OBIETTIVO 2030 DI 6,63GW

Legge rinnovabili Emilia-Romagna: sulle aree incognite iter e impatti suolo

Lo spirito della legge, ha detto l’assessora all’ambiente Irene Priolo, sarà quello di un “equilibrio fra istanze private, che la norma definisce come opere di interesse pubblico prevalente e interessi pubblici di tutela del territorio, sostenibilità ambientale, impatto paesaggistico e ambientale, ma anche di prossimità alle infrastrutture, facilità di connessione alla rete e sicurezza energetica, salvaguardando allo stesso tempo le nostre produzioni agricole”. 

04 Mag 2025 di Mauro Giansante

Condividi:

L’obiettivo di adottarla entro i primi cento giorni di mandato, come scritto nel programma elettorale, è sfumato. Ma anche l’Emilia-Romagna sta per definire il proprio disegno di legge per la mappatura regionale delle aree idonee ad ospitare gli impianti eolici e fotovoltaici. Lo spirito della legge, ha detto l’assessora all’ambiente Irene Priolo, sarà quello di un “equilibrio fra istanze private, che la norma definisce come opere di interesse pubblico prevalente e interessi pubblici di tutela del territorio, sostenibilità ambientale, impatto paesaggistico e ambientale, ma anche di prossimità alle infrastrutture, facilità di connessione alla rete e sicurezza energetica, salvaguardando allo stesso tempo le nostre produzioni agricole”. Di qui, la necessità di coinvolgere “le amministrazioni comunali, oltre che di tutti i portatori di interesse e, naturalmente, dei consiglieri regionali ai quali spetterà l’approvazione della legge”.

Ad oggi, come raccontato qui su Diac, sono Sardegna, Lombardia (proprio in questi giorni), Friuli-Venezia Giulia, Puglia e Abruzzo ad essersi mosse concretamente con i rispettivi iter legislativi.

Come sarà la legge aree idonee

Priolo, già in occasione della fiera riminese delle rinnovabili a marzo, aveva chiarito che nella norma saranno incluse aree idonee, non idonee e ordinarie e che dovrà rispettare la coerenza tra pianificazione urbanistica dei progetti e territoriale dell’area che ospiterà i singoli impianti. “Dobbiamo consolidare il lavoro fatto introducendo elementi di semplificazione per le amministrazioni locali e soprattutto fornendo un quadro operativo chiaro e condiviso con tutti i portatori di interessi perché vogliamo dei buoni impianti che siano funzionali e armonici con i territori e le comunità che li ospitano”, ha detto l’altro giorno in commissione. “Ecco quindi l’importanza di individuare aree idonee, soprattutto intorno ad infrastrutture già esistenti, in primis le autostrade”.

Sul fronte politico, Giancarlo Tagliaferri (consigliere regionale piacentino di Fratelli d’Italia) ha contestato la vaghezza delle linee guida illustrate da Priolo in commissione la scorsa settimana. “La giunta regionale non ha la più pallida idea di come comporre la legge regionale sulle aree idonee” e “al momento sono solo 1,47 i GW installati e fruibili con un divario di oltre 4,8 GW. Una vera enormità”. Per non parlare, ha aggiunto nella nota il consigliere, dell’incapacità del governo regionale “di partorire alcun piano, alcuna circolare operativa, alcuna norma per smaltire le tante richieste ricevute: a fronte di oltre duecento domande di competenza regionale pervenute, sono oltre 120 quelle ancora pendenti.

Intanto, dal lato dei comuni è in corso la definizione dei piani urbanistici generali mentre la stessa assessora Priolo aveva annunciato “per i prossimi mesi” la definizione del nuovo piano paesaggistico regionale. E proprio rispetto ai territori, bisognerà capire come si integrerà la legge aree idonee con la normativa del 2017 sul consumo di suolo tante volte criticata da addetti ai lavori per la quota del 3% urbanizzabile.

Gli ostacoli

Per Davide Ferraresi, numero uno di Legambiente Emilia-Romagna sentito da Diario Diac, “dalle interlocuzioni avute in questi mesi abbiamo colto una nuova sensibilità conservatrice delle amministrazioni locali: dieci-quindici anni fa chiedevano aiuto alla Regione per installare impianti rinnovabili, ora per bloccarli”. Uno dei problemi legato a questo quadro, secondo Ferraresi, è il depotenziamento degli uffici tecnici comunali rispetto “al quantitativo di progetti da valutare significativo”. Dunque, sono difficoltà “più che comprensibili che abbiamo presentato anche ai consiglieri regionali. D’altro canto, va fatto capire agli amministratori e ai cittadini che le rinnovabili sono un’opportunità”.

E sulla questione del suolo, “per noi, un conto è la realizzazione di un polo logistico, un altro è quella di un impianto fotovoltaico su suolo agricolo. In questo caso, meglio parlare di occupazione di un terreno che rimane comunque libera e disponibile per coltivare”.

