FRA PNRR E PNIEC
Rinnovabili, cosa c’è nel decreto SEMPLIFICAZIONI al prossimo Cdm. I quindici giorni di fuoco di Pichetto
Tre i regimi amministrativi previsti: attività libera, procedura abilitativa semplificata, autorizzazione unica. Art. 7: Per interventi su aree o immobili vincolati occorre il “previo rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, che si esprime entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza di autorizzazione”. Per la Pas, dopo venti giorni dalla presentazione del progetto, senza espresso diniego, “il titolo abilitativo si intende acquisito senza prescrizioni”. Autorizzazione unica: “Il termine di conclusione della conferenza è di centoventi giorni decorrenti dalla data della indizione, sospeso per un massimo di sessanta giorni nel caso di progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o per un massimo di novanta giorni nel caso di progetti sottoposti a VIA”. Venerdì, intanto, è arrivata la firma del ministro Pichetto ai decreti Aree idonee e Fer 2. Ma il dibattito è acceso sia sugli oneri di sistema per gli incentivi agli impianti che sull’aggiornamento e la data di consegna del nuovo Pniec
IN SINTESI
Uno dei tanti pregi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è quello delle scadenze temporali entro cui dimostrare di aver raggiunto un certo traguardo o obiettivo. Il mese di giugno, in questo senso, è una tappa fondamentale per il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica guidato da Gilberto Pichetto Fratin. Tra le milestones per sbloccare la sesta rata del Pnrr ce ne sono molte che chiamano in causa il Mase, da dove entro il 30 giugno dovrà essere spedito – direzione Bruxelles – il Pniec finale. Cioè, il documento programmatico che illustra come verrà realizzata la transizione al 2030 dell’Italia, senza dimenticare l’obiettivo di fondo della decarbonizzazione completa al 2050. Da capire, però, se nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima verranno accolte le raccomandazioni inviate a inizio anno dall’Ue e se il documento sarà un vero e proprio Pnrr energetico oppure rimarrà un elenco di buone intenzioni a cui dare retta ogni tanto, senza vincoli. Nel mentre, la rincorsa estiva del Ministero dell’Ambiente ha via via prodotto risultati in queste settimane con la chiusura in Conferenza Unificata del decreto sulle aree idonee ad ospitare gli impianti rinnovabili, le nuove misure di incentivo ai parchi eolici e fotovoltaici (decreti firmati venerdì sera) e la prima versione del Dl Agricoltura per l’installazione dei pannelli solari sui terreni agricoli, di cui sono stati depositati circa 700 emendamenti che verranno esaminati a partire da oggi. Poi, il 27 maggio, è arrivata anche la bozza finale del tanto atteso (come gli altri, del resto) Testo Unico per la semplificazione delle procedure di autorizzazione degli impianti rinnovabili.
Cosa c’è nel Testo Unico sulle rinnovabili
Il provvedimento è atteso in questi giorni in Consiglio dei Ministri e “in attuazione della delega di cui all’articolo 26, comma 4, della legge 5 agosto 2022, n. 118, definisce i regimi amministrativi per la costruzione ovvero l’esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili, per gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale degli stessi impianti, nonché per le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dei medesimi impianti”.
L’art. 5 disciplina la Digitalizzazione delle procedure amministrative e modelli unici: “I modelli unici semplificati di cui all’articolo 7, comma 5, sono resi disponibili dai gestori di rete alla piattaforma SUER, in modalità telematica [entro cinque giorni dalla relativa presentazione]”. Il corpus della norma riguarda i “regimi amministrativi”, prevedendone tre: attività libera, procedura abilitativa semplificata, autorizzazione unica. Quanto alla prima, “la realizzazione degli interventi (…) non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati e il soggetto proponente non è tenuto alla presentazione di alcuna comunicazione, certificazione, segnalazione o dichiarazione alle amministrazioni pubbliche” ma, “qualora gli interventi di cui al comma 1 insistano su aree o su immobili” vincolati (articolo 136, comma 1, lettere b e c, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo
22 gennaio 2004, n. 42), la realizzazione di questi “è consentita previo rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, che si esprime entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza di autorizzazione. Qualora l’autorità non si esprima entro il termine perentorio di cui al primo periodo, l’autorizzazione si intende rilasciata in senso favorevole e senza prescrizione e il provvedimento di diniego adottato dopo la scadenza del termine medesimo è inefficace”. Esclusi gli interventi in attività libera (comma 1) “qualora gli interventi medesimi siano realizzati in materiali della tradizione locale oppure non siano visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici”.
