DENTRO IL CERCHIO - La Voce dei Geometri / 18
Le prospettive del settore edile in Italia: una fotografia del patrimonio edilizio residenziale
Il patrimonio edilizio italiano, tra i più datati d’Europa, rappresenta una sfida cruciale per il futuro del Paese. Le sue condizioni conservative, spesso non ottimali, rendono complesso l’allineamento agli obiettivi di efficienza energetica e sostenibilità richiesti a livello europeo. Si tratta però anche di un’opportunità importante: il settore dell’edilizia ha già dimostrato in passato di saper affrontare sfide complesse, e oggi è chiamato a guidare una trasformazione che non può più essere rimandata.
IN SINTESI
Analizzando i dati aggiornati al 2023, emerge che il patrimonio edilizio italiano si compone di circa 14,8 milioni di edifici. Di questi, l’83,6%, ovvero circa 12,4 milioni edifici, ha una destinazione residenziale e solo l’11,3% è non residenziale. Un altro dato rilevante è che il 5,1% del totale, vale a dire circa 750.000 edifici, risulta inutilizzato.
La distribuzione geografica mostra poi che il Sud e le Isole hanno la quota maggiore di edifici inutilizzati, superando anche il 7% del totale del patrimonio. Pur tuttavia, disaggregando detto dato a livello regionale, emerge che è la Valle d’Aosta con oltre il 12%, la regione con il maggior numero di edifici inutilizzati seguita da Abruzzo e Calabria (entrambe sopra il 9%).
La vetustà del Patrimonio: un fattore di criticità
L’epoca di costruzione si rivela tra i principali indicatori dello stato di efficienza energetica degli edifici. L’analisi del patrimonio residenziale evidenzia per l’Italia una considerevole generale vetustà: oltre il 73% degli edifici, pari a circa 9 milioni di unità, risulta costruito prima del 1980.
Questo significa che la stragrande maggioranza del patrimonio è stata realizzata in assenza di normative specifiche in materia di efficienza energetica. La Liguria è la regione che presenta il dato più elevato in termini di vetustà, con l’85% del suo patrimonio residenziale costruito prima degli anni ottanta. Al contrario, gli edifici più recenti, quelli costruiti dopo il 2000, costituiscono appena l’8,5% del patrimonio edilizio complessivo nazionale, concentrato principalmente in Sardegna (11,4%) e nel Nord Est. Se al dato degli edifici costruiti ante 1980, si aggiungono anche le costruzioni realizzate a tutto il 2000, si arriva ad un impressionante 88,5% del totale, pari a circa 31 milioni di abitazioni, di cui 22,7 milioni sono stabilmente occupate.
Le Prestazioni Energetiche: un allarme
Strettamente correlato all’epoca di costruzione dell’immobile, è il conseguente consumo energetico. Incrociando i dati del patrimonio immobiliare con le Attestazioni di Prestazione Energetica (APE) disponibili, raccolte da ENEA dal 2015 al 2024 (riferite a circa il 16% del patrimonio residenziale totale), emerge un quadro allarmante: il 52% delle abitazioni italiane rientra nelle classi energetiche più basse, F e G, che sono considerate a bassa o scarsa prestazione energetica. Questa incidenza sale poi al 68% se si include anche la classe E. In termini assoluti, si stimano circa 18,5 milioni di abitazioni nelle classi F e G.
Per meglio comprendere le proporzioni, si può ritenere che le abitazioni in classe G, (le più energivore), possano arrivare a consumare in media 293,5 kWh/mq all’anno, a fronte di meno di 30 KWh/mq per le abitazioni in classe A: in pratica un appartamento in Classe G necessita energia quanto 10 alloggi in Classe A che però rappresentano solo l’11,7% del totale! L’analisi per epoca di costruzione conferma che la classe energetica è direttamente correlata all’età dell’edificio. Il patrimonio costruito prima del 1991 è “fortemente energivoro”. Le stime indicano infatti che circa 3 milioni di abitazioni storiche (ante 1946) sono in classe G, mentre 7 milioni di abitazioni costruite tra il 1946 e il 1991 rientrano nelle classi F e G. Solo il patrimonio costruito dopo il 2015 rispetta standard più elevati, ricadendo in classe A1-A4: dato certamente importante ma relativamente poco influente, atteso che, come anzidetto, le nuove edificazioni, realizzate dopo il 2015 sono percentualmente troppo poche rispetto al patrimonio edilizio nazionale.
