INFRASTRUTTURE

Scolmatore del Bisagno, Terzo valico, Diga foranea: blocchi, ritardi, ripresine. Il “modello Genova” non tira più

Il viceministro Rixi rassicura sui cantieri del Terzo valico: “Con lo smantellamento della seconda fresa, con una settimana di anticipo rispetto al cronoprogramma previsto, anche questo fronte di scavo è ora operativo. A oggi tutti i fronti di avanzamento risultano attivi”. Ma non si ricordano i ritardi cumulati negli anni e “sanati” dalle revisioni del Pnrr, né che una parte dell’opera prevista in origine non sarà realizzata. Ritardi di tre anni per lo scolmatore del Bisagno che avrebbe dovuto completare il lavoro fatto dall’ex governatore Burlando con “Italia Sicura” di Renzi: lo scolmatore del Fereggiano e il rifacimento della copertura del Bisagno in tre lotti, finiti nei tempi previsti.  Anche la fase A della Diga foranea, per cui i lavori sono cominciati solo due anni fa, registra già un ritardo quantificato in 6-7 mesi.

29 Lug 2025 di Giorgio Santilli

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Annunci quasi trionfali, rassicurazioni, soddisfazioni per i risultati raggiunti, ottimismo a piene mani caratterizzano l’ultimo tempo del Pnrr, appena cominciato. Il pessimismo cosmico che, in materia di infrastrutture, aveva dominato fino a poco tempo fa l’attuazione del Pnrr si è improvvisamente dissolto. Il viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi, per esempio, ieri ci ha tenuto a rassicurare: “Il cantiere del Terzo Valico  – ha detto – continua ad avanzare. Con lo smantellamento della seconda fresa, con una settimana di anticipo rispetto al cronoprogramma previsto, anche questo fronte di scavo è ora operativo. A oggi tutti i fronti di avanzamento risultano attivi”.

Soggetti attuatori del Pnrr e membri del governo usano molto, in questa fase, soprattutto con riferimento alle opere del Piano di resilienza, sottolineare il rispetto del cronoprogramma, o addirittura l’anticipo dei tempi rispetto al cronoprogramma, come in questo caso, dimenticando di ricordare che la tabellina di marcia attuale è frutto della continua revisione del Piano e ha largamente disatteso gli obiettivi originari di tempo e di chilometri realizzati. Il Terzo valico è campione di ritardi e può suonare strano che qualcuno ne lodi la puntualità, tanto più che una parte di quanto previsto non sarà proprio realizzata con il Pnrr. Forse il vero messaggio è il sollievo perché “tutti i fronti di avanzamento risultano attivi” rispetto all’ipotesi di qualche tempo fa che si finisse con i cantieri completamente bloccati. Prevale, insomma, il motto galileiano “eppur si muove”.

Era successo qualcosa del genere dieci giorni fa con la dichiarazione di piena “soddisfazione” delle Fs sull’andamento dell’ERTMS e solo Diario DIAC aveva messo i “puntini sulle i” dei ritardi (sei mesi) e delle realizzazioni parziali (615 chilometri in meno) con il pezzo che potete leggere cliccando qui. Evidentemente la parola d’ordine in questo momento è celebrare un trionfo a tutti i costi, da qui al giugno 2026, anche quando trionfo non c’è: una ragione di più per confrontare, da oggi fino ad allora, opera per opera, i veri obiettivi originari posti nel Pnrr approvato dalla Ue il 13 luglio 2021, con quelli delle revisioni successive e con i risultati concreti.

Ma quello che più colpisce in questo scorcio di tempo – proprio mentre si combatte in trincea per portare la realizzazione del Pnrr il più avanti possibile – sono i segnali di crisi che arrivano da modelli di realizzazioni infrastrutturali proposti fino a un paio di anni fa come modelli vincenti da esportare in tutta Italia.

Il modello Genova in difficoltà

Primo fra tutti c’è proprio il “modello Genova” che ha goduto di poteri commissariali eccezionali come nessun altro prima, ma ora certamente non gode di buona salute, pur dovendo fronteggiare situazioni diverse con strumenti e poteri diversi. Il quadro è comunque di grande difficoltà.

Con il Terzo valico c’è infatti un altro recordman dei ritardi, lo scolmatore del Bisagno, che “tradisce”, a sua volta, una storia gloriosa che pure aveva portato a concepire la nozione di “modello Genova”, ancora prima della ricostruzione del ponte Morandi, con riferimento alla realizzazione del piano stralcio delle aree metropolitane per il dissesto idrogeologico.