L’associazione, giusto un mese fa, ha presentato le sue proposte sulle aree idonee spiegando che occorrerà “governare questa evoluzione necessaria, che comporta la rivisitazione del paesaggio sotto la chiave del nuovo clima e delle esigenze dei territori, garantendo un equilibrio sociale ed economico, operando presto e bene, con le giuste attenzioni, in modo competente e senza cedere mai a paure irrazionali”. Concretamente: salvaguardando i progetti secondo la legge 199/2021, quelli per cui è stata avviata una procedura amministrativa, limitando al minimo le zone di esclusione degli impianti.

Secondo le stime del professor Marco Giusti, UniVerona, tra le sfide e le criticità emiliano-romagnole sulle rinnovabili ci saranno quelle del repowering degli impianti eolici esistenti per un risultato di generazione stimabile al 2035 pari a 0,25 TWh. E poi, ci sono circa venti siti sfruttabili per una potenza compresa tra i 300 e i 600 megawatt e un’energia ricavabile inclusa tra 600 e mille GWh. “Molti di questi siti necessitano di essere analizzati riconsiderando: i imiti acustici oggi ritenuti ammissibili; i vincoli sui boschi intesi erroneamente come bene paesaggistico anche su piccole aree; l’enfatizzazione del cosidetto impatto paesaggistico. Quanto al fotovoltaico, invece, per Giusti occorrerebbe installare sullo 0,8% della superficie regionale per una potenza da 15mila MW e 24 TWh. Di qui “occorre definire aree idonee per dieci-venti volte le superficie strettamente necessarie (200mila-300mila ettari) per evitare l’esplosione dei costi dei terreni e scegliere quelli che consentono di minimizzare i costi complessivi, di conseguenza i costi di offerta nelle aste e quindi i costi in bolletta”.

La situazione attuale e gli obiettivi al 2030

Ad oggi, l’Emilia-Romagna ha una potenza elettrica lorda da fonti rinnovabili pari a 4.730 megawatt, il 40% del totale della potenza installata in Regione. Una quota pari a +12% sul 2023 e +45% sugli ultimi tre anni. Solo il fotovoltaico rappresenta il 77% della potenza fer installata (3.587 MW, +18% rispetto al 2023). Restano invece stabili le altre fonti: eolico (45 MW, 1%), idroelettrico (410 MW, 9%) e biomasse (587 MW, 13%).

Al 2030, l’Emilia-Romagna dovrà raggiungere una quota aggiuntiva di 6,33 gigawatt rispetto al 31 dicembre 2020. Dal gennaio 2021 a oggi, l’installato è di circa 1,5 GW e circa 1 GW aggiuntivo è stato già autorizzato mentre sono pendenti “autorizzazioni uniche” per ulteriori 1,3 GW. Questo vuol dire che, se tutte le autorizzazioni pendenti o concluse portassero all’installazione dei relativi impianti, mancherebbero circa 2,6 GW al raggiungimento dell’obiettivo nazionale.

Ancora: lo scorso anno, ha comunicato in commissione Irene Priolo, sono state rilasciate autorizzazioni uniche per circa 364 MW di nuovi impianti, a fronte di una potenzialità pendente di oltre 1.342 MW (prevalentemente per il fotovoltaico), a cui si aggiungono ulteriori 1.260 MW di progetti in valutazione ambientale statale e oltre 1.000 MW di parchi offshore in procedura ministeriale.

Per la consigliera Pd Francesca Lucchi, sarà “fondamentale una pianificazione efficace e condivisa. Il confronto con Enti locali e comunità sarà fondamentale per costruire un modello energetico sostenibile, equilibrato, capace di generare occupazione, innovazione e autonomia energetica” per arrivare a definire “iter autorizzativi più rapidi, tutela del paesaggio e del suolo agricolo, valorizzazione delle aree produttive dismesse e certezza per gli investitori”.

Intanto, la scorsa settimana la Regione guidata da Michele De Pascale ha alla Regione Toscana di sospendere l’iter di approvazione del provvedimento autorizzatorio per l’impianto eolico di Badia Tedalda. “Bloccare anche quando gli impianti sono progettati correttamente e collocati nei pochi punti in cui la disponibilità di vento è adeguata, è incomprensibile se davvero ci si vuole impegnare in modo corale nel contrasto alla crisi climatica”, ha scritto Legambiente in una nota. Per De Pascale è meglio puntare sull’eolico in mare: “È paradossale – ha detto – che gli interventi off-shore che sono condivisi sono fermi, perché non esce il bando nazionale per poterli finanziare”.  Un immobilismo confermato anche da altre fonti a questo giornale e che va avanti da diverse settimane.

 

 

 

Argomenti

Argomenti

Accedi