Quanto alla Pas, la procedura abilitativa semplificata, “il soggetto proponente presenta al comune, mediante la piattaforma Suer e secondo un modello unico” con le dichiarazioni sostitutive, di disponibilità, di compatibilità urbanistica e gli elaborati tecnici per la connessione. Inoltre, “qualora non venga notificato al soggetto proponente un espresso provvedimento di diniego entro il termine di venti giorni dalla presentazione del progetto, il titolo abilitativo si intende acquisito senza prescrizioni”. Una eccezione prevista, in caso di presentazione entro cinque giorni (dal rilascio del progetto) dal Comune di richieste di integrazione. Quindi, “decorso il termine di quarantacinque giorni dalla data di presentazione del progetto senza che l’amministrazione procedente abbia notificato al soggetto proponente la determinazione di
conclusione negativa della conferenza stessa, che equivale a provvedimento di diniego dell’approvazione del progetto, il titolo abilitativo si intende acquisito senza prescrizioni”.
Infine, l’autorizzazione unica: l’istanza (comma 2 dell’art.9) viene presentata tramite la piattaforma SUER alla Regione/Provincia delegata e al Mase. Conclusa la consultazione pubblica, “il termine di conclusione della conferenza è di centoventi giorni decorrenti dalla data della
indizione, sospeso per un massimo di sessanta giorni nel caso di progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o per un massimo di novanta giorni nel caso di progetti sottoposti a VIA”. Al termine della conferenza “la determinazione motivata favorevole di conclusione” della stessa “costituisce il provvedimento autorizzatorio unico”. Nei successivi articoli, poi, si disciplinano il coordinamento del regime concessorio e con le norme in materia di valutazioni ambientali. Dagli allegati al testo, invece, si capirà di più sui criteri da attribuire alle tre vie disegnate per la semplificazione delle autorizzazioni.
La rincorsa del Mase: sesta rata Pnrr e Pniec
Il pacchetto che sbloccherà la sesta rata del Pnrr e favorirà il nuovo Pniec, come detto, è piuttosto colmo. Ne era andata fiera anche la viceministra dell’Ambiente Vanna Gava. “L’ok all’intesa Stato – Regioni rappresenta un passo avanti concreto per l’accelerazione nelle installazioni di impianti rinnovabili”, aveva detto dopo l’intesa sulle aree idonee.” Il decreto stabilisce i criteri con cui le Regioni potranno individuare le aree idonee (e non idonee), contribuendo, così, alla produzione di rinnovabili e all’obiettivo prefissato di 80GW di potenza aggiuntiva entro il 2030″. Pieni poteri alle Regioni, con target di rinnovabili offshore aumentato dal 40 al 100%, che avranno 180 giorni per individuare le zone destinate ai parchi green, escluse quelle sotto tutela.
Ancora Gava: il decreto è “un provvedimento atteso da tempo, che si unisce ora al Testo Unico sulle rinnovabili, in Consiglio dei ministri la prossima settimana [questa, ndr], e a tutte le semplificazioni sui procedimenti che, come Mase, stiamo portando avanti”. Una volta approvato dal CdM e dal Consiglio di Stato, il testo sarà trasmesso alle competenti commissioni parlamentare per il parere. Già a fine maggio, il ministro Pichetto aveva detto in Aula che “gli obiettivi europei prefissati devono essere raggiunti secondo un oculato mix di tecnologie differenti, a cui potrà partecipare in chiave prospettica anche l’energia nucleare come fonte a emissioni zero”. Questo Testo Unico, dunque, accoglie le richieste Ue della Missione RepowerEu. Così come va incontro alle raccomandazioni europee per l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima da inviare a Bruxelles entro il 30 giugno.
Venerdì, intanto, è arrivata la firma del ministro al Fer 2 e le Aree idonee: “I provvedimenti, entrambi molto attesi – ha spiegato il Ministro – rappresentano un passaggio determinante per arrivare a un nuovo modello energetico al 2030, coerente con gli obiettivi Pniec, e con tutti gli strumenti a cui abbiamo lavorato per incentivare lo sviluppo delle rinnovabili. Andiamo avanti cosi”.
