anci e l’associazione Mecenate 90 hanno anticipato alcuni temi del rapporto che verrà presentato il mese prossimo. La ricerca “Città rigenerative: dall’intervento urbano al progetto urbano”, condotta su un campione di 9 capoluoghi italiani, già dal titolo dà conto della necessità di una maggiore pianificazione degli interventi.

In una realtà che vede oggi le città impegnate a rincorrere bandi competitivi come unico mezzo o quasi per ottenere risorse, emerge invece la necessità di poter accedere ai fondi in un quadro di maggiore programmazione, restituendo respiro e prospettiva alle politiche urbanistiche. Tanto più in un momento in cui il tema della casa è al centro dell’attenzione nazionale ed europea, e gli effetti del declino demografico e della mobilità territoriali si scaricano sulle città, come ha sottolineato nell’introdurre l’incontro il direttore dell’Ifel Pierciro Galeone.

I Comuni sono costretti a rincorrere lo straordinario e non riescono a far fronte all’ordinario, così in uno stesso quartiere possiamo trovare l’area che è stata completamente rigenerata perché magari si è potuto intercettare un finanziamento importante e poi nella strade parallela ci sono buche e marciapiedi che non si riescono a risanare”, ha osservato poi il segretario generale di Mecenate 90 Ledo Prato.

La ricerca, illustrata dai ricercatori Ifel Federico Sartori e Dalila Riglietti, è stata condotta su diverse città medie di Emilia Romagna, Toscana e Campania (Modena, Parma, Livorno, Pistoia, Benevento e Salerno) e i tre capoluoghi Bologna, Firenze e Napoli. Ne emerge prima di tutto la complessità di un’azione amministrativa che a fronte della maggiore attenzione riservata nell’ultimo decennio ai tempi dello sviluppo urbano ha dovuto confrontarsi con una grande pluralità di strumenti e di finanziamenti, dal piano periferie al piano città, dal Pnrr ai fondi europei vecchi e nuovi, oltre a quelli regionali.

Se l’obiettivo condiviso tra le amministrazioni è la qualità dell’abitare sono emerge diverse esigenze: a partire da quella di avere politiche durature e risorse programmate anche per intervenire nell’ordinario. In questa ottica il piano urbanistico locale deve contenere la visione della città, ma occorrono strumenti molto più flessibili nell’attuazione dei progetti e un approccio più integrato nella gestione di questi dossier all’interno della Pubblica amministrazione, così come sono auspicati sistemi di monitoraggio e studio di queste politiche.

Insomma emerge che le città oggi fanno fatica a governare i processi legati ai progetti di rigenerazione urbana.

Finanziamenti e politiche non sempre vanno d’accordo” ha commentato Saverio Santangelo, docente di pianificazione territoriale alla Sapienza, “bisogna recuperare la parola progetto, sapere cosa dobbiamo fare, senza cedere allo sviluppismo”, cioé a uno sviluppo indipendente dai bisogni sociali reali.

L’obiettivo di ogni amministrazione è portare a casa più risorse possibile. Ma c’è un’idea già in partenza su come poi utilizzarle? E i progetti presentati intercettano bisogni reali emersi in un’interlocuzione con la cittadinanza o sono il risultato della delega espressa dai cittadini al momento dell’elezione senza verifiche successive? Domande sulle quali le città hanno dato risposte diverse. “C’è consapevolezza che bisogna passare a una fase di pianificazione strategica, le città rivendicano gli strumenti per farlo e si dicono pronte a esercitare questa funzione perché si rendono conto che le politiche fin qui adottate non hanno dato i risultati attesi”, ha aggiunto Prato. Con il rischio appunto di “avere città a macchia di leopardo, con alcune aree recuperate e rigenerate e altre abbandonate. Il momento è delicato: si è avviato un progetto di rigenerazione delle nostre città ma rischiamo di lasciarlo a metà perché non disponiamo né degli strumenti né delle risorse per portarlo a compimento”. E di certo con i 100 milioni previsti dalla legge sulla rigenerazione urbana e i 660 milioni del piano casa non si va da nessuna parte, ha concluso.

Argomenti

Argomenti

Accedi