IL LABIRINTO OSCURO DELL'EDILIZIA / 13

Il discrimine tra “nuova costruzione” e “ristrutturazione edilizia” nell’esame delle ordinanze del Gip di Milano

Il Ddl salva Milano/Italia, approvato dalla Camera dei Deputati il 21 novembre e in attesa del voto in Senato, rappresenta un intervento normativo di grande rilevanza per il settore edilizio e urbanistico nazionale. Negli articoli precedenti abbiamo ricostruito la storia delle indagini ed inchieste della magistratura che è intervenuta emettendo una serie di ordinanze di sospensione dei lavori con innumerevoli sequestri dei cantieri dove sono state realizzati interventi di presunta natura abusiva: https://diariodiac.it/milano-capitale-delle-costruzioni-in-italia-storia-e-cronistoria-del-caso-milano/. Al fine di fornire un quadro normativo chiaro e di certezza giuridica, che consenta di superare le ambiguità interpretative e di rilanciare lo sviluppo urbanistico della città, il Parlamento ha introdotto una serie di disposizioni con il carattere di interpretazione autentica. Ne ho parlato in quest’articolo: https://diariodiac.it/labirinti-9/. Per comprendere l’evoluzione normativa della tipologia ricostruttiva in Italia e del perché si è arrivati al DDL “salva Milano/Italia”, abbiamo ripercorso la storia delle definizioni di “ristrutturazione edilizia conservativa e ricostruttiva” in Italia:  https://diariodiac.it/il-salva-milano-e-salva-italia-evoluzione-normativa-del-concetto-di-ristrutturazione-edilizia-conservativa-e-ricostruttiva/. Ed abbiamo illustrato i motivi del perché la magistratura penale ed amministrativa sia giunta all’epilogo della vicenda Milano con l’emissione di una serie di ordinanze che hanno portato ai vari sequestri dei cantieri giudiziari: https://diariodiac.it/salva-milano-italia-il-discrimine-tra-nuova-costruzione-e-ristrutturazione-edilizia-dellarticolo-3-comma-1-lettera-d-del-tue/.

L’articolo di questa settimana, entra nel dettaglio delle motivazioni per cui i GIP di Milano hanno ritenuto emanare ordinanze di sequestro dei cantieri edili in corso di costruzione.

13 Gen 2025 di Salvatore Di Bacco

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Premesse. Violazione art. 44 comma 1 lettera b) DPR 380/2001

Tra le violazioni di legge indicate nei vari procedimenti giudiziari sulle indagini a Milano emerge in modo perentorio la violazione dell’art. 3 comma 1 lettera d) del DPR 380/2001 “in quanto l’opera è stata qualificata e autorizzata come RISTRUTTURAZIONE mediante demolizione integrale di immobili esistenti e ricostruzione fuori sagoma e sedime, anziché essere integralmente qualificato come NUOVA COSTRUZIONE ai sensi dell’art. 3 comma 1 lettera e) del DPR 380/2001, comportante la demolizione totale degli edifici preesistenti e la costruzione di organismi edilizi radicalmente privi di qualsivoglia minimo legame funzionale e/o strutturale con quelli preesistenti e demoliti soggetta al regime edilizio del Permesso di costruire ex art. 10 DPR 380/2001 non sostituibile da Scia…”

A Milano in tutte le procedure di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche è stata utilizzata la segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) in alternativa al permesso di costruire di cui all’art. 23 del D.P.R. 380/2001.

Tutto ciò risulta ammissibile secondo i funzionari del SUE del Comune di Milano in forza di una determina dirigenziale del 31 maggio 2018. Tale determina, ha previsto che l’articolo 33 del Regolamento Edilizio, nel momento in cui disciplina la modalità diretta convenzionata, fa comprendere anche la Scia con atto unilaterale d’obbligo in alternativa al permesso di costruire.