La Sfida
Un altro aspetto cruciale che influisce sulla complessità realizzativa dei possibili interventi di ristrutturazione e riqualificazione energetica riguarda principalmente la tipologia degli stessi edifici residenziali. Se infatti le abitazioni monofamiliari, che rappresentano il 55,6% del totale degli edifici residenziali, presentano complessità decisionali minori, in quanto la scelta di intervenire spetta ad una singola famiglia, la situazione si complica sensibilmente per i condomini. I “condomini non strutturati” (da 2 a 8 unità abitative), che arrivano a costituire quasi il 40% del patrimonio residenziale, presentano un alto livello di complessità, poiché richiedono l’accordo di più famiglie, spesso senza la guida di un amministratore. Complessità che cresce indubbiamente nei “condomini strutturati” vale a dire quelli con 9 o più unità abitative, per via del sempre maggiore numero di soggetti coinvolti chiamati ad esprimersi sulla possibile esecuzione di un intervento o meno. Certamente la presenza obbligatoria di un amministratore può contribuire a facilitare il processo decisionale, come dimostrato dalla recente esperienza del Superbonus 110%. Aspetto certamente non trascurabile.
Investimenti, Costi e Vantaggi
Procedere al recupero energetico di un così importante patrimonio edilizio, implica indubbiamente costi certamente significativi. Prendendo come elemento di riferimento propriamente le dichiarazioni ufficiali inoltrate ad ENEA, si è in grado di individuare una possibile stima dei costi medi degli interventi di riqualificazione energetica, rilevando che per singola abitazione, gli stessi si attestano a circa 24.600 euro nei condomini mentre salgono a poco meno di 41.000 euro per le abitazioni unifamiliari. Ovviamente i costi medi, risentono – con variazioni anche importanti – fortemente della zona climatica in cui si trova l’unità immobiliare, oltre al fatto che i costi conseguenti ad interventi di efficientamento energetico realizzati sulla spinta del Superbonus, per molteplici motivazioni (guerre, crisi energetiche ecc.) sono risultati estremamente variabili, con i Prezzari Regionali di riferimento che straordinariamente venivano aggiornati anche due volte nello stesso anno di riferimento: evento che in questi ultimi anni non è più accaduto, segno di un progressivo ritorno a condizioni di normalità del mercato dell’edilizia.
A livello unitario, si può ritenere che, in presenza di un quadro normativo chiaro e stabile, ed in presenza di congrui tempi realizzativi, i costi stimati per un intervento finalizzato al solo efficientamento energetico, possano approssimativamente aggirarsi tra i 250 €/mq ed i 410 €/mq circa, indubbiamente un importo importante ma che, con i dovuti strumenti, può risultare sostenibile. Inoltre è da evidenziare come, aldilà degli indispensabili investimenti iniziali, gli interventi di efficientamento offrano un immediato vantaggio significativo: dal momento della loro realizzazione, si concretizzano fin da subito rilevanti risparmi nei consumi con conseguente riduzione delle bollette energetiche (in percentuale variabile in funzione alla zona climatica di appartenenza dell’immobile) che si traduce in un immediato ritorno economico per il soggetto promotore l’intervento.
In conclusione, assodato che il patrimonio immobiliare italiano sia in larga parte datato e a bassa efficienza energetica, le potenzialità per una importante trasformazione verso una concreta transizione ecologica del Paese, appaiono certe e reali. La sfida sarà quindi nel riuscire a mettere a sistema un processo tale da consentire il superamento sia delle inevitabili esigenze finanziarie legate alla realizzazione degli interventi edili, che delle possibili barriere “non economiche”, strettamente correlate alla complessità decisionale nei condomini, ed alla effettiva regolarità edilizia degli edifici che, come purtroppo ben noto al mondo dei tecnici professionisti del settore edile, rappresenta una realtà molto diffusa. Questi sono aspetti fondamentali per avviare “il motore” della auspicata trasformazione Green e rappresentano un elemento centrale con cui ciascun Stato membro e l’Italia in particolare, si dovrà confrontare nei prossimi tempi: determinante risulterà la capacità di individuare, in funzione delle effettive criticità, gli strumenti necessari e le misure di reale semplificazione che efficacemente potranno consentire il superamento dei possibili ostacoli ed il concreto avvio dell’importante e non più procrastinabile processo di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente.