Le raccomandazioni di Bruxelles

Ue: nessun rinvio sul Pnrr. Ora l’Italia acceleri su riforme e investimenti per rispettare gli impegni. Più concorrenza nei servizi locali e nelle ferrovie

La Ue manda ai 27 Stati membri una comunicazione che conferma, senza deroghe e rinvii, la scadenza del Pnrr del 31 agosto 2026. Il richiamo di Bruxelles è quello di rivedere i piani per raggiungere target e milestones fissati. La Ue ha anche pubblicato le Country Specific Recommendations rivolte ai singoli Paesi. L’Italia deve accelerare su riforme e investimenti e deve aprire alla concorrenza nel trasporto ferroviario  e portualità. Nell’energia, una barriera rimane la complessità delle procedure di permitting.

04 Giu 2025 di Maria Cristina Carlini

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Ue: nessun rinvio sul Pnrr. Ora l’Italia acceleri su riforme e investimenti  per rispettare gli impegni. Più concorrenza nei servizi locali e nelle ferrovie

La data rimane scolpita nella pietra: 31 agosto 2026. Nessun rinvio, nessuna proroga. “In linea con le scadenze legali e la natura temporanea dello strumento, gli Stati membri devono raggiungere tutte le tappe e gli obiettivi entro il 31 agosto 2026 e la Commissione deve effettuare i pagamenti finali entro il 31 dicembre 2026. Con queste scadenze che si avvicinano rapidamente e più di 335 miliardi di euro di finanziamenti ancora disponibili per gli Stati membri, è fondamentale accelerare l’attuazione del Pnrr”: è questo il richiamo risuonato forte nella comunicazione che la Commissione Europea ha inviato ieri ai 27 Paesi membri sollecitandoli a “rivedere i piani tempestivamente” per raggiungere tutti i target e i milestones. Secondo Bruxelles, questi interventi di revisione del piano dovrebbero essere utilizzati anche per semplificare la formulazione, laddove possibile, per facilitarne l’attuazione. “Gli Stati membri dovranno valutare la possibilità di sostituire le misure che non possono essere realizzate entro la scadenza per salvaguardare la loro assegnazione in base al Recovery, in particolare per la componente di sostegno non rimborsabile (sovvenzioni)”, spiega la Commissione. “Il Next Generation è stato uno strumento faro, le riforme lanciate sono ampie e di grande portata. Abbiamo registrato tanti progressi ma è importante dire che serve fare di più. Resta una priorità accelerare” in vista delle scadenze, ha detto il vice presidente esecutivo della Commissione Ue Raffaele Fitto.

Al monito generale rivolto ai 27, Bruxelles ha unito una serie di raccomandazioni specifiche per i singoli Paesi, le Csr, Country Specific Recommendations, che toccano un ampio spettro di temi con l’obiettivo di aumentare la competitività della Ue. Soffermandosi sull’Italia, prioritaria tra le raccomandazioni è la necessità di accelerare sul Pnrr. Fonti della Ue hanno parlato ieri dell’Italia come “uno dei casi di successo” nell’attuazione del Pnrr ma al tempo stesso resta tra i Paesi con “alcune delle maggiori sfide ancora aperte”. “L’Italia ha già completato sei richieste di pagamento, uno dei numeri più alti tra gli Stati membri. Ha deciso fin dall’inizio di utilizzare l’intera quota di prestiti: 194 miliardi di euro, pari a oltre il 9% del Pil”. Ad oggi, spiegano fonti Ue, sebbene l’Italia sia ben posizionata per le richieste di pagamento (siamo alla settima), restano ancora da completare oltre la metà (il 57%) degli obiettivi e delle tappe previste dal piano. Si tratta di una condizione non infrequente, dato che a molti Paesi membri mancano ancora da realizzare tra il 50% e l’85% di obiettivi e tappe. Tre Paesi (Romania, Bulgaria e Ungheria) sono sopra l’85% di obiettivi e tappe ancora da centrare. Ora, per rispettare gli impegni entro fine agosto 2026, è “essenziale” che l’Italia “acceleri l’attuazione delle riforme e degli investimenti”. Secondo Bruxelles, l’Italia “trarrebbe beneficio dal rafforzamento della capacità amministrativa, in particolare a livello locale, e dall’individuazione e dalla gestione tempestiva di potenziali ritardi. Il coinvolgimento sistematico degli enti locali e regionali, delle parti sociali, della società civile e di altri soggetti interessati rimane essenziale per garantire un’ampia titolarità per il successo dell’attuazione del piano per la ripresa e la resilienza”.

