IL LABIRINTO OSCURO DELL'EDILIZIA / 44

Urbanistica italiana al bivio: la sentenza del Consiglio di Stato e l’obbligo dei piani attuativi tra “caso Milano” e riforma necessaria

Il presente articolo analizza le recenti e concordanti posizioni giurisprudenziali della Corte di Cassazione Penale (Sentenza n. 26620 del 21 luglio 2025) e del Consiglio di Stato (Sentenza n. 3809 del 5 maggio 2025) in merito all’interpretazione e applicazione dell’Art. 41- quinquies, comma 6 (ora comma 1), della Legge Urbanistica n. 1150/1942. Entrambe le sentenze ribadiscono la natura fondamentale di tale norma e la sua imprescindibilità per la corretta pianificazione e trasformazione del territorio, specialmente in presenza di interventi edilizi di significativa entità.

15 Set 2025 di Salvatore Di Bacco

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L’Art. 41-quinquies, comma 6 (L. 1150/42) stabilisce che: “Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25, non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa.” Questo principio è rafforzato dall’Art. 13 della stessa L. 1150/42, che prevede l’attuazione del Piano Regolatore Generale (PRG) attraverso piani particolareggiati di esecuzione. La sentenza del Consiglio di Stato riafferma l’obbligo del piano attuativo per nuove costruzioni, specialmente quando superano determinate volumetrie o altezze, anche in aree già parzialmente urbanizzate contrastando l’idea che la sola disponibilità di infrastrutture o la preesistente edificazione possano esonerare dalla necessità di tale pianificazione. Si sottolinea, inoltre l’importanza della pianificazione urbanistica preventiva e sistemica per garantire uno sviluppo territoriale coerente e sostenibile, evidenziando un conflitto interpretativo giurisprudenziale, e sollecitando di conseguenza una riforma della normativa urbanistica italiana, considerata datata.

2. Necessita di una riforma organica

L’urbanistica italiana si trova, ancora una volta, al centro di un acceso dibattito giuridico e politico, con la giurisprudenza chiamata a dirimere questioni annose che evidenziano l’obsolescenza di alcune normative fondamentali. Al cuore di questo confronto vi è l’Articolo 41-quinquies della Legge 1150/42, una disposizione che continua a generare interpretazioni divergenti e contenzioso, come dimostrato dai recenti pronunciamenti della Cassazione Penale e, in ultimo, del Consiglio di Stato. Questo articolo esplora il ruolo cruciale dei piani attuativi e la tensione tra il rigore formale della legge e la realtà della trasformazione urbana, sottolineando l’urgenza di una riforma organica.

3. Il cuore della questione

L’Articolo 41- quinquies e la Pianificazione Attuativa L’Articolo 41-quinquies, comma 6 (attualmente comma 1), della Legge urbanistica n. 1150/42, rappresenta una pietra angolare della pianificazione urbanistica italiana. Esso stabilisce che nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui sono consentite costruzioni con volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero altezze superiori a metri 25, non possono essere realizzati edifici che superino detti limiti senza la previa approvazione di un apposito piano particolareggiato o di una lottizzazione convenzionata. Tali strumenti devono estendersi all’intera zona e contenere la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti. La giurisprudenza ha costantemente riaffermato la natura fondamentale e non di dettaglio di questa disposizione. Non si tratta di una norma transitoria o superabile con interpretazioni locali, ma di una previsione riconnessa al generale principio della pianificazione affidato allo Stato. La sua ragione d’essere è la garanzia di un ordinato sviluppo del territorio, prevenendo la compromissione della potestà di scelta urbanistica degli enti locali e la creazione di agglomerati privi delle necessarie infrastrutture primarie e secondarie. Essa esprime l’esigenza di una “visione integrata di una determinata porzione di territorio”, funzionale all’ordinato sviluppo.

