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Digitale, la SPINTA del Sud: il 35% delle imprese investirà in 4.0 entro il 2027

Incide il fattore efficienza, prevalgono le realtà manifatturiere e quelle di grandi dimensioni. Ma le imprese femminili faticano. “Le imprese del nostro Paese devono recuperare un gap sul fronte dell’innovazione e del digitale. In questo quadro i segnali di recupero provengono dal Mezzogiorno e sono molto importanti e certamente di buon auspicio per il futuro”, sottolinea il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli.

09 Set 2025 di Mauro Giansante

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Il vento del Sud soffierà forte. In particolare sulla digitalizzazione. E’ quanto emerge dal rapporto pubblicato ieri da Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne su un campione di 4.500 imprese con addetti tra 5 e 499 unità.  Il 35% delle imprese meridionali ha, infatti, in programma di realizzare investimenti 4.0 nei prossimi tre anni per colmare il gap digitale, contro il 32,8% della media dell’intero Paese. Più difficoltà a recuperare terreno sulla digitalizzazione mostrano, invece, le imprese femminili delle quali appena il 30% punta ad investire in queste tecnologie entro il 2027. A pianificare nuovi investimenti 4.0 sono soprattutto le imprese manifatturiere (40,6%) e, più in generale, le realtà produttive di grandi dimensioni (67,6%). Aumentare l’efficienza interna e/o ridurre i costi è il principale obiettivo che spinge oltre la metà delle aziende ad investire in questa direzione. Tuttavia, la carenza di competenze interne aziendali costituisce per il 27,7% delle imprese il principale ostacolo ad introdurre tecnologie 4.0.

Scendendo nel dettaglio si nota come il 56% delle imprese investe in digitale spinto dalla volontà di aumentare l’efficienza interna e/o di ridurre i costi, con picchi del 63,2% tra le grandi imprese con più di 50 addetti. A seguire, tra le principali motivazioni ad investire in queste tecnologie troviamo anche il miglioramento dei livelli qualitativi della produzione segnalato dal 21,9% delle imprese, una quota che sale al 23% per quelle di piccole dimensioni. Mentre il 12,3% investe nella transizione digitale spinto dagli incentivi, anche in questo caso la quota appare più elevata nel caso delle piccole imprese (14,3%).

Di contro, sottolinea la ricerca, tra i principali ostacoli alla digitalizzazione c’è la carenza di competenze sufficienti dichiarato dal 27,7% delle imprese che faticano anche a gestire i rapporti con università o centri di ricerca e seguire le procedure necessarie ad ottenere gli incentivi. Seguono tra le principali barriere segnalate la mancanza di risorse finanziarie interne (25,9%), più avvertita in particolare dalle piccole imprese (28,2%), e i costi delle tecnologie troppo elevati (18,4%).

Guardando, invece, ai settori più in voga della transizione blu ci sono: la simulazione tra macchine connesse; la robotica e la cybersicurezza. In particolare, la prima coinvolge il 29,4% delle imprese che investe in simulazione per aumentare l’efficienza dei processi produttivi. Seguono gli investimenti in robotica (24,8%) ed in cyber security (22,8%).

Infine, le aziende si attendono un importante ritorno da questo percorso. Secondo lo studio, l’impatto delle tecnologie 4.0 riguarda principalmente l’innovazione organizzativa interna all’impresa secondo il 66,6% delle imprese che investono nel digitale. Mentre per quasi la metà delle aziende (48%) le tecnologie cambieranno radicalmente l’assetto tecnologico dei processi produttivi. Meno rilevanti invece sono gli effetti attesi su innovazione di marketing e vendita dei prodotti (23,5%) e sui rapporti esterni con fornitori e clienti (19,3%).

“Le imprese del nostro Paese devono recuperare un gap sul fronte dell’innovazione e del digitale. In questo quadro i segnali di recupero provengono dal Mezzogiorno e sono molto importanti e certamente di buon auspicio per il futuro”, sottolinea il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. “L’impegno delle Camere di commercio si concentra nel raccogliere le esigenze di innovazione delle imprese e nel fare da collegamento tra Centri di ricerca e sistemi produttivi per fornire risposte adeguate ai bisogni delle aziende”. Tutto il resto, invece, non è noia ma transizione digitale. E va accelerata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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