“Ridimensionare gli investimenti se realisticamente non potranno essere completati entro agosto 2026”

Visto che è ormai chiaro che la scadenza di agosto 2026 non verrà posticipata, Roma, secondo la Commissione Ue,  dovrà ora “utilizzare l’intero ventaglio di opzioni disponibili per puntare a una piena o quasi piena capacità di assorbimento, quantomeno per quanto riguarda la parte di sovvenzioni”. Ad esempio “l’Italia ha effettuato investimenti molto consistenti in infrastrutture ferroviarie e materiale rotabile ma non tutti i progetti saranno pronti nei tempi previsti. Non tutti i treni ad alta velocità potranno essere consegnati entro agosto 2026, ma forse una percentuale molto elevata si’. In tal caso, ridimensionare l’investimento è l’approccio da adottare”. Tra le altre indicazioni agli Stati per rispettare la scadenza, è di eliminare gli interventi che non potranno realisticamente essere completati entro agosto 2026, e sostituirli con misure già avviate e scalabili. E’ molto più semplice, ad esempio, aumentare gli incentivi alle Pmi o la riqualificazione energetica; investire in strumenti finanziari attraverso banche promozionali nazionali o fondi Ue. Infine si potrebbe anche valutare di ridurre la quota di prestiti prevista nel piano, se legata a investimenti non più realizzabili.

“L’Italia deve spingere sulle rinnovabili. Una barriera rimane la frammentazione del permitting”

Nelle 14 pagine di raccomandazioni rivolte all’Italia,  Bruxelles incalza sulla necessità di una maggiore iniezione di concorrenza in diversi settori per favorire una migliore allocazione delle risorse e incrementare la produttività. La Ue punta i riflettori, tra gli altri, sul settore ferroviario dove “l’aggiudicazione di appalti regionali e interurbani deve essere aperta alla concorrenza”; sulla gara d’appalto per le concessioni portuali e sul monitoraggio e promozione dell’indipendenza finanziaria e della responsabilità delle autorità portuali. Inoltre, la Ue rileva come l’Italia “continui a fronteggiare ostacoli strutturali per accelerare l’elettrificazione del sistema energetico e per aumentare la quota di energie rinnovabili” nonostante le potenzialità che ha nel solare e nell’eolico. “Una barriera chiave rimane la complessità e la frammentazione delle procedure di permitting che allunga l’implementazione dei progetti e ostacola la fiducia degli investitori. Inoltre, il rapporto tra i prezzi dell’energia elettrica e del gas è tra i più alti dell’UE. Le riforme sostenute dal piano di ripresa e resilienza hanno iniziato ad affrontare le strozzature amministrative nelle procedure di autorizzazione per l’energia rinnovabile, ma è necessaria ulteriore semplificazione e consolidamento della legislazione sulle autorizzazioni per accelerare l’implementazione”,  avverte la Ue. L’Italia dovrebbe poi “affrontare i rischi legati al clima e mitigarne l’impatto economico attraverso un maggiore coordinamento istituzionale, soluzioni basate sulla natura e una copertura assicurativa” specifica. Il nostro Paese dovrebbe anche “affrontare le inefficienze residue nella gestione di acqua e rifiuti, riducendo le lacune infrastrutturali”. In Italia, osserva la Commissione, “la governance delle politiche di adattamento climatico è frammentata tra diverse autorità e organismi, sia a livello centrale che locale, e il potenziale delle soluzioni basate sulla natura non è pienamente sfruttato. Inoltre, la perdita e il degrado del suolo richiedono misure per migliorarne la resilienza al fine di ridurre i rischi idrogeologici e l’impatto della siccità”. Inoltre, “le perdite dovute a eventi climatici non sono compensate da una copertura assicurativa adeguata, con conseguente ampio divario assicurativo climatico. Le carenze infrastrutturali per la gestione idrica e dei rifiuti, in particolare nelle regioni meridionali, hanno gravi ripercussioni sull’ambiente, con costi considerevoli e mancati ricavi per l’economia italiana”.

”Per l’industria non c’è una chiara strategia nazionale”

Non mancano i rilievi – e di peso- sulla strategia industriale dell’Italia. Anche se l’adozione del Libro Verde e del piano strategico per la Zona Economica Speciale hanno “rilanciato” il dibattito pubblico sullo “sviluppo industriale”, “l’adozione di molteplici piani industriali con governance diverse, la mancanza di coordinamento e l’esistenza di oltre duemila misure di incentivazione non vanno nella direzione di una chiara strategia di crescita nazionale”. Secondo la Ue, l’Italia “trarrebbe beneficio da una strategia industriale nazionale per orientare l’allocazione delle risorse pubbliche, supportare le tecnologie strategiche e promuovere lo sviluppo del Mezzogiorno”. Nel quadro attuale, continua la Commissione, l’individuazione dei settori strategici “non tiene conto delle nuove tendenze e tecnologie industriali” e la “mancanza di una dimensione territoriale” rappresenta un “limite” alla strategia di sviluppo per i distretti industriali chiave. Questo, prosegue, “è particolarmente rilevante in un contesto di calo della produzione industriale nazionale e di significative disparità regionali, con il Mezzogiorno in ritardo in termini di innovazione e competitività”. La strategia industriale “trarrebbe beneficio da un migliore coordinamento con la pianificazione degli investimenti infrastrutturali, mentre le misure politiche volte a promuovere la formazione e le politiche attive del mercato del lavoro dovrebbero essere integrate nella più ampia visione industriale nazionale, anche allineando gli investimenti pubblici destinati ai settori strategici”.

