Aspi caso di studio della Luiss
Tomasi: il NUOVO volto di Autostrade dal ground zero del Ponte Morandi
La trasformazione di Aspi diventa un caso di studio dell’Università Luiss. Questo processo è stato analizzato e raccontato nel volume “Evolution road”. Dopo il crollo del Ponte Morandi, Autostrade per l’Italia ha intrapreso un complesso percorso per superare la tragedia del Ponte Morandi con un nuovo modello organizzativo incentrato su alcuni pilastri fondamentali che accolgono i paradigmi della strategic agility quali le persone e le competenze, i valori, la digitalizzazione. Così è possibile tener il passo dei ritmi incalzanti della doppia trasformazione, digitale ed ecologica.
Ripartire dal ‘ground zero’ organizzativo dopo la tragedia del Ponte Morandi è stato sicuramente il viaggio più drammatico e complesso che Autostrade per l’Italia abbia mai affrontato. Una sfida che nel 2018 davanti alle 43 vite spezzate e alle macerie del ponte sul Polvecera sembrava persa in partenza. Ma nel 2020 Aspi è ripartita e lo ha fatto mettendo in atto una trasformazione per rigenerare il proprio Dna e misurandosi, al tempo stesso, con la velocità e la complessità dei ritmi del cambiamento imposti dallo sviluppo digitale e dalla transizione ecologica nel settore della mobilità. Ma cosa ha guidato questa trasformazione? Al centro ci sono stati e ci sono i paradigmi della strategic agility basati su persone, valori, dati, come spiega l’amministratore delegato di Aspi, Roberto Tomasi. Una formula che ha fatto della vicenda Aspi un caso di studio della Luiss, analizzato e raccontato nel volume “Evolution road” e presentato ieri, nel corso di un’iniziativa, presso il campus dell’ateneo romano, organizzata dal Centro di Ricerca in Strategic Change “Franco Fontana”.
Lo studio individua sette pilastri chiave sui quali poggia la trasformazione di Aspi: l’affermazione dei valori professionalità, integrità, etica del lavoro, trasparenza, responsabilizzazione, qualità e performance; sicurezza stradale e della mobilità a 360 gradi, attraverso il perseguimento dello sviluppo tecnologico e del miglioramento degli standard di sicurezza; l’operational excellence; la digitalizzazione; il cliente al centro; la mobilità sostenibile per il futuro quale elemento distintivo del gruppo, la valorizzazione della persone. Tutto questo, in pochi anni, ha consentito un cambio di paradigma nell’approccio agli interventi sulla rete e al monitoraggio delle infrastrutture, con lo sviluppo di nuove tecnologie e la valorizzazione delle competenze indispensabili per affrontare le nuove sfide della mobilità del futuro. “Se si guarda indietro si rimane stupiti dalla velocità di questa trasformazione”, ha detto Tomasi in videocollegamento.
Fondamentale è formazione di “competenze funzionali per affrontare la complessità che l’azienda ha dovuto gestire” e per realizzare i progetti di ammodernamento delle infrastrutture. Aspi, ha ricordato Tomasi, ha avviato un rinnovamento delle risorse con un piano di recruiting che ha portato anche all’abbassamento dell’età media del gruppo con circa 3000 nuovi dal 2020, su un totale di addetti di circa 10mila unità, e un incremento della percentuale di profili STEM in azienda. Ma altrettando centrale in questo processo di trasformazione è stata la digitalizzazione in un gruppo che scontava un ritardo su questo fronte. “Dal 2020 c’è stata un’evoluzione della maturità digitale di 47 punti percentuali”, ha rimarcato Tomasi. “Senza il digitale la complessità di un’infrastruttura come quella di Aspi non si può gestire. Servono piattaforme digitali e il processo di trasformazione di Aspi ha potuto contare sulla piattaforma Argo che elabora milioni di dati ogni giorno. Abbiamo una potenza informativa per gestire l’infrastruttura e per una pianificazione di medio lungo termine”. Fermo restando che “è impossibile rifare un nuovo sistema autostradale, perché ci vorrebbero 100 anni, possiamo mantenerlo in sicurezza, ad esempio di fronte a eventi meteo, con una rete di sensori e una capacità previsionale”. Per questo, nell’ultima alluvione in Emilia Romagna, Aspi è riuscita a prevedere con 24 ore di anticipo i possibili impatti sulla rete.
La necessità di “essere protagonisti di un’evoluzione iperaccelerata” è stata sottolineata dal ceo di Engineering, Maximo Ibarra. “Per sfruttare il digitale, serve un’infrastruttura dati da mettere a disposizione: deve essere un patrimonio unico e diffuso a tutti i livelli aziendali, in grado così di catturare tutte le opportunità che la tecnologia ci offre”. E’ così che è possibile fare il digital twin “senza il quale, non è possibile fare un’analisi predittiva per una maggiore efficienza e una maggiore tempestitività negli interventi”. Per Ibarra, è difficile prevedere dove arriverà l’intelligenza artificiale tra tre-quattro anni ma bisogna prepararsi per avere il tavolo pronti con tutti gli ingredienti”. In particolare, nel settore della mobilità “dobbiamo parlare di interoperabilità tra diverse infrastrutture. Questo è un passaggio importantissimo. Potremmo pensare a un’ Alexa di Aspi da integrare con altre chatbot. Il futuro prossimo sono schermi evoluti, in grado di mostrarti cosa succede piu’ avanti sul percorso, con una latenza di pochi secondi”.
“Oggi per le organizzazioni trasformarsi è una necessità – ha detto il Rettore della Luiss, Paolo Boccardelli –o ccorrono capacità dinamiche di adattamento a contesti esterni che evolvono a ritmi esponenziali, guidati dalla rivoluzione digitale e dalla transizione ecologica. Il caso ASPI ci ricorda che l’impresa è prima di tutto una comunità di persone con competenze, creatività, valori e impegno. Sono le persone il motore della crescita e del successo di ogni organizzazione. Per queste ragioni, diviene centrale abilitare connessioni tra mondo dell’Università e mondo dell’impresa, per creare piattaforme e percorsi formativi che siano al passo con le trasformazioni in atto”.