EMENDAMENTO DI FORZA ITALIA

Nel Dl Ambiente rispunta l’in house idrico con il 20% a privati. Un mostro giuridico. Interessa il Piemonte, per l’AQP variante con enti locali

Torna nel decreto legge Ambiente, dopo lo stralcio in extremis fatto nell’approvazione in Consiglio dei ministri, la norma che prevede società in house con partecipazione di capitale privato entro il limite del 20%. Il mostro giuridico ricompare ora in un emendamento presentato da Forza Italia che, secondo alcune voci, troverebbe applicazioni in alcune delle gestioni idriche del Piemonte, Regione di origine del ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin. Diversa l’applicazione per l’Acquedotto pugliese che utilizzerebbe il 20% del capitale per far entrare i comuni nella società. Gli altri emendamenti al Dl Ambiente.

02 Dic 2024 di Mauro Giansante e Giorgio Santilli

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Nel Dl Ambiente rispunta l’in house idrico con il 20% a privati. Un mostro giuridico. Interessa il Piemonte, per l’AQP variante con enti locali

Torna nel decreto legge Ambiente il mostro giuridico dell’in house idrico con il 20% del capitale in mano ai privati. Già bloccato durante l’esame in Cdm del decreto, il ministro Pichetto Fratin ci riprova stavolta con un emendamento presentato dal suo gruppo parlamentare di Forza Italia che ha superato il primo passaggio dell’ammissibilità. Tra le prime possibili applicazioni della norma ci sarebbero alcune società della gestione idrica del Piemonte, regione di origine del ministro.

Aldilà della ricerca degli ispiratori e dei casi di applicazione concreti già individuati, certamente la norma costituirebbe una possibile opzione per i nuovi in house, fra cui il più importante è certamente quello dell’Acquedotto pugliese. La Regione smentisce seccamente, però, che vi sia la benché minima intenzione di aprire ai privati e quel 20% sarebbe semmai destinato ai comuni. Bisognerà poi capire se altri soggetti come l’Acquedotto lucano o Abbanoa possano essere interessate ad aprire ai privati (o viceversa).

Negli ultimi trent’anni le formule con cui si è utilizzato l’in house per aggirare le ordinarie regole di mercato sono state infinite, con varianti e controvarianti. Va ricordato che l’Unione europea, nonostante l’atteggiamento fortemente pro-concorrenza, non ha mai contestato la possibilità per le amministrazioni pubbliche di dotarsi di un braccio operativo in forma societaria. Ma ha posto paletti molto netti, invece, per limitare le condizioni alle quali l’in house è considerato legittimo: capitale al 100% nelle mani pubbliche; affidamento in favore di soggetti che, sebbene giuridicamente distinti dall’amministrazione affidante, costituiscano elementi del sistema che a tale amministrazione fanno capo, essendo soggetti a controllo analogo; attività prevalente della società in house svolta in favore dell’amministrazione che la controlla.

Nella nuova proposta vengono pure fissati dei paletti che sono però diversi da quelli previsti dalla giurisprudenza comunitaria: le società in house dovranno essere “partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale” e avere “come oggetto sociale esclusivo la gestione del servizio idrico integrato”. Il socio privato dovrà essere selezionato mediante procedure di evidenza pubblica e non dovrà avere alcun potere di veto o influenza determinante sulla società.

Gli altri emendamenti al Dl Ambiente

Si torna in Commissione VIII per proseguire l’esame del Senato al decreto legge, oggi scade l’ultimatum per i subemendamenti. Il Dl Ambiente entra nel vivo: secondo quanto noto al nostro giornale, giovedì si punta a far sbarcare il testo in Aula alla Camera con questione di fiducia e per questo domani si potrebbero già iniziare a votare gli emendamenti che hanno superato la grande scrematura. 92 del primo fascicolo da oltre 500 sono stati, infatti, dichiarati inammissibili mentre le ultime proposte aggiunte dalla maggioranza (a firma dei relatori) riguardano da un lato le autorizzazioni degli impianti Fer interconnessi all’infrastruttura ferroviaria e dall’altro il tema degli imballaggi con una equa ripartizione dei costi tra Conai e sistemi autonomi. Per quanto riguarda il primo caso, si prevede che gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, direttamente interconnessi alle infrastrutture di alimentazione della trazione ferroviaria, rientreranno tra le infrastrutture di supporto alle infrastrutture ferroviarie per la cui realizzazione si applicheranno le disposizioni di semplificazione in materia di affidamento dei contratti pubblici Pnrr e Pnc. Di conseguenza, per tali interventi non troveranno applicazione le disposizioni in materia di autorizzazioni e procedure amministrative per le rinnovabili.

Un’altra proposta stoppata giovedì scorso, invece, è quella di Forza Italia sulla possibilità di stipulare accordi ad hoc per l’incenerimento e stoccaggio dei rifiuti radioattivi all’estero. La proposta chiedeva, per “garantire il trattamento dei rifiuti radioattivi secondo criteri di sicurezza ed economicità”, che il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Sogin e i soggetti gestori dei singoli depositi di rifiuti radioattivi, sentito l’Isin, potessero stipulare un Accordo di acquisto di capacità produttiva (AA- CP) con impianti di trattamento termico di rifiuti radioattivi situati all’estero, “per il trattamento dei rifiuti giacenti e di futura produzione, sia istituzionali che derivanti da attività non energetiche”.

Salva, invece, la proposta di Fi che inserisce tra i progetti prioritari in sede di valutazione ambientale anche i nuovi impianti di accumulo idroelettrico mediante pompaggio puro che prevedono, anche attraverso il ripristino delle condizioni di normale esercizio degli invasi esistenti, l’incremento dei volumi di acqua immagazzinabili.

Il lavoro già accelerato sulle valutazioni ambientali

Il decreto, per ricordare, è già operativo da ottobre e punta a velocizzare le procedure autorizzative agli impianti. Un obiettivo già riscontrabile dal mese scorso, come raccontato qui da Diario Diac su quanto fatto dalla Commissione Via Pnrr-Pniec presieduta da Massimiliano Atelli, con 75 pareri in più di quelli emessi in tutto il 2023 e parecchie valutazioni negative grazie alla lista dei progetti prioritari: idrogeno verde, eolico e solare (anche agrivoltaico) onshore con un minimo di potenza nominale di 70 Mw e 50 Mw.

Un ultimo aggiornamento sul lavoro svolto lo ha fornito la scorsa settimana in una nota lo stesso Atelli: “Quest’anno, la Commissione Via Pnrr-Pniec del Mase, benché a ranghi ancora incompleti, ha già emesso oltre il 200% dei pareri degli anni scorsi, per una potenza equivalente di oltre 16 Gw. E nelle restanti settimane dell’anno arriveremo anche oltre, intorno al 300%”.

Ma mancano i fondi per la Commissione Pnrr-Pniec

Nella stessa nota, però, Atelli ha dato conto di un problema non da poco per l’operato della Commissione: “La transizione energetica non si può fare con l’apparenza del previsto finanziamento con le tariffe versate dalle imprese proponenti, e la realtà, invece, di un finanziamento a carico degli stessi componenti della Commissione ministeriale. Essenziale, in questo, anche dare un senso ai 40 milioni di euro versati, nel corso del 2023, dalle imprese proponenti. Noi non li abbiamo visti, al Mase non sono mai arrivati”. Infine: “Auspico fortemente che l’occasione del decreto legge attualmente all’esame del Senato offra l’opportunità, al Governo e al Parlamento, di trovare una soluzione più avanzata che offra certezze alle imprese che versano e ai commissari che lavorano”.

 

 

 

 

 

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