A pesare è anche una spesa in ricerca e sviluppo molto bassa, sia a livello pubblico che privato: le imprese tricolori investono in R&S poco più della metà della media Ue. Nonostante gli investimenti previsti dal Pnrr e dal piano strutturale di bilancio a medio termine, scrivono i servizi della Commissione, “il potenziale di innovazione e crescita dell’Italia è ostacolato dai limitati investimenti in ricerca e sviluppo, sia del settore privato che di quello pubblico”. L’Italia dovrebbe “promuovere l’accesso delle imprese innovative ai finanziamenti non bancari”, cosa che richiede “ulteriori azioni a sostegno delle quotazioni in Borsa tramite offerte pubbliche iniziali (Ipo)”, che consentono agli investitori in imprese non quotate, come i fondi di venture capital, di monetizzare facilmente l’investimento.  Il nostro Paese dovrebbe “sviluppare un ecosistema dinamico per il capitale di rischio”. I mercati dei capitali italiani, continua la Commissione, dovrebbero essere “ulteriormente sviluppati”, con l’obiettivo di “aumentare le nuove quotazioni sul principale mercato borsistico”. Ciò offrirebbe “maggiori opportunità di consolidamento” per le imprese nazionali e un maggiore accesso alla ricchezza “superiore alla media” delle famiglie italiane. L’accesso ai finanziamenti non bancari nel nostro Paese “è limitato per le imprese innovative”, poiché “il mercato nazionale del capitale di rischio è ancora sottosviluppato, sebbene in crescita”.

Dal Cdm via libera al Ddl Concorrenza 2025

La raccomandazione della Ue per una maggiore concorrenza arriva nel giorno in cui il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al Ddl Concorrenza 2025, una riforma inserita nel Pnrr che deve essere approvata entro l’anno. Tra le misure contenute nei 9 articoli  del provvedimento, ci sono interventi in materia di gestione dei servizi pubblici locali, del trasporto ferroviario regionale e aeroportuale. “Queste azioni, fondamentali per l’attuazione della milestone M1C2-13 del PNRR, mirano a garantire maggiore trasparenza nelle procedure di evidenza pubblica e a migliorare la qualità dei servizi e la competitività del sistema Italia a beneficio dei cittadini”, afferma il Mit. In particolare, per i Servizi Pubblici Locali, il DDL, spiega il dicastero, rafforza le attività di vigilanza e di controllo degli enti locali e degli altri enti competenti sulla gestione di tali servizi, introducendo nuove misure correttive in caso di performance insoddisfacenti, con l’obiettivo di migliorare la qualità del servizio a vantaggio dei cittadini. Sul fronte del Trasporto Pubblico Regionale, si rafforza la competizione, si promuove l’efficienza e si garantisce una migliore qualità del servizio per i cittadini, estendendo gli obblighi di trasparenza, motivazione e monitoraggio già previsti per i servizi pubblici locali. In linea con tali finalità, si prevede la pubblicazione di calendari dettagliati delle gare per i servizi di trasporto ferroviario regionale, rendendo prevedibili i tempi di avvio delle procedure di affidamento e garantendo la massima partecipazione degli operatori. Infine, in un’ottica di semplificazione, per gli Aeroporti Minori, il DDL amplia il numero di scali che possono beneficiare di modelli semplificati di aggiornamento annuale dei diritti aeroportuali, alzando la soglia di traffico da 1 milione a 5 milioni di movimenti passeggeri annui. Questa misura, allineata alle direttive europee, favorirà, secondo il Mit, la crescita e l’efficienza degli scali con minor traffico. Il ddl introduce anche disposizioni in materia di trasferimento tecnologico alle filiere produttive nazionali, volte a favore la diffusione delle conoscenze ai settori industriali. È prevista da parte del ministro delle imprese e del Made in Italy e del ministro dell’Università e della ricerca, di un atto di indirizzo strategico volto a valorizzare le conoscenze e contribuire alla trasformazione tecnologica delle filiere produttive. Il DDL dispone misure in materia di colonnine di ricarica elettrica. Le procedure di realizzazione e gestione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici devono essere “strutturate in modo da favorire, a parità di altre condizioni, la presenza di una pluralità di soggetti attivi nella gestione delle infrastrutture di ricarica nel territorio comunale”. Inoltre, “a fronte di richieste di autorizzazione con caratteristiche comparabili, il Comune dà priorità alle istanze provenienti da soggetti che detengono meno del 40% del totale delle infrastrutture di ricarica installate o già autorizzate all’installazione nel territorio comunale”. L’obiettivo è quello di favorire la concorrenza evitando “la concentrazione delle infrastrutture di ricarica in capo a pochi o a un unico soggetto a livello locale”, si legge nella relazione illustrativa.

 

 

 

 

 

 

 

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