4. Il “Caso Milano”

La Cassazione e la Necessità Ineludibile Il dibattito sull’applicabilità dell’Articolo 41-quinquies ha trovato un’eco significativa nel cosiddetto “Caso Milano”, che ha coinvolto la società Nexity Milano Parco delle Cave s.r.l.. L’intervento in questione prevedeva la realizzazione di tre torri residenziali con altezze tra i 27 e i 43 metri e un volume di 4,06 mc/mq, in sostituzione di un complesso industriale dismesso. Il sequestro preventivo disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari di Milano, e poi confermato dal tribunale del riesame, si fondava proprio sulla violazione dell’Art. 41-quinquies comma 6, in quanto l’amministrazione comunale avrebbe dovuto procedere tramite pianificazione attuativa, anziché con una semplice convenzione urbanistica o una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA). La difesa di Nexity aveva sostenuto che l’articolo non fosse più applicabile a Milano, fosse una norma transitoria o fosse stato tacitamente abrogato dalla legislazione regionale. Aveva inoltre argomentato che l’area fosse già sufficientemente urbanizzata o che l’intervento fosse una ristrutturazione, non una nuova costruzione. La Cassazione Penale, con la sentenza n. 26620 del 21 luglio 2025 (depositata il 21 luglio 2025), ha rigettato il ricorso della società, ribadendo con forza la piena vigenza e la portata fondamentale dell’Art. 41-quinquies comma 6. La Corte ha chiarito che la norma impone sempre e comunque il ricorso agli strumenti attuativi contemplati, in presenza delle caratteristiche edilizie indicate, indipendentemente dallo stato di urbanizzazione dell’area. La tesi del “lotto intercluso” – ovvero di un’area già pienamente urbanizzata che renderebbe superfluo il piano attuativo – è stata considerata problematica e non sufficientemente supportata dalla norma. La Cassazione ha sottolineato la dinamicità e interconnessione delle esigenze di urbanizzazione, per cui anche un’area già urbanizzata potrebbe richiedere una rimodulazione delle opere per un nuovo intervento di consistente impatto. Inoltre, la Corte ha escluso che l’intervento potesse qualificarsi come mera ristrutturazione, trattandosi della realizzazione di “tre grattacieli in luogo di un unico preesistente complesso, a destinazione non residenziale”, evidenziando una chiara “nuova costruzione” incompatibile con i parametri della ristrutturazione. Anche il ricorso alla SCIA alternativa al permesso di costruire è stato ritenuto inidoneo, in quanto la “convenzione urbanistica” non poteva sostituire un piano attuativo. La Cassazione ha infine ribadito che il principio di proporzionalità nel sequestro preventivo non può prevalere sulla necessità di impedire la prosecuzione o l’aggravamento del reato urbanistico, e che gli interessi di terzi (come acquirenti o lavoratori) non possono giustificare l’abdicazione del potere-dovere di sequestro dell’Autorità Giudiziaria.

5. La Conferma del Consiglio di Stato

Il “Caso Battipaglia” e l’Allineamento Giurisprudenziale A distanza di pochi mesi dal pronunciamento della Cassazione nel “Caso Milano”, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3809 del 5 maggio 2025, ha confermato e rafforzato la posizione più rigorosa. Il caso riguardava un diniego di permesso di costruire a Battipaglia per un edificio con volumetria di 5 mc/mq, ben superiore al limite di 3 mc/mq imposto dall’Art. 41-quinquies. I ricorrenti avevano invocato l’autosufficienza infrastrutturale del lotto e una precedente autorizzazione edilizia. Il Consiglio di Stato ha esplicitamente dichiarato di allinearsi alla posizione della Cassazione Penale (sentenza n. 25919/2025). Ha ribadito che il piano attuativo è uno strumento essenziale e non surrogabile per il governo del territorio. La sufficienza urbanizzativa del singolo lotto non può mai giustificare l’omissione della pianificazione attuativa, la cui funzione va oltre il singolo intervento edilizio, mirando a garantire un ordinato raccordo con l’esistente e a potenziare le opere di urbanizzazione. L’edificazione diretta, in assenza di piano attuativo, è consentita solo in casi eccezionali e rigorosamente limitati alla completa saturazione del comparto, dove il piano risulterebbe oggettivamente inattuabile. La sentenza del Consiglio di Stato ha inoltre chiarito che accertamenti tecnici sulla singola area non possono surrogare la funzione pianificatoria, che deve essere un’attività pubblica e preventiva. Anche una precedente concessione edilizia non utilizzata non crea un diritto acquisito alla riedizione del titolo, soprattutto se rilasciata in assenza delle condizioni legali oggi ribadite.