Secondo suddetta Determina dirigenziale, la SCIA con atto unilaterale d’obbligo in alternativa al permesso di costruire è consentita per le seguenti fattispecie procedurali derivanti dall’attuazione del Piano di Governo del Territorio (PgT) e del vigente regolamento edilizio:

  • Utilizzo dei diritti edificatori perequativi già certificati nella composizione dell’indice urbanistico UT
  • Regolamentazione di previsioni planivolumetriche e tipologiche definite dalle norme di attuazione del piano delle regole anche attraverso il parere della Commissione per il paesaggio
  • Ampliamento di servizi di interesse pubblico e generale esistenti su aree ed immobili già conformati nel Piano dei Servizi
  • Realizzazione di opere di urbanizzazione primaria strettamente funzionali ai fini dell’agibilità dell’intervento e cessione delle aree interessate da tali opere

L’imputazione “provvisoria” che viene ipotizzata dai giudici è relativa alla fattispecie di cui all’art. 44 lettera b) del DPR 380/2001, per aver eseguito lavori in assenza di permesso, in quanto è stato fatto (sempre a parere del gip) un illegittimo ricorso alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), non ricorrendo nelle varie fattispecie nessuno dei casi in cui il testo unico dell’edilizia consente il ricorso all’istituto della scia.

Il decreto legislativo n. 222 del 2016 introduce il nuovo art. 23 comma 1 al DPR 380/2001, istituendo un nuovo titolo edilizio costituito dalla segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire.

Tale nuovo titolo abilitativo viene utilizzato per la realizzazione di tre tipologie di intervento:

  1. a) gli interventi di ristrutturazione di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c), ed in particolare gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e, inoltre, gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, situati nelle medesime aree, in entrambi i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria.
  2. b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti; qualora i piani attuativi risultino approvati anteriormente all’entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, il relativo atto di ricognizione deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; in mancanza si prescinde dall’atto di ricognizione, purché il progetto di costruzione venga accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale venga asseverata l’esistenza di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate;
  3. c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

Inoltre, la norma stessa precisa che: “Le regioni possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all’incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire. “

In attuazione di tale previsione la Regione Lombardia con L.R. n. 20/2020 ha introdotto al comma 1 dell’art. 33 della legge regionale n. 12/2005 la seguente lettera d) :

  1. d) segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) in alternativa al permesso di costruire, di cui all’articolo 42, nei casi di cui all’articolo 23, comma 01, del d.p.r. 380/2001, nonché per gli interventi di ampliamento e per gli interventi in deroga agli strumenti di pianificazione, ai fini della rigenerazione urbana, di cui agli articoli 40-bis e 40-ter; per gli interventi in deroga, di cui agli articoli 40-bis e 40-er, l’efficacia della SCIA di cui alla presente lettera è condizionata alla deliberazione del consiglio comunale prevista dall’articolo 40, in caso di deroga alle previsioni del PGT, e dall’articolo 40-ter, comma 3;

Sulla non qualificazione dell’opera quale ristrutturazione edilizia. Art. 23 comma 1 lettera a) DPR 380/2001

Secondo i giudici della Procura di Milano alcune di queste opere realizzate non rientrerebbero nel novero degli interventi di ristrutturazione di cui all’art. 10 comma 1 lettera c) del TUE, per i quali l’art. 23 comma 1 lettera a) consente la Scia in alternativa al permesso di costruire.

Si rammenta che la nozione di ristrutturazione edilizia introdotta inizialmente con l’art. 31, lettera d) della L. 457/1978, e da ultimo tradottasi nelle previsioni di cui all’art. 3 comma 1 lettera d), è stata interessata da progressivi interventi legislativi, che hanno ampliato la stessa norma anche notevolmente. Vedasi gli articoli precedenti per un approfondimento:

https://diariodiac.it/il-salva-milano-e-salva-italia-evoluzione-normativa-del-concetto-di-ristrutturazione-edilizia-conservativa-e-ricostruttiva/

https://diariodiac.it/salva-milano-italia-il-discrimine-tra-nuova-costruzione-e-ristrutturazione-edilizia-dellarticolo-3-comma-1-lettera-d-del-tue/

Di recente con il D.L. 76/2020 convertito in legge 120/2020, il D.L. 17/2022 convertito in legge 34/2022 e il D.L. 50/2022 convertito in legge 91/2022, è stato novellato in maniera definitiva l’art. 3 comma 1 lettera d) terzo e quarto periodo nei seguenti termini:

“Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 14444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”

La giurisprudenza di legittimità ha da sempre affermato ed ha da ultimo ribadito anche sotto la vigenza delle modifiche normative che hanno portato ad un ampliamento della nozione di ristrutturazione edilizia, che: “nell’ambito di operatività della nozione attuale di ristrutturazione (con esclusione degli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D. Lgs. 42/2004, nonché quelli ubicati nelle zone A) permane comunque la ratio qualificante l’intervento edilizio, che postulando la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, è comunque finalizzata al recupero del medesimo, pur con le ammesse modifiche di esso”

Si tratta di un indirizzo più volte sottolineato negli anni, oltre che dalla dottrina, anche dalla giurisprudenza, evidenziando che la “ristrutturazione edilizia, quale intervento sul preesistente, non può fare a meno di una certa continuità con l’edificato pregresso.

