PROGETTO CORALE / 18

La partecipazione ingrediente essenziale della rigenerazione se riattiva la relazione tra comunità e spazio pubblico. Evitare i contenitori di frustrazioni. I casi della street art e dell’arte pubblica

29 Ott 2025 di Maria Cristina Fregni

Condividi:

Il 14 ottobre scorso è scomparso Giuseppe Cambiano, grande studioso torinese, che ha dedicato la vita al sapere classico. A lui si devono molti testi importanti, che analizzano e attualizzano la relazione profonda tra società occidentale e città, a partire proprio dal mondo classico dei Greci, che sta alla base della nostra cultura urbana.

Molte delle riflessioni di Cambiano sono oggi di estrema attualità e andrebbero rilette e poste in rapporto diretto con i temi e le pratiche della Rigenerazione Urbana, alla quale apporterebbero una dimensione di consapevolezza e di cura rilevante.

 

Per esempio, Cambiano, nel suo testo Come nave in tempesta. Il governo della città in Platone e Aristotele (Laterza 2016), si concentra ancora una volta sul valore del paradigma tecnico applicato alla politica, ribadendo il paragone, caro agli autori antichi, e in particolare a Platone, tra la città e la nave, che vanno guidate da chi possiede una competenza specialistica e non affidate alle inclinazioni della folla.

Questo passaggio, per chi pratica azioni di trasformazione urbana, non può non risultare di grande interesse: da un lato apre la riflessione alle competenze necessarie oggi per approcciare e gestire i fatti urbani, sia dal lato della Pubblica Amministrazione e degli Enti sia da quello del mondo della progettazione e della sua necessaria interdisciplinarietà.

Dall’altro lato, invece, porta in luce il grande tema della partecipazione e quindi del ruolo della società civile e delle sue rappresentanze nei processi decisionali sulle trasformazioni urbane, ruolo che è diventato, con più o meno cognizione di causa, uno dei driver dei processi di Rigenerazione.

Nel momento in cui si fanno uscire le dinamiche delle trasformazioni urbane dai soli tecnicismi di una urbanistica per troppi anni erroneamente asettica e “bidimensionale”, e si pone la dimensione socio-culturale sullo stesso piano della componente della spazialità fisica, è evidente che il sapere di residenti, operatori culturali e commerciali, city users e altre categorie “non tecniche” diventa rilevante e deve essere posto in dialogo con le competenze di ingegneri, architetti, giuristi ed economisti.

La banalizzazione di questo processo, tuttavia, è però un rischio molto elevato, che porta talvolta, se non spesso, ad una de-responsabilizzazione dei decisori, che delegano le scelte ai “percorsi di partecipazione” senza mettere in campo quella “competenza specialistica” di sintesi, visione e definizione delle priorità ricordata da Cambiano e che spetterebbe loro come guida alla Rigenerazione.

A questo poi si aggiunga che, talvolta, le comunità locali hanno in realtà perso una relazione vivida con il luogo che abitano e quindi riversano nella “partecipazione” frustrazioni, aspettative o istanze ideologiche o generiche del tutto legittime e comprensibili, ma poco utili, se non adeguatamente interpretate e fatte evolvere, per avviare una vera Rigenerazione.

Per fortuna, però, anche a queste dinamiche esiste un antidoto democratico e propositivo, che consente di promuovere la riappropriazione da parte della società civile dei luoghi in cui essa si esprime, innescando dinamiche di reale connessione e consapevolezza, che portano poi a contributi fattivi di cittadini e associazioni all’interno dei processi di Rigenerazione.

Abbiamo già visto (per esempio nell’articolo “Usi temporanei, la spinta del Demanio”) come gli usi temporanei rivestano in questo ambito un ruolo fondamentale, e altrettanto può dirsi dell’agopuntura urbana e dei micro-interventi, temporanei o no, usati come miccia per riaccendere la relazione tra le persone e gli spazi.