6. Un contrasto giurisprudenziale e l’urgenza della riforma

Le recenti pronunce evidenziano un consolidato contrasto tra l’approccio “rigoroso” del Consiglio di Stato e della Cassazione e quello “sostanzialista” di alcuni Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), come il TAR Campania (sentenza n. 2498/2006) e il TAR Lombardia (sentenza n. 2747/2025), che tendevano a considerare la “urbanizzazione di fatto” come criterio prevalente per superare la necessità del piano attuativo. Tuttavia, la Suprema Corte e il Consiglio di Stato hanno chiaramente affermato che questa impostazione rischierebbe di compromettere l’equilibrio programmatorio e la funzione preventiva della pianificazione urbanistica. Questa situazione di persistente incertezza interpretativa, unita alla rigidità di norme risalenti a oltre ottant’anni fa (Legge 1150/1942) e a un Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001) che si fonda ancora su paradigmi spesso disallineati con le attuali trasformazioni urbane, rende quanto mai urgente una riforma organica dell’urbanistica e dell’edilizia. È necessario superare la logica dei “vincoli astratti” e consentire una gestione integrata del territorio, che valorizzi la qualità urbana, la sostenibilità e la semplificazione procedurale. Senza un intervento riformatore coraggioso e competente, il rischio è di continuare a demandare alla giurisprudenza la risoluzione di conflitti interpretativi su norme datate, alimentando un contenzioso crescente e ostacolando il buon governo del territorio. Le recenti sentenze non sono solo decisioni su casi specifici, ma un forte richiamo all’legislatore per un’azione decisiva che porti l’urbanistica italiana nel ventunesimo secolo.

Le sentenze analizzate convergono su diversi punti cruciali:

1.1. Natura Fondamentale e non Derogabile dell’Art. 41-quinquies, comma 6

Entrambe le Corti sottolineano la natura di “previsione riconnessa al generale principio della pianificazione, di cui integra necessariamente una esplicazione ulteriore, anche essa di tipo fondamentale e non certamente di dettaglio” (Cass. Sez. III n. 26620/2025). Questo significa che la norma non è una mera disposizione transitoria o di dettaglio, ma un principio cardine della regolazione urbanistica affidata allo Stato. La sua vigenza è confermata dalla mancata abrogazione esplicita e dalla sua ratio profonda di garanzia dello sviluppo ordinato del territorio. 1.2. Obbligatorietà del Piano Attuativo Indipendentemente dallo Stato di Urbanizzazione Un punto centrale delle decisioni è il rifiuto della tesi della “sufficienza urbanizzativa” o del “lotto intercluso” come eccezione all’obbligo del piano attuativo. La Cassazione afferma che la norma “impone sempre e comunque il ricorso agli strumenti attuativi contemplati (nel caso di specie assenti), in presenza di interventi edilizi che posseggano le caratteristiche citate nella stessa disposizione.” Anche un’area già urbanizzata potrebbe richiedere una rimodulazione delle opere di urbanizzazione a fronte di nuovi interventi impattanti. Il Consiglio di Stato rafforza questo concetto, chiarendo che “la sufficienza urbanizzativa del singolo lotto non può mai giustificare l’omissione della pianificazione attuativa, la cui funzione va oltre il singolo intervento edilizio, mirando a garantire un ordinato raccordo con l’esistente e a potenziare le opere di urbanizzazione primarie.”

1.3. Ruolo e Funzione della Pianificazione Attuativa

Il piano attuativo è visto come lo strumento idoneo a garantire una “visione integrata di una determinata porzione di territorio, sufficientemente ampia da poter allocare su di esso tutte le funzioni che per loro natura richiedono di trovarvi posto” (Corte Cost. citata dalla Cassazione). La sua funzione è duplice:  Impedire che venga compromessa la potestà degli enti locali di effettuare scelte urbanistiche razionali e armoniche.  Evitare che l’urbanizzazione incontrollata comporti la nascita di agglomerati edilizi privi delle infrastrutture necessarie (lottizzazione abusiva). Interventi di consistente rilievo, anche se unitari, richiedono uno strumento attuativo per la loro complessità e incidenza urbanistica, poiché le opere di urbanizzazione trascendono le dimensioni del singolo lotto.

1.4. Inammissibilità delle Verifiche Tecniche Sostitutive e Prevalenza della Pianificazione “Ex Ante”

Le Corti escludono che “si possano condurre verifiche tecniche, in sede amministrativa o giurisdizionale, volte a sostituire surrettiziamente il piano attuativo mediante accertamenti sulla sola capacità infrastrutturale del lotto.” (Consiglio di Stato n. 3809/2025). La pianificazione urbanistica deve precedere l’intervento edilizio e non esserne una conseguenza o un aggiustamento postumo. L’intervento edificatorio deve essere “subordinato alla coerenza complessiva della maglia urbanistica e alla programmazione degli standard pubblici, non valutabile caso per caso ma pianificata ex ante.”