La ristrutturazione, per definizione semantica, non può mai prescindere dalla finalità di recupero del singolo immobile che ne costituisce l’oggetto. E proprio in tale quadro si è più volte sottolineata la necessità di una interpretazione della definizione dell’intervento di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d) dell’art. 3 comma 1, che sia aderente alla (e non tradisca) finalità di conservazione del patrimonio edilizio esistente, finalità che contraddistingue tale intervento rispetto a quelli di “nuova costruzione” e che non si presti all’elusione degli standard urbanistici vigenti al momento della riedificazione ed applicabili in caso di nuova costruzione”.

Sulla non riconducibilità dell’opera all’ipotesi di ricorrere alla Scia alternativa al PDC quando gli interventi di nuova costruzione siano in diretta esecuzione di strumenti generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche. Art. 23 comma 1 lettera c) DPR 380/2001

Secondo i giudici del Consiglio di Stato con sentenza n. 3263 del 2010: “Per precise disposizioni planivolumetriche si intende la definizione esatta in sagoma degli edifici realizzabili e posizionamento degli stessi rispetto ai limiti delle opere di urbanizzazione primaria, dei confini di zona e di proprietà, tipologiche (pianta tipo), formali (caratteristiche architettoniche e prospetti, materiali, manto di copertura, etc.) e costruttive”.

Mentre in alcuni dei progetti presentati al comune di Milano (secondo gli inquirenti) sembra manchino le indicazioni circa l’esatta giacitura planimetrica dei fabbricati, le peculiari scelte dimensionali in termini di volumetrie e altezze, gli allineamenti, le distanze dalle strade e dai confini di proprietà, la dislocazione planimetrica delle strutture e delle dotazioni di servizio (accessi, parcheggi, verde pubblico e privato, ecc.). Il PgT, si limita a regolamentare sul punto non con riguardo al comparto edificatorio, bensì all’intera zona omogenea nella quale esso ricade (Ambiti di rinnovamento urbano) ed indicando i parametri e gli indici edilizi ed urbanistici da osservarsi in generale nella progettazione degli interventi edificatori.

Quindi l’assenza della disciplina urbanistica dettata dal Pgt, degli elementi che possono costituire disposizioni plano-volumetriche ha portato i giudici ad evidenziare l’impossibilità di utilizzare il procedimento della Scia alternativa al PDC previsto dall’art. 23 comma 1 lettera c) del TUE.

Conclusioni

Il DDL 1987 prova a dare una interpretazione autentica dell’art. 3 comma 1 lettera d), non proprio rispondente a quanto affermato dalla giurisprudenza e dalla dottrina di questi ultimi anni, perimetrando  l’intervento di demoricostruzione all’interno del medesimo lotto ma aggiungendo la possibilità di definire la ristrutturazione anche con la ricostruzione di organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari, purché rispettino le:

  • procedure abilitative
  • e il vincolo volumetrico previsti dalla legislazione regionale o dagli strumenti urbanistici comunali.

Anche in questo caso resta fermo il rispetto dei parametri di adeguatezza delle dotazioni territoriali e dei parametri urbanistici sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali.

Dopo aver illustrato, le motivazioni che hanno portato i gip del tribunale di Milano a delineare il “discrimine” tra ristrutturazione e nuova costruzione e dell’utilizzo improprio della scia,  nel prossimo articolo analizzerò le motivazioni “tecnico/giuridiche” della necessità o meno dei piani attuativi per quegli edifici che superano i parametri stabiliti dall’art. 41 quinquies comma 6 della legge 17 agosto 1942, n.1150 e che anche in questo caso il ddl 1987 ha interpretato a distanza di 72 anni dalla sua emazione…

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