ANALISI DELLA 2ª RELAZIONE ANNUALE
Piano Mattei, “da scatola vuota finalmente si sta riempiendo. Promossa l’internazionalizzazione ma manca una visione oltre la lista dei progetti”
Secondo Giulia Giordano, direttrice della strategia dell’area Mediterraneo e globale del centro studi italiano ECCO, l’aggiornamento presentato il 30 giugno scorso segnala “importanti passi avanti” per esempio sull’attenzione al tema del debito che grava sui singoli Paesi africani. “I volumi sono ancora bassi ma il segnale politico è forte, forse aiutato dalla spinta della campagna promossa per il Giubileo dal Vaticano”.
IN SINTESI
Il governo Meloni ha presentato la seconda relazione annuale del Piano Mattei, aggiornata al 30 giugno scorso. Dalla governance agli strumenti finanziari, passando per l’ampliamento dei progetti e dei soggetti coinvolti, sono tanti gli aspetti che questa strategia si porta dietro e altrettanti gli interrogativi sollevati dal mondo ambientalista, dalle imprese delle rinnovabili, dalle opposizioni politiche (ovviamente) ma anche dal mondo delle imprese delle costruzioni. Tra le accuse mosse ci sono quelle di un piano propagandistico o addirittura ispirato da un approccio neocoloniale-predatorio, di un piano poco concreto fatto di progetti riciclati peraltro senza lo stanziamento di nuovi fondi, così come di un piano poco trasparente anche sulla sua governance e a dir poco chiuso alle imprese che non siano le cosiddette ‘big’ soprattutto del settore energetico.
Progetti, internazionalità, debito: qui il Piano Mattei migliora
A poco più di un anno e mezzo dall’avvio del percorso cosa possiamo dire del Piano Mattei? Secondo l’analista Giulia Giordano del principale think tank climatico italiano ECCO, dove ricopre il ruolo di direttrice della strategia dell’area Mediterraneo e globale, “la seconda relazione annuale presenta importanti passi avanti: il Piano Mattei da scatola vuota si sta riempiendo di progetti”. Nel piano aggiornato si legge di 64 iniziative di cu 24 rivolte al settore istruzione, formazione e Cultura; altre 14 di materia energetica; 12 su acqua e infrastrutture, 10 sull’agroalimentare e 4 sulla sanità. Di tutte queste, i programmi che hanno già uno sviluppo concreto fatto di firme, bandi o altri passaggi inaugurali effettivi sono 29 mentre le iniziative ancora ad uno stadio interlocutorio, dialettico, sono 35. In ogni caso, un generale passo in avanti che prosegue.
“Un altro punto positivo che emerge dalla relazione è l’internazionalizzazione del Piano Mattei”, sostiene Giordano. “Da sola l’Italia non va da nessuna parte perché i volumi di finanza, la quantità di impegno su ogni progetto che l’Italia può mettere da sola non sono sufficienti a raccogliere tutti i bisogni di un continente grande e diversificato nelle sue esigenze da Paese a Paese come l’Africa”. Insomma, è promossa la grande sinergia diplomatica ed economica portata avanti da Meloni con l’Ue e il piano Global Gateway (già definito come la via della seta europea), così come tramite iniziative finanziarie multilaterali e internazionali “è sicuramente positivo perché è una presa di coscienza del fatto che soltanto insieme ad altri partner si può ottenere un effetto moltiplicatore, altrimenti non si va da nessuna parte”.
Il terzo tassello da ben vedere riguarda la questione del debito africano. Il 20 giugno scorso, infatti, in occasione del vertice “The Mattei Plan for Africa and the Global Gateway: A common effort with the African Continent” la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato l’avvio dei lavori “a un’iniziativa concreta per affrontare la questione del debito delle nazioni africane, tema centrale per lo sviluppo del continente che, se non affrontato adeguatamente, rischia di vanificare tutti gli altri sforzi”. nel concreto, l’obiettivo è convertire nei prossimi 10 anni l’intero ammontare del debito per le nazioni meno sviluppate, secondo i criteri della Banca Mondiale, e di abbattere del 50% quello delle nazioni a reddito meno basso. “L’intera operazione nei dieci ci permetterà di convertire in progetti di sviluppo da attuare in loco circa 235 milioni di euro di debito”, aveva spiegato la premier. Bene, secondo l’analista di ECCO questa attenzione “è tra le iniziative più importanti”. Un segnale politico molto forte per dare continuità all’impegno italiano ed europeo nel continente africano. “Non so quanto abbia probabilmente influito anche la campagna supportata dal Vaticano nell’anno del Giubileo sul problema del debito ma sicuramente è un passo in avanti su cui sarà importante capirne i dettagli”. Più in generale, poi, per Giulia Giordano “è positivo che si continui a parlare di energie rinnovabili e di accesso all’energia pulita. Anche dal punto di vista della formazione perché significa che si punta alle rinnovabili anche sul fronte lavorativo”.
Imprese, strategia e governance: qui il Piano Mattei latita
Tutto positivo, dunque? Affatto. I problemi di vaghezza, poca specificità sui singoli progetti nonché su altri punti fallaci del Piano Mattei rimangono. “Noi come ECCO abbiamo chiesto di istituire una piattaforma per il monitoraggio costante dei progetti per capire come procedono e come vengono finanziati”, ricorda Giordano a Diac. Piattaforma che ad oggi non esiste.
Se dalle opposizioni politiche è spesso emersa la critica di una strategia poco trasparente nonché di un elenco di progetti riciclati e senza nuovi fondi, nel corso delle audizioni parlamentari l’Ance aveva sollevato un altro tema quale quello del poco coinvolgimento delle imprese private. Secondo Giordano “non basta, certo, una lista dei progetti. Serve che siano efficaci ma soprattutto che diano una visione d’insieme e di lungo respiro su cosa voglia fare l’Italia in Africa”. Detto in termini militari, il Piano Mattei rimane ancora troppo tattico e poco o per nulla strategico. “L’Italia deve puntare sul fatto di essere un Paese membro G7 e G20 nonché maggiormente responsabile nell’area del Mediterraneo. Di qui, farsi portavoce di riforme strutturali per l’Africa e di indirizzare gli investimenti, i flussi privati verso obiettivi sostenibili”.
Sul problema delle imprese, invece, c’è un tema generale di accesso che riguarda le piccole e medie realtà ma anche le micro, così come anche la società civile. “Credo che serva uno sforzo di trasparenza affinché si creino processi chiari ed accessibili per tutti. Forse si potrebbe creare una struttura nuova o attingere ad altre precedenti anche per incorporare tutti i progetti, visto che ce ne sono tanti sulla cooperazione, istituzionali, che non sono inclusi”.
“Bene che sia scatola aperta ma l’Italia sia ambiziosa”
In conclusione, secondo Giulia Giordano “è positivo che la scatola del Piano Mattei rimanga aperta e in continuo aggiornamento” anche se “bisogna capire meglio i confini e soprattutto a quale visione corrisponda tutto questo. Solo così si genera replicabilità e scalabilità”. Sufficienza piena al Piano Mattei, sin qui? “No, sufficienza e basta. Come Italia dobbiamo ambire all’eccellenza facendo combaciare i nostri interessi con quelli del continente africano in termini di sicurezza climatica, Mediterraneo e clima”.