Lo scolmatore del Bisagno contraddice l’ottimo lavoro fatto sul dissesto idrogeologico

Genova si era distinta fra la lentezza delle altre grandi città (Milano in fondo alla classifica) e delle altre Regioni per il tempismo e il rigore nella realizzazione di opere decisive per la salvezza di quelle terre e programmate come prioritarie anche dalla task force “Italia sicura” del governo Renzi, guidata da Erasmo D’Angelis e Mauro Grassi. Un modello di collaborazione efficiente (e probabilmente unico) fra centro e periferia – come ha più volte segnalato lo stesso D’Angelis – che aveva prodotto come risultato la realizzazione di tutte le altre opere programmate: lo scolmatore del Fereggiano (affluente del Bisagno) realizzato senza problemi nei tempi previsti; il rifacimento della copertura del Bisagno, suddivisa in tre lotti. Il primo e il terzo furono realizzati senza problemi con il commissario/Presidente della Regione Burlando, mentre il secondo fu bloccato per due anni e mezzo per una serie di ricorsi giudiziari e poi fu sbloccato da Burlando con il sostegno del decreto Sblocca-Italia del Governo Renzi che, nel novembre 2014, per primo ha imposto (all’articolo 7) la prosecuzione dell’opera anche in presenza di ricorsi, salvo risarcimento del danno subito dall’impresa che fosse stata riconosciuta come appaltatrice legittima. Un regime che sarebbe stato poi esteso a tutte le opere strategiche.

L’opera da 200 milioni in ritardo di tre anni

Lo scolmatore del Bisagno, un’opera da oltre 200 milioni che dovrebbe salvare Genova dalle esondazioni del fiume Bisagno attraverso un tunnel lungo sette chilometri, è, invece, un’opera drammaticamente in ritardo. Ci sono voluti cinque anni, dal 2015 al 2020, per l’aggiornamento del progetto e la messa in gara, gestita da Invitalia e aggiudicata nel 2020 al consorzio Research. L’obiettivo di concludere i lavori entro il 2023 è stato rivisto più volte: al 2024, poi al 20 aprile 2025, poi a fine 2025; a ottobre 2024, quando l’avanzamento dei lavori risultava appena al 19%, il completamento dei lavori è stato portato a metà 2026; infine spostato nella parte finale del 2026,, con un ritardo cumulato di tre anni rispetto alle previsioni.

Due i principali motivi dell’allungamento dei tempi. Il primo è l’interdittiva antimafia del prefetto di Salerno che ha colpito il consorzio Research appaltatore dell’opera e che ha scatenato un contenzioso lunghissimo: l’interdittiva è stata prima sospesa e poi annullata dal Tar Campania, poi riammessa dal Consiglio di Stato, infine considerata decaduta dal commissario/Presidente della Regione Liguria Toti che ha anche ottenuto un maggiore coinvolgimento nei lavori per l’impresa Manelli, entrata nel raggruppamento di impresa con il consorzio Research. Le soluzioni adottate per uscire dal contenzioso al momento non hanno, tuttavia, consentito alcun recupero dei ritardi cumulati.

La fresa comincerà a scavare in autunno

Anche perché pesa la seconda ragione del ritardo che attiene a quello che avrebbe dovuto costituire il fattore risolutivo di accelerazione dei lavori: una fresa di produzione cinese, a sua volta trasportata da Shangai, poi smontata e riassemblata con almeno altri 3-4 mesi di ritardo. Doveva essere operativa da febbraio 2025, ora si prevede che cominci a scavare regolarmente dall’autunno.

Nel frattempo, la struttura commissariale della Regione ha deciso di applicare le norme del codice appalti (articolo 35, comma 18) che hanno portato al 20% l’anticipazione all’appaltatore, concedendo altri 6,3 milioni agli appaltatori, nonostante i ritardi. Questa concessione ha ottenuto in cambio – è la giustificazione data dalla Regione – garanzie sui tempi e penali per i ritardi ulteriori che dovessero verificarsi.

Diga foranea: in due anni di lavori già ritardi di 6 mesi

Ritardi cominciano a registrarsi – e vengono ammessi – anche per la terza opera che sta molto a cuore al governo, la Diga foranea nel porto di Genova, giudicata anche essa, come il Terzo Valico, a WeBuild. Con una spesa di 1,35 miliardi, l’opera dovrebbe consentire l’ingresso delle navi cargo di ultima generazione (superiori a 20mila TEU) al porto di Genova, oggi limitato da fondali insufficienti. I lavori sono partiti nel maggio 2023.

Dopo due anni, il subcommissario dell’opera Carlo De Simone ha già ammesso un ritardo che al momento viene quantificato in 6-7 mesi rispetto alla scadenza per il completamento dei lavori della fase A, prevista inizialmente per la fine del 2026. “Contiamo di finire a giugno o luglio 2027 con la posa dell’ultimo cassone”, ha detto De Simone. Al momento è stato realizzato il 58% delle colonne previste nella fase A e posato l’81% della ghiaia. La struttura commisssariale conta anche di anticipare i lavori della fase B. Qui è intervenuto il governo che a Genova non fa mai mancare il  proprio sostegno – basti pensare ai ripetuti interventi finanziari e normativi a sostegno del Terzo Valico – con uno stanziamento di 142,8 milioni nel decreto legge omnibus che consentirà di svolgere la gara per l’affidamento dell’appalto della fase B.

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