Sappiamo (si veda qui per esempio l’articolo di Nicola Pini “Brindisi adesso si annuncia con Paradiso, il quartiere dei 40 murales e non più dei contrabbandieri”) che la street art è un ingrediente molto apprezzato nei processi di rigenerazione, grazie alla sua immediatezza, di comunicazione e di attuazione. A Bergamo, dunque, è stato recentemente realizzato un festival in cui proprio questa Arte visiva contemporanea è stata indagata come strumento di riappropriazione. Si tratta di M.UR.A Festival, il primo festival di Street Art di Bergamo, che ha animato diverse zone della città dal 28 settembre al 12 ottobre con l’obiettivo di mettere in contatto la dimensione pubblica dell’arte e il concetto di comunità. Il Festival mirava alla realizzazione di un vero e proprio museo ospitato nello spazio pubblico, un progetto culturale promosso dall’assessorato alla cultura e realizzato da Cooperativa Sociale Patronato San Vincenzo – progetto Tantemani con HG80 impresa sociale – progetto Street Art Ball Project, per promuovere la cultura urbana come bene collettivo e partecipato, attraverso murales, laboratori, visite guidate, talk e live painting. L’acronimo M.UR.A. evoca le mura patrimonio UNESCO della città storica, richiamando l’identità locale condivisa e ben nota, ma anche i muri delle periferie e la necessità di abbattere barriere culturali e identitarie strumentalizzate e potenzialmente pericolose. L’arte pubblica, dunque, diventa strumento per riflettere sull’essenza delle comunità locali e rafforzare il legame tra spazio pubblico e cittadinanza, e la sua capacità di farsi ulteriore veicolo di comunità. E’ così che da diversi laboratori di comunità con bambini, giovani, studenti, residenti e realtà locali, realizzati in zone diverse della città, sono nate parole-chiave e illustrazioni poste poi alla base delle 5 opere di street art realizzate da artisti di rilievo internazionale.

Minimale, ma sempre all’insegna della riscoperta di una identità locale, è invece l’intervento realizzato a Montale Rangone (MO) per la riqualificazione di piazza Braglia. Sabato 11 ottobre si è svolta infatti l’inaugurazione, al termine del secondo stralcio di un intervento di riqualificazione in più fasi, che ha comportato un investimento per l’Amministrazione comunale di Castelnuovo Rangone pari a quasi 1milione di euro. L’obiettivo era trasformare la piazza da semplice parcheggio e sede del mercato settimanale a spazio strategico per la frazione, luogo di incontro, di socialità e di aggregazione, attraverso un intervento che valorizzasse la zona residenziale, le attività commerciali e il mercato del martedì. La progettazione avrebbe potuto a rifarsi a ben pubblicati e apprezzati stilemi di riqualificazione dello spazio pubblico di matrice danese o olandese, all’insegna della informalità dell’uso e della contemporaneità dei linguaggi materici e cromatici.

La scelta in questo caso è stata invece di segno diverso. Viste le caratteristiche demografiche della frazione, con molti anziani, la prossimità del centro storico, con la sua matericità tradizionale, e la permanenza del mercato locale, i progettisti hanno cercato soluzioni che unissero le istanze del vivere contemporaneo (vita digitale, attenzione ai cambiamenti climatici, spazi flessibili) con gli elementi di riconnessione identitaria al luogo e alla sua storia. La pavimentazione che ora sostituisce l’asfalto è sì drenante, ma simile ai sampietrini storici, gli arredi incorporano uscite USB e punti ricarica dei vari device, ma hanno i colori tradizionali della frazione, ma, soprattutto, il drenaggio delle acque è stato affidato ad un raingarden che però, come morfologia e realizzazione, riprende il sesto d’impianto della piantata modenese, fatta di filari rettilinei di alberi da frutto, tra cui sono appesi i tralci delle viti e sotto i quali si trovano arbusti fruttiferi e erbacee per gli animali. L’elemento più innovativo dell’intera riqualificazione, il raingraden appunto, diventa dunque anche elemento di riaffermazione culturale, che consente agli anziani di sentirsi in un luogo “proprio” e ai giovani di riscoprire componenti del paesaggio profondamente radicate nella cultura locale.

Interventi puntuali e specifici, quelli di Bergamo e Montale, che però riattivano la relazione tra comunità e spazio pubblico, e conseguentemente la voglia di cura, il rispetto e la comprensione profonda, che diventa motore di proattività efficace e di spirito di collaborazione per il bene comune.

Argomenti

Argomenti

Accedi