IL LABIRINTO OSCURO DELL'EDILIZIA / 28

La riforma delle autorizzazioni paesaggistiche e il rispetto dell’articolo 9 della Costituzione: un’analisi tecnico-giuridica

Il disegno di legge S 1372 “Delega al Governo per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di procedure di autorizzazione paesaggistica” si propone di apportare una serie di modifiche al codice dei beni culturali, volte a disciplinare in maniera differente il perimetro e le varie modalità di intervento delle Soprintendenze nell’ambito dei procedimenti inerenti il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche. L’impianto del Ddl è stato descritto nel mio precedente articolo che si può leggere qui. Le finalità dichiarate dall’art. 1 del Ddl sono:

  • una sensibile riduzione dei tempi amministrativi
  • una garanzia di efficacia delle iniziative degli enti locali
  • nonché dello sviluppo economico e imprenditoriale della nazione
  • rafforzamento della certezza del diritto

Si tratta, di per sé, di finalità pienamente condivisibili a un primo approccio di lettura (almeno sulla carta…). Tra gli obiettivi indicati nelle finalità della relazione di accompagnamento al DDL, emerge quello di garantire la tutela paesaggistica quale bene primario della collettività, tanto da godere di specifica tutela costituzionale, tant’è che l’articolo 9 della Costituzione prevede che “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Pertanto, ogni intervento negli ambiti di tutela paesaggistica non può esimersi dal verificare il miglior grado di tutela, considerato a tutti gli effetti una ricchezza del nostro paese Italia, oltre al fatto che tale “peculiarità” dei nostri territori può essere considerata una fonte di reddito per le nostre comunità anche al fine di arrestare lo spopolamento di tali territori, territori ricercati dalla comunità internazionale che portano a generare flussi turistici imponenti.

28 Apr 2025 di Salvatore Di Bacco

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L’articolo 9 della Costituzione e la tutela dell’Ambiente

L’articolo 9 della Costituzione italiana afferma che la Repubblica deve:

  • Promuovere la cultura, la ricerca scientifica e tecnica
  • Tutelare il paesaggio
  • Tutelare il patrimonio storico e artistico della Nazione
  • Tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi

Tale articolo rappresenta uno dei pilastri fondamentali della nostra Carta, incarnando i valori supremi della Repubblica.

Originariamente, esso recitava: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Tuttavia, con la recente riforma costituzionale del 2022, si è assistito a una rivoluzione normativa di grande importanza: la tutela dell’ambiente è stata esplicitamente inserita come valore costituzionale.

Questa modifica ha ampliato il secondo comma dell’articolo, che ora include:

“Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

L’innovazione ora riflette una maggiore consapevolezza delle sfide ambientali globali, inserendo la sostenibilità e l’ecologia nel cuore del nostro ordinamento.

L’evoluzione storico-giuridica

Sin dalla promulgazione della Costituzione, la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale è stata considerata cruciale per l’identità nazionale; tuttavia, il concetto di “ambiente” non trovava una chiara collocazione giuridica.

Fu solo con l’avanzare della giurisprudenza e con l’approvazione di normative specifiche, come la Legge 349/1986 che istituì il Ministero dell’Ambiente, che si iniziò a delineare un quadro normativo più robusto.

L’integrazione dell’ambiente nell’articolo 9 ha rappresentato un passaggio epocale, poiché sancisce un principio superiore e vincolante per tutte le attività legislative, amministrative e giudiziarie. Il legislatore, con questa riforma, ha voluto riaffermare l’importanza dell’ecologia come valore trasversale, intrinseco al benessere della collettività.

L’impatto della riforma sull’ordinamento

L’introduzione della tutela dell’ambiente nella Costituzione comporta diverse implicazioni giuridiche che tutti i legislatori dovranno tenerle in considerazione. Tra queste:

  • Preminenza Costituzionale: Qualsiasi normativa, regolamento o azione amministrativa in contrasto con i principi sanciti dall’articolo 9 potrebbe essere impugnata per incostituzionalità.
  • Obblighi per le Pubbliche Amministrazioni: Gli enti pubblici sono ora vincolati a integrare i criteri di sostenibilità ambientale nei loro processi decisionali.
  • Tutela degli Animali: Per la prima volta, la Costituzione include un riferimento esplicito alla protezione degli animali, ampliando il concetto di “ambiente” e riconoscendo la loro rilevanza etica e giuridica.

Prospettive e sfide future

Nonostante il progresso rappresentato dalla riforma, permangono diverse sfide da affrontare.

  • In primo luogo, è essenziale garantire che i principi costituzionali si traducano in azioni concrete; ciò richiede l’adozione di leggi organiche che disciplinino in dettaglio le modalità di tutela ambientale.
  • Inoltre, l’effettiva applicazione delle normative esistenti rimane un punto critico, spesso ostacolata da mancanza di risorse, inefficienze amministrative e conflitti di competenza.
  • Un ulteriore aspetto riguarda il bilanciamento tra esigenze ambientali e sviluppo economico; la transizione ecologica, sebbene indispensabile, comporta costi significativi e richiede un cambiamento culturale oltre che normativo.

