IL FESTIVAL DELL'ACQUA/2

Berardi: basta commissari, d’ora in avanti serve una visione unitaria

“Ogni stagione dell’anno ci ricorda che abbiamo un problema con il clima che cambia. Occorre prenderne consapevolezza. Non bastano un commissario alla siccità, uno alla depurazione e uno alle alluvioni. Occorre un cambio di paradigma e un approccio olistico”. Donato Berardi (Ref) dice che “il Pniissi è stato un passo avanti, ma dobbiamo guardare al dopo-2026 e trovare almeno un paio di miliardi per mantenere il ritmo”.

26 Set 2024 di Giorgio Santilli

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Il Festival dell’acqua di Firenze è stato l’occasione per fare il punto su criticità e sfide del settore idrico. Ne parliamo con Donato Berardi, direttore del Laboratorio servizi pubblici di Ref Ricerche, uno degli osservatori più attenti al settore. Che aria respira al Festival dell’acqua di Firenze?
L’aria di un settore industriale che ha superato le lacerazioni di una stagione di contrapposizioni ideologiche e ritrovato unitarietà di vedute. Ma nel paese le questioni non sono sopite, anzi. I fantasmi del referendum e del disegno di legge sull’acqua pubblica sono correnti carsiche destinate a riemergere. E quando non riemergono lavorano comunque in modo sotterraneo.

Ormai l’intreccio fra cambiamento climatico ed efficienza delle gestioni idriche sembra il tema dominante verso il futuro. Cosa serve per andare nella giusta direzione?
Ogni stagione dell’anno ci ricorda che abbiamo un problema con il clima che cambia. Occorre prenderne consapevolezza. Non bastano un commissario alla siccità, uno alla depurazione e uno alle alluvioni. Occorre un cambio di paradigma e un approccio olistico come si dice in questi tempi. Dalla messa in sicurezza degli approvvigionamenti alla gestione delle acque meteoriche, al dissesto idrogeologico: tutto va visto in una unica prospettiva, comprese le perdite delle reti, il riuso delle acque depurate in agricoltura e l’efficienza nell’uso dell’acqua nell’industria. Per tutti questi versanti le gestioni industriali del servizio idrico sono pronte. Peraltro non ci sono alternative.

Restano i problemi di sempre: le perdite, il Sud, la frammentazione delle gestioni. Si vede qualcosa di nuovo?
Si vede un settore industriale che con molta fatica in dieci anni ha portato gli investimenti da 20 a 70 euro pro capite. Le migliori esperienze europee stanno a 100. E le gestioni in economia dei Comuni in Sicilia, Campania e Calabria a meno di 10. La direzione verso cui andare e’ chiara. Serve un po’ di chiarezza sugli obiettivi e un impegno a superare le resistenze di certa politica.

Mi pare ci sia unanimità nel dire che lo sforzo di investimenti fatto in questi anni non basta ancora. Serve, oltre alla tariffa, un fondo o un contributo stabile nel tempo del governo?
Fino al 2026 ci sono le risorse del Pnrr. Anche il Pniissi ha dato e sta dando un sostegno importante per recuperare tanti anni di mancati investimenti. Ma già da ora dovremmo guardare al post 2026 trovare un paio di miliardi di risorse pubbliche che consentano di mantenere il ritmo. Anche perché i fabbisogni sono crescenti. E stiamo parlando solo di servizio idrico integrato. Per tutto il resto di cui abbiamo accennato poc’anzi parliamo di ulteriori 4-5 miliardi all’anno almeno.

Ci sono segnali in questa direzione?
Al momento non ci sono segnali. Tutto tace. Del resto fino a quando si continuano a derubricare le conseguenze del clima che cambia a “maltempo”, ci si illude che la portata delle questioni emergenti possa essere ancora affrontata con risorse e strumenti tradizionali. Ma non è così.

Che valutazione dà dei risultati del Pniissi dopo la prima tornata? Sinteticamente, una cosa che va e una che non va.
Una cosa che va? Il metodo rigoroso con cui sono stati selezionati i progetti, sulla base e in accordo alle indicazioni della regolazione Arera e d’intesa con il ministero competente. Una che non va? Beh il fatto che ad oggi le risorse non sono ancora state assegnate, parliamo di mettere in sicurezza l’approvvigionamento idrico, il tempo è un fattore critico, non indugiamo oltre. C’è la possibilità di promuovere aggregazioni fra gestori o si tratta di favorire l’assegnazione ai campioni industriali delle attuali gestioni in economia? Bastone o carota? Incentivi o obblighi? Per esperienza vissuta non esiste aggregazione che possa prescindere dalla volontà dei territori. Ma penso di non sbagliare a dire che in quei territori dove l’acqua è un diritto a giorni alterni andrebbe condotta una operazione verità sulle tante mancanze degli amministratori locali e quindi dei gestori, e varato un programma pubblico che metta a sistema le migliori competenze del Paese. Un po’ il disegno che sta maturando con Acque del Sud.

Cosa fa e cosa dovrebbe fare l’Arera per risolvere le criticità, soprattutto quelle generate dall’emergenza climatica? M0 funziona?
M0 e’ un avamposto della regolazione nel vasto terreno degli altri usi della risorsa idrica. E’ presto per dire se funzionerà. Penso che se non irrobustiamo i livelli di governo delle risorsa di area vasta mancherà della forza per incidere realmente. E’ un po’ lo stesso tema delle gestioni in economia. La governance di area vasta e’ quella delle regioni e delle autorità di bacino distrettuale che su questi temi devono battere un colpo.

Dagli altri attori del sistema – per esempio gli ambiti di governo territoriale – cosa ci si può aspettare?
Le questioni emergenti del servizio idrico sono tutte di area vasta. Mi aspetterei ad esempio la nascita di Ato di dimensione regionale. Purtroppo tutte le questioni emergenti mettono a nudo le difficoltà della governance multi livello per come oggi pensata. Perché come indicato più volte da Arera, l’ente di governo d’ambito e’ il dominus degli indirizzi territoriali. Oggi le Ato provinciali sono sguarnite di competenze tecniche e di pianificazione. Quando va bene ratificano le proposte dei gestori. E quando va male le avversano.

Cosa pensa della proposta di una tariffa regionale di cui molto si è parlato oggi? Cambia qualcosa?

È un bel tema. Penso che si debba ragionare su tariffe di area vasta su un perimetro coerente con la gestione dell’acqua. Il punto di ricaduta naturale sarebbe una tariffa unica di bacino distrettuale. Tariffe regionali possono essere un punto di partenza. Anche perché al momento il livello di distretto manca ancora di un presidio di pianificazione adeguato.

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