Qual è la strategia energetica italiana?
Ma nonostante le recenti accelerate sui vari dossier delle fonti pulite, i dubbi sul successo del percorso italiano verso la decarbonizzazione restano. Intervenendo alla Giornata mondiale del vento, il presidente del Gse Paolo Arrigoni ha fornito alcuni numeri: 12,3 i GW installati di rinnovabili in Italia. Bene ma “ne occorrono altri 16 da installare in 7 anni” per raggiungere gli obiettivi Ue. Anche Pichetto ha confermato l’obiettivo Pniec di 131 GW complessivi di rinnovabili al 2030. E “gran parte del contingente incentivabile, per 3,8 gigawatt, riguarda nuovi impianti offshore, mentre presto verrà avviata in due aree demaniali marittime del Mezzogiorno la sperimentazione per la cantieristica funzionale a questa filiera”. Nel 2024, secondo il ministro, si supereranno i 10 GW autorizzati e gli 8 installati. Ma secondo Simone Togni, presidente dell’Anev (Associazione nazionale energia del vento) gli “ostacoli burocratici e amministrativi ancora pongono dei limiti e dei ritardi nello sviluppo delle nuove tecnologie”. Certamente, il Testo Unico permetterà di dare risposta a queste storiche problematiche all’italiana. Intanto, altri stakeholder intervenuti alla Giornata del vento hanno espresso riserve sul decreto Fer 2 per i troppi limiti relativi all’eolico (16,5 GW).
Per non parlare delle tante divisioni create dal decreto Agricoltura dove hanno prevalso le volontà del Ministero guidato da Francesco Lollobrigida a difesa dei coltivatori: niente pannelli a terra, nonostante i dati testimonino una larghissima porzione di aree non più coltivabili che potrebbero essere destinate all’impiantistica green. Secondo Italia Solare, ad esempio, con il blocco degli impianti si registreranno perdite per circa 60 miliardi di euro. “L’obiettivo indicato dal Governo di aggiungere nuova potenza fotovoltaica per circa 50 GW al 2030 è raggiungibile e può dare ai consumatori energia a costi contenuti e stabili senza alcun danno significativo per l’agricoltura e il paesaggio”, e l’1% dei terreni agricoli non occupati è sufficiente per realizzare il 50% dei 50GW richiesti. Secondo il think tank energetico Ember, nel 2019 la capacità installata di eolico e solare era di 31.6 GW mentre al 2023 è salita di 10.5 GW. Un trend positivo ma ancora lento se si confrontano le percentuali di crescita: per Roma si registra un 33% contro una media UE del 65% di variazione dall’anno pre-pandemico. Il Mase più volte richiama al mix energetico privilegiando però biomasse, biogas e il nuovo nucleare. Che però non sarà disponibile prima del 2040. Anche il Piano Mattei per l’Africa dovrebbe stimolare nuove intese non solo sugli scambi di gas naturale ma anche di idrogeno grazie all’utilizzo delle infrastrutture via tubo. Eppure, anche in questo caso, parliamo ancora di progetti e intese preliminari senza ulteriori dettagli strategici.
Tornando agli ultimi provvedimenti, il Fer 2 appena firmato ha acceso il dibattito sulla fonte degli aiuti di Stato già “liberati” da Bruxelles: 35,5 miliardi di euro che molto probabilmente però graveranno sulle casse dei contribuenti. Anche su questo punto le spiegazioni rilasciate dal capo del Mase non hanno chiarito. Sul Pniec, invece, Massimo Milani, segretario della commissione Ambiente della Camera, ha chiesto che sia l’Ue a sovvenzionare gli interventi di efficientamento energetico. Sia edilizio che del parco veicoli. L’Italia è da mesi contro la direttiva Epbd e lo stop ai motori endotermici al 2035, ieri ha votato contro la Nature Restoration Law e con una nuova Commissione europea spera di invertire la rotta del Green Deal targato Frans Timmermans. Sottotraccia, intanto, la scorsa settimana Milani ha detto rispondendo alla mozione M5S che la consegna del Pniec può slittare perché il termine del 30 giugno non è così vincolante. Oltre a quella pentastellata sono arrivati anche i testi del Pd e della maggioranza e oggi sbarcheranno in Aula. Tanto per mettere altra pressione al Mase in questo giugno caldissimo.