Il controllo semplificato del possesso dei requisiti per i sotto-soglia non è variato nel correttivo ma le Stazioni appaltanti continuano ad applicarlo con errori
Lasciato intatto dal correttivo di cui al Decreto legislativo n. 209/2024, a dimostrazione evidente della esaustività e della chiarezza della previsione, l’articolo 52 del Codice, disciplinante una forma di controllo semplificato del possesso dei requisiti per il sotto-soglia, non è tuttavia esente da errate applicazioni da parte delle Stazioni Appaltanti.
Vediamo, allora, cosa consente esattamente la norma ed a quali condizioni.
Cosa prescrive l’articolo 52 del Codice?
L’articolo 52 del Decreto Legislativo n. 36 del 2023 introduce una deroga al regime generale di verifica dei requisiti per l’affidamento di contratti pubblici. E’, infatti, contenuto nella Parte I del Libro II (articoli 48 – 55) del Codice, dedicata ai contratti di importo inferiore alle soglie europee, ai quali il Legislatore ha riservato una disciplina specifica e derogatoria di quella ordinaria (articolo 48, comma 9).
In particolare, per le procedure di affidamento di cui all’articolo 50, comma 1, lettere a) e b) (ossia gli affidamenti diretti), di importo inferiore a € 40.000,00, la norma consente:
- agli operatori economici di attestare il possesso dei requisiti di partecipazione e di qualificazione richiesti con una semplice dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, per la quale si può pensare di utilizzare lo stesso DGUE;
- alle stazioni appaltanti di scegliere se:
- effettuare la ordinaria verifica puntuale per ogni affidatario di quanto auto-dichiarato, attraverso il FVOE 2.0 dell’ANAC;
- in luogo di un controllo a carico di tutti gli affidatari, verificare le dichiarazioni solo tramite sorteggio di un campione individuato con modalità predeterminate ogni anno.
La semplificazione operativa della norma, quindi, riguarda non solo gli operatori economici (onerati solo di autodichiarare il possesso dei requisiti necessari, senza dover autorizzare il Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico e produrvi i documenti di competenza a comprova delle proprie autodichiarazioni), ma anche le stazioni appaltanti, alleggerite di un obbligo, potendo ricondurlo solo a casi-campione.
Perché solo per gli affidamenti inferiori a € 40.000?
L’importo di 40mila euro corrisponde alla vecchia soglia prevista dal Codice previgente (articolo 36) per l’affidamento diretto c.d. puro, ossia senza previa consultazione di più operatori economici. Si tratta, quindi, di quegli affidamenti di valore limitato, che richiedono e giustificano una disciplina più snella e rapida, fondandosi su una valutazione di proporzionalità tra il valore dell’appalto e l’onere amministrativo connesso al compimento delle operazioni di verifica. In altre parole, per appalti di importo contenuto, il Legislatore ha ritenuto che il rischio di un’errata autodichiarazione sia inferiore e che, pertanto, sia sufficiente affidarsi alla buona fede dell’operatore economico anche secondo il principio della fiducia, sancito all’articolo 2 del Codice.
Qual è la ratio della previsione derogatoria dunque?
E’ evidente a questo punto che la ratio di questa previsione derogatoria è duplice:
- semplificazione delle procedure, ossia riduzione degli adempimenti e degli obblighi a carico delle stazioni appaltanti e degli operatori economici per gli affidamenti di minor valore;
- accelerazione dei tempi con affidamenti più rapidi a beneficio di tutti i soggetti coinvolti, nel rispetto del principio del risultato di cui all’articolo 1 del Codice.
All’interno, quindi, degli affidamenti diretti che, già di per sé, godono di un iter più snello e semplificato derivante dal loro non essere procedure di gara affidate alla discrezionalità della stazione appaltante (v. articolo 3, comma 1, lett. d), dell’Allegato I.1), si viene a creare un’ulteriore fetta di appalti di importo non significativo, destinatari di un’ulteriore semplificazione.
A quali condizioni è subordinata?
La previsione contenuta nell’articolo 52, contrariamente a quanto da molti ritenuto, non contiene una deroga auto-applicativa. Ossia, il solo fatto di consentire alle stazioni appaltanti di procedere alle verifiche solo su campione, non ne legittima automaticamente la deroga alla verifica puntuale, ma richiede l’adozione da parte di queste di un regolamento interno o comunque di un atto (per esempio, una circolare), che indichi quelle “modalità predeterminate ogni anno” richieste dalla norma medesima, ossia il “quando” ed il “come” della verifica su campione.
Ciò chiaramente per assicurare la trasparenza dell’operato della stazione appaltante, che garantisce a sua volta la correttezza e l’imparzialità di un’attività che deroga alla regola generale.
Quindi, laddove non vi sia tale predeterminazione (che la norma vuole per “ogni anno”), è evidente che la stazione appaltante non possa sottrarsi alla verifica puntuale del possesso dei requisiti autodichiarati da ogni affidatario.
Quali sono le conseguenze in caso di mancato riscontro del possesso dei requisiti autodichiarati?
Dal momento che la verifica su campione avviene evidentemente ad affidamento già concluso, le conseguenze che la norma fa derivare dall’eventuale mancato riscontro dell’effettivo possesso dei requisiti autodichiarati ai fini dell’affidamento stesso sono di tipo sanzionatorio e cioè:
- risoluzione del contratto (la norma dimentica però gli affidamenti con prestazione ad esecuzione immediata);
- escussione della eventuale garanzia definitiva (che ricordiamo, laddove richiesta, è sempre pari al 5% dell’importo contrattuale);
- segnalazione all’ANAC;
- sospensione dell’operatore economico dalla partecipazione alle procedure di affidamento indette dalla medesima stazione appaltante per un periodo da 1 a 12 mesi decorrenti dall’adozione del provvedimento (di risoluzione o, in mancanza – in caso di contratto già eseguito-, dall’esito negativo delle verifiche effettuate).
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