Digitalizzare per reingegnerizzare i processi e qualificare le stazioni appaltanti: così si previene la corruzione e si rende più efficiente la spesa pubblica

Al Festival dell’Economia di Torino ho avuto il piacere di discutere con il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, un tema tanto tecnico quanto centrale per la vita democratica e lo sviluppo economico del Paese: la gestione degli appalti pubblici. La riflessione si è incentrata su come le regole e le prassi in materia di contratti pubblici influiscano non solo sull’efficienza della spesa, ma anche sul rischio di corruzione e sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

Rappresentando oltre il 15% del Pil italiano, gli appalti pubblici sono ben più di una formalità burocratica: hanno il potere di determinare l’orientamento dell’economia e di determinare standard ambientali, tecnologici e di qualità nei settori in cui vengono utilizzati. Una tale rilevanza rende la loro regolamentazione una vera e propria leva di politica industriale che deve essere sfruttata al meglio per indirizzare l’economia ed evitare la proliferazione di inefficienze e opportunità di malaffare.

07 Lug 2025 di Francesco Decarolis

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Digitalizzare per reingegnerizzare i processi e qualificare le stazioni appaltanti: così si previene la corruzione e si rende più efficiente la spesa pubblica

Un esempio emblematico è rappresentato dalla soglia degli affidamenti diretti che dai 40.000 euro del 2020 è stata gradualmente innalzata fino ad essere fissata a 140.000 euro nel nuovo codice degli appalti. Se da un lato questa misura ha semplificato e accelerato le procedure e, dall’altro ha moltiplicato i rischi. I dati di Anac indicano che nel 2024 il 98% delle acquisizioni di servizi e forniture sono stati assegnati tramite affidamento diretto, spesso per cifre appena al di sotto della soglia di 140.000 euro. Il frazionamento artificioso degli appalti per rientrare sotto la soglia è una prassi nota, spesso funzionale a logiche clientelari o addirittura criminali. Per gli amministratori pubblici onesti, poi, la nuova soglia ha tolto un argine formale utile per resistere a pressioni indebite: non possono più opporsi appellandosi all’obbligo di gara.

La discrezionalità, però, non è di per sé negativa e le regole europee hanno spinto verso modelli di aggiudicazione più sofisticati proprio per migliorare la qualità della spesa pubblica rispetto alla logica del solo prezzo più basso. Tuttavia, maggiore discrezionalità implica anche maggiore responsabilità e necessità di vigilanza, senza cui la discrezionalità può trasformarsi in arbitrio.

Il tema della corruzione è trasversale agli appalti, ma ne travalica i confini. La corruzione non è solo un reato: è un fenomeno culturale, adattivo, che si insinua nei punti deboli dell’amministrazione. La lotta alla corruzione deve combinare strumenti repressivi e preventivi, il cui disegno richiede un quadro chiaro della situazione, e in questo senso la misurazione della corruzione ha un ruolo fondamentale e gli indicatori basati su percezione (come il CPI di Transparency International), insieme alle analisi econometriche devono essere usati come complemento alle statistiche giudiziarie, offrendo una visione più completa – seppur imperfetta – del fenomeno.

Gli sforzi di misurazione econometrica hanno portato a scoprire dinamiche fondamentali per il disegno efficace della normativa. Di recente si è mostrato come gli affidamenti degli appalti in deroga alla normativa ordinaria da un lato incrementino l’efficienza, ma dall’altro facciano crescere la probabilità che un’impresa criminale vinca la gara. Inoltre, è stato osservato come nei comuni ad alta infiltrazione mafiosa le procedure ordinarie siano più comuni che altrove, probabilmente per il maggior scrutinio pubblico.

Tra gli sviluppi più promettenti ai fini dell’efficientamento e della prevenzione dei reati vi è la digitalizzazione dell’intero ciclo degli appalti. Non si tratta solo di caricare documenti online, ma di reingegnerizzare processi, collegare banche dati, rendere automatici i controlli di legalità e, soprattutto, rendere accessibili i dati. Il Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE) è un esempio in questa direzione. La Piattaforma Unica della Trasparenza, se realizzata compiutamente, può diventare un volano di controllo diffuso da parte dei cittadini, delle imprese e degli organi di vigilanza.

Tuttavia, la sola digitalizzazione non basta. È indispensabile rafforzare la qualificazione delle stazioni appaltanti, specializzarle nei diversi settori di acquisto, e garantire tutela ai Responsabili della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT), troppo spesso lasciati soli. Serve una visione sistemica, capace di legare trasparenza, efficienza e legalità in un disegno organico.

In un’epoca in cui la fiducia nelle istituzioni è messa a dura prova e la percezione della corruzione cresce, come segnala il peggioramento dell’Italia nel CPI 2025, la qualità della spesa pubblica diventa una questione democratica. Riformare e innovare gli appalti pubblici significa garantire servizi migliori, ridurre le diseguaglianze e rafforzare il legame tra cittadini e Stato. È su questo terreno che si gioca una parte decisiva del futuro del Paese.

Francesco Decarolis è Professore Ordinario di Economia all’Università Bocconi

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