Il valore del patrimonio culturale e paesaggistico per la collettività

Attraverso l’articolo 9 della Costituzione, l’intera collettività è coinvolta nella promozione e nello sviluppo del patrimonio storico, artistico, naturalistico e culturale, all’insegna di una sua tutela attiva, e rappresenta un passo fondamentale verso la costruzione di un futuro sostenibile e responsabile.

La costituzione nel citare la tutela fa esplicito riferimento al paesaggio (e quindi, per estensione, all’ambiente) e al patrimonio storico e artistico della Nazione, richiamando il ruolo dello Stato e il dovere della Repubblica di valorizzare e preservare questo patrimonio.

Questo patrimonio deve essere tutelato e, per questo, è necessario “governare” le trasformazioni dei territori, con formule “con-correnti”: ovvero di collaborazione tra lo Stato centrale e gli Enti territoriali.

Tuttavia, perché questa innovazione si traduca in un reale progresso, è necessario un impegno condiviso tra cittadini, istituzioni e imprese.

La sfida dell’ecologia non riguarda solo la salvaguardia del nostro pianeta, ma anche la protezione delle generazioni future. Il successo di questa trasformazione dipenderà dalla capacità di integrare i principi costituzionali nel tessuto sociale ed economico del Paese.

Riflessioni sulla tutela costituzionale del bene paesaggio: necessità di politiche di pianificazione territoriale

Sintetizzando le osservazioni sopra esposte, deve richiamarsi l’attenzione sulla forte esigenza di non abbassare il livello delle tutele del bene paesaggio, costituzionalmente tutelato, evitando di sottrarre alla tutela un elenco esteso di interventi, andando ad ampliare eccessivamente una casistica che era già stata notevolmente semplificata a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 31/2017.

E’ necessario:

  • Garantire alle Soprintendenze tempistiche adeguate per l’espressione dei pareri, che devono restare vincolanti, in virtu’ della specificità degli interessi tutelati.
  • Evitare una devoluzione indiscriminata agli Enti locali di poteri-doveri di valutazione che, nella maggior parte delle amministrazioni che sarebbero coinvolte, non potrebbero essere esercitati con il dovuto grado di preparazione tecnica, portando potenzialmente, oltre a rischi di abbassamento delle tutele paesaggistiche, anche a risultati (opposti alle finalità da perseguire) di “blocchi della firma” da parte di funzionari pubblici che temono le conseguenze di eventuali errori nelle scelte che verrebbero loro demandate.
  • La necessità di strumenti normativi che siano efficaci, lineari e rispondenti alle esigenze del vivere quotidiano, anche in relazione alla salvaguardia del patrimonio culturale italiano.

Quest’ultimo, la cui tutela è dovere costituzionale della Repubblica, deve essere visto come una risorsa costante nella costruzione dei nuovi scenari futuri e non come un impedimento allo sviluppo del Paese.

È per questo che la scelta di apportare delle modifiche al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio deve avvenire con un processo volto a migliorare il lavoro di tutti i protagonisti nella filiera della tutela,

  • dai professionisti che sono tutti i giorni in prima linea sui cantieri dislocati in tutto il paese,
  • alle Soprintendenze impegnate nella supervisione di tutti i procedimenti amministrativi,
  • ai funzionari regionali e comunali delegati che rilasciano i provvedimenti di autorizzazione.

Occorre, investire maggiormente sui vari strumenti di pianificazione territoriale preventiva (dal livello comunale a quello regionale) che, partendo da una chiave di lettura storica dell’evoluzione del paesaggio, arrivino a consentire progettazioni sempre più precise e meno impattanti sul patrimonio ambientale.

L’armonizzazione e l’efficientamento delle procedure amministrative deve necessariamente passare, attraverso la costruzione di un dialogo sistematico e propositivo tra:

  • le parti politiche,
  • gli enti pubblici,
  • la cittadinanza
  • i portatori di interesse,
  • amministratori
  • professionalità tecniche,
  • archeologi,
  • architetti,
  • urbanisti,
  • specialisti dell’assetto del territorio e popolazione,

al fine di costruire politiche di pianificazione efficaci che non devono andare a ledere il patrimonio culturale e paesaggistico italiano: un patrimonio che è fonte della nostra memoria collettiva di popolo e come tale va tramandato alle future generazioni.

Profili di incostituzionalità

Da una prima lettura  con riferimento all’ambito “costituzionale” del DDL 1372, emergono dei profili di incostituzionalità da attenzionare e approfondire. Quelle che seguono sono solo alcune riflessioni sul tema che gli esperti di diritto costituzionale potranno e “dovranno” valutare, al fine di evitare eventuali paralisi procedimentali non in linea con i dettati della nostra costituzione.