1.5. Definizione di “Ristrutturazione” vs. “Nuova Costruzione”

La Cassazione, nel “caso Milano”, ribadisce la sua consolidata giurisprudenza in materia di reati edilizi, chiarendo che gli interventi di ristrutturazione edilizia sono solo quelli “finalizzati al recupero di fabbricati preesistenti di cui sia conservata traccia, dovendo l’immobile oggetto di ristrutturazione presentare caratteristiche funzionali o identitarie coincidenti con quelle del corpo di fabbrica preesistente.” La realizzazione di tre torri residenziali da un unico complesso produttivo dismesso, con aumento di volumetria e cambio di destinazione d’uso, non rientra in tale definizione, configurandosi come nuova costruzione.

1.6. Validità dei Titoli Abilitativi (Convenzioni e SCIA)

La “convenzione urbanistica” stipulata nel “caso Milano” e la SCIA condizionata per il lotto in sequestro sono state ritenute inidonee a sostituire il piano attuativo. La Cassazione esclude che una convenzione possa essere assimilata a un piano attuativo ai sensi dell’Art. 23 comma 1 lett. b) del DPR 380/01, a causa della sua mancanza di valido fondamento giuridico e di contenuti precisi (plano volumetrici, tipologici, formali e costruttivi) tipici di un piano attuativo.

1.7. Irrilevanza delle Circolari Ministeriali

Le circolari ministeriali sono considerate norme interne che spiegano effetto solo nell’ambito dell’amministrazione e non possono incidere nella sfera giuridica di soggetti estranei, né possono essere in contrasto con la legge. La loro conformità alla legge è un presupposto essenziale per la loro rilevanza.

2. Implicazioni e Rilievi Fondamentali

 Rafforzamento del Principio di Pianificazione: Le sentenze consolidano una visione rigorosa della pianificazione urbanistica, ponendola come atto preventivo e insostituibile per garantire lo sviluppo armonico e sostenibile del territorio.  Contrasto con Posizioni “Sostanzialiste”: Viene decisamente respinta l’impostazione di alcuni TAR che valorizzavano la “urbanizzazione di fatto” rispetto ai limiti normativi, evidenziando il rischio di “vanificare la funzione preventiva della pianificazione urbanistica”.  Urgenza di Riforma: Il Consiglio di Stato sottolinea l’”arretratezza strutturale del nostro sistema urbanistico ed edilizio” e l’urgenza di una “riforma organica dell’urbanistica e dell’edilizia, che superi la logica dei vincoli astratti e consenta un’effettiva gestione integrata del territorio, valorizzando criteri di qualità urbana, sostenibilità e semplificazione procedurale.” L’attuale situazione alimenta il contenzioso e ostacola il buon governo del territorio.  Tutela degli Interessi Collettivi: Le decisioni pongono in evidenza che la pianificazione urbanistica tutela non solo l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio, ma una pluralità di interessi pubblici costituzionalmente garantiti, inclusi la salute e l’ambiente. La tutela di diritti personali (es. abitazione) non può avvenire in contrapposizione a questi strumenti normativi fondamentali.  Obbligo di Vigilanza Pubblica: Le sentenze indirettamente ribadiscono il dovere delle amministrazioni comunali di esercitare un rigoroso controllo sulla conformità degli interventi alle norme urbanistiche, anche attraverso gli ordini di sospensione, demolizione e confisca delle opere abusive.

3. Conclusioni Operative

Le recenti pronunce giurisprudenziali impongono un approccio prudente e rigoroso nella valutazione degli interventi edilizi, specialmente quelli di grande entità. È fondamentale:  Assicurarsi che ogni intervento che superi i limiti volumetrici (3 mc/mq) o di altezza (25 metri) sia necessariamente preceduto da un piano particolareggiato o una lottizzazione convenzionata estesi all’intera zona.  Non fare affidamento sulla presunta “sufficienza urbanizzativa” di un lotto o sull’esistenza di infrastrutture parziali per eludere l’obbligo del piano attuativo.  Qualificare correttamente gli interventi edilizi: la demolizione e ricostruzione con alterazioni volumetriche, funzionali o di sagoma significative è una “nuova costruzione”, non una “ristrutturazione”.  Valutare con estrema attenzione la validità e l’idoneità delle convenzioni urbanistiche a sostituire i piani attuativi, verificando la loro piena conformità ai requisiti di legge e la loro approvazione da parte degli organi competenti. Queste sentenze ribadiscono la necessità di un’azione legislativa che renda la normativa urbanistica più chiara e funzionale alle esigenze attuali, evitando che la risoluzione di complessi conflitti interpretativi sia demandata esclusivamente alla giurisprudenza.

 

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