  1. Il silenzio-assenso è normato dalla Legge n. 241 del 1990, che all’art. 20, comma 4, il quale esclude esplicitamente l’ambito di questa proposta di legge: “Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente (…)”.
  2. Ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 1, comma 1 “In attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice.”; rendere il parere fornito dalla Soprintendenza e/o dal Ministero della Cultura e/o dai suoi organi, in forma obbligatoria ma non vincolante, andrebbe considerato come incostituzionale
  3. Poiché la maggior parte delle Regioni italiane ancora non ha completato l’iter di co-pianificazione Stato/Regioni ai sensi Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 133, attraverso adeguati Piani Paesaggistici Regionali, un’autorizzazione che sia di unica competenza degli enti locali non è attuabile, oltre ad entrare in conflitto con altri assunti presenti nel suddetto Decreto. Una via praticabile è sicuramente l’adeguamento dei Piani Paesaggistici Regionali alla normativa attuale, insieme con l’istituzione sistematica delle Commissioni locali per il paesaggio di cui all’art. 148 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per le quali è auspicabile anche l’ampliamento delle competenze autorizzative.

Le criticità nel sistema di tutela oggi

Il DDL 1372 dichiara intenzioni che nelle sue finalità non posso non essere condivisibili in premessa:

  1. semplificare procedure e burocrazie complesse;
  2. restituire al cittadino la certezza del diritto;
  3. garantire efficacia alle iniziative degli enti locali,
  4. garantire “lo sviluppo economico e imprenditoriale della Nazione”.

Sull’ultimo punto in particolare, è necessario ricordare che la stessa Costituzione, nel tutelare la libertà d’impresa, sottopone comunque la stessa al:

  • rispetto del bene comune,
  • agli interessi della collettività, nei quali si inserisce la tutela del nostro patrimonio culturale e del paesaggio.

Come recita l’art. 41 della Costituzione:

“l’attività economica, sia pubblica che privata, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o arrecare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Da più fronti ormai e con sempre maggiore vigore, i pareri e il ruolo delle Soprintendenze vengono sempre criticati e, ad oggi, le soluzioni prospettate dal legislatore sono sempre andate nella direzione di ridurre il ruolo partecipativo delle stesse.

Questa modalità di procedere non sembra però essere adeguata alle tutele di cui ho parlato abbondantemente sopra, e a mio avviso non sembra neanche essere risolutiva; anzi, rischia di generare nei cittadini, nei professionisti e soprattutto nelle amministrazioni pubbliche ancora più confusione alla luce della modifica e della puntualizzazione della validità confermativa di un silenzio assenso richiesto da tutti.

Ci si chiede: “ma siamo proprio sicuri che tutti davvero vogliono una autorizzazione paesaggistica in silenzio assenso priva delle verifiche qualificanti e legittimanti delle competenti soprintendenze? E le eventuali impugnative e ricorsi porteranno ad annullamenti di tali autorizzazioni di chi sarà la responsabilità?

L’esigenza di una organica revisione del Codice a seguito di un’attenta valutazione dei risultati

Se si intende apporre modifiche al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, a venti anni dalla sua entrata in vigore, l’unica strada percorribile è quella di avviarne una riforma organica che mantenga al centro la tutela, per rivedere e aggiornare i meccanismi utili al suo esercizio in una chiave semplificata ma efficace.

Questo lavoro deve partire da un attento esame delle criticità che si verificano nell’esercizio della tutela, casistiche alla mano, perché è giusto monitorare l’efficacia del lavoro di tutela e da questa analisi è opportuno ripartire; questo anche per chiarire gli spazi di ambiguità o i margini di arbitrio nel suo esercizio.

La tutela del paesaggio e del patrimonio storico-culturale richiede una visione strategica che superi l’ambito comunale, in quanto coinvolge valori e interessi collettivi che travalicano i confini amministrativi.

E’ necessario sostenere percorsi di semplificazione amministrativa che siano però strutturali, che rispondano all’emergenza, ma che allo stesso tempo guardino al lungo termine e che possano coniugare l’efficienza amministrativa con la salvaguardia dei valori identitari del paesaggio italiano nel rispetto dei principi sanciti dagli articoli 9 e 117 della Costituzione, garantendo al contempo una tutela effettiva del patrimonio culturale.

Nel prossimo articolo approfondiremo alcuni criticità che sono emerse nella lettura dei vari passaggi del DDL 1372, dal silenzio assenso orizzontale tra pubbliche amministrazioni, all’estensione della liberalizzazioni di alcuni interventi non più sottoposti al procedimento paesaggistico, alla costituzione di sportelli unici edilizi e al ruolo dei funzionari preposti e addetti alla filiera procedimentale paesaggistica.

 

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