Le audizioni sul Dl Economia
Caro materiali, Brancaccio (Ance): “Potenziare fondo su rigenerazione”
L’associazione propone, quindi, un chiarimento normativo che, prima di tutto, “consenta di applicare le misure compensative dell’art. 26 anche ai contratti FOI, limitando l’esclusione solo alle lavorazioni già coperte dal fondo nell’anno di riferimento. L’Upi: serve sezione dedicata del fondo unico al reimpiego delle risorse per gli investimenti nella rete stradale provinciale.
Le note positive sono quelle sulla rigenerazione urbana, sui fondi alle strade provinciali fondi e sulla ricostruzione post sisma 2016. La nota dolente rimane la questione del caro materiali, che non vede ancora una soluzione da trovare, invece, con urgenza. E’, in sintesi, la posizione illustrata dalla presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, ieri nel corso di un’audizione davanti alla Commissione Bilancio del Senato sul Dl Economia. Decreto, ha detto, che “contiene alcune misure di importanti misure per il sostengo all’economia e per le infrastrutture che l’Ance accoglie positivamente come la creazione di un fondo per la rigenerazione urbana, il ripristino dei fondi tagli alle province per la manutenzione della rete stradale misure per garantire la prosecuzione della ricostruzione post Sisma 2016”. Ma, ha incalzato Brancaccio, “l’associazione evidenzia tuttavia la necessità e l’urgenza di integrare queste misure con interventi correttivi all’articolo 26 del DL Aiuti (DL 50/2022)”.
“L’Ance plaude alla scelta del Governo di istituire un Fondo nazionale da ripartire per la rigenerazione urbana, un segnale concreto dell’impegno pubblico a sostegno delle politiche di riqualificazione delle città che – ha sottolineato Brancaccio – potrebbe consentire di giungere finalmente all’approvazione di un Testo per la rigenerazione urbana. La dotazione complessiva di 80 milioni di euro per il biennio 2025-2026 rappresenta un primo passo per costituire uno strumento in grado di sostenere le iniziative che l’impianto normativo in discussione al Senato potrà garantire nel futuro”. L’auspicio espresso dall’Ance è, dunque, quello che “il Fondo possa essere rapidamente potenziato e che venga promosso un utilizzo sinergico delle risorse disponibili, integrando in modo coerente anche i finanziamenti dei fondi strutturali europei 2021-2027, nel rispetto degli obiettivi definiti dall’Accordo di Partenariato”.
Rimane tutta aperta, come si è detto, la spinosa questione del caro materiali. “Il DL Aiuti è stato fondamentale per il settore, considerando che nei soli anni 2023 e 2024 ha coinvolto circa 17.000 cantieri. Tuttavia, una serie di interventi normativi successivi, non sempre coordinati, ha creato situazioni di disparità di trattamento che rischiano di generare un contenzioso diffuso”, ha detto Brancaccio. Nello specifico ha spiegato, “il problema principale riguarda il comma 6-ter dell’articolo 26, che oggi esclude dall’aggiornamento prezzi in fase esecutiva i contratti che hanno avuto accesso al Fondo per l’avvio delle opere indifferibili, il cosiddetto FOI. Questa esclusione sta già producendo effetti distorsivi e blocchi operativi su oltre 5.000 cantieri che vedono coinvolte 2.500 imprese. Le stazioni appaltanti, infatti, stanno applicando un’interpretazione restrittiva della norma, considerando esclusi tutti i contratti che hanno beneficiato del FOI, senza distinguere tra lavorazioni già coperte dal fondo e quelle successive. Questo approccio è incoerente con la ratio della norma: il FOI interveniva in fase di progettazione, per adeguare il quadro economico, mentre l’articolo 26 riguarda la fase esecutiva e le variazioni oggettive dei prezzi. Sono due strumenti del tutto distinti. A ciò si aggiunge che molti di questi contratti FOI non hanno potuto beneficiare delle clausole di revisione
prezzi previste dal DL Sostegni-ter perché i relativi decreti ministeriali non sono mai stati emanati. Di conseguenza, queste imprese si trovano oggi senza alcun meccanismo di adeguamento”.
L’Ance propone, quindi, un chiarimento normativo che, prima di tutto, “consenta di applicare le misure compensative dell’art. 26 anche ai contratti FOI, limitando l’esclusione solo alle lavorazioni già coperte dal fondo nell’anno di riferimento; che in subordine, introduca un meccanismo revisionale ad hoc per questi contratti, applicabile dal 1° gennaio 2025, che permetta di utilizzare i prezzari annualmente aggiornati. Ciò, peraltro, senza fare accesso ai fondi ministeriali, ricorrendo cioè alle risorse interne. In caso di insufficienza, le stazioni appaltanti in ultima analisi procedono alla rimodulazione della programmazione triennale e dell’elenco annuale degli interventi”.
Sul ripristino dei 350 milioni di fondi alle strade provinciali per il biennio 2025-2026, Brancaccio ha espresso una valutazione positiva. “È tuttavia opportuno sottolineare che i tagli disposti dalla manovra 2025 non si esauriscono nel biennio in corso, ma si estendono fino al 2036, per un importo di 1.400 milioni di euro. Una riduzione significativa, che mette a rischio la continuità degli investimenti locali, compromettendo programmi di manutenzione programmata fondamentali per una mobilità sicura e sostenibile”. Pertanto, “è indispensabili ripristinare integralmente le risorse tagliate, in modo da garantire la continuità degli investimenti infrastrutturali locali e consentire una pianificazione efficace da parte degli enti territoriali e degli operatori economici”.
Un apprezzamento alla decisione di ripristinare i fondi alle strade provinciali è arrivato, sempre nel corso di un’audizione, dall’Upi, l’Unione delle Province italiane. “Non possiamo non sottolineare che a causa di quei tagli, da sette mesi gli investimenti sono bloccati”, ha detto il rappresentante dell’UPI Emanuele Ramella Pralungo, presidente della Provincia di Biella. La forte azione di protesta ha portato, ha ricordato, all’apertura di un confronto con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e con il Ministero dell’Economia e Finanze, con l’obiettivo di ripristinare le risorse tagliate nel primo provvedimento che si fosse ritenuto utile ad ospitare le norme necessarie. L’articolo 3 di questo decreto risponde a questa richiesta e dà seguito a quanto aveva annunciato il Ministro delle Infrastrutture immediatamente dopo l’incontro con UPI. Ma l’Upi muove dei rilievi: “la tempistica introdotta per la realizzazione degli interventi ci desta non pochi dubbi. Si richiede a Province e Città metropolitane una straordinaria accelerazione delle procedure, come non si è mai fatto con nessuna altra amministrazione, prevedendo che entro il 30 settembre 2025 – quindi in meno di due mesi lavorativi – si debbano avviare le procedure di gara dell’intero ammontare delle risorse assegnate dal 2025 al 2028: i 350 milioni riassegnati e i fondi che erano già previsti per il quadriennio, per un totale di 1 miliardo e 60 milioni di euro. Pena, la revoca delle risorse su cui non si sia ottenuto il Codice Identificativo di Gara (CIG), che andrebbero a confluire in un fondo unico istituito da questo decreto, destinato però a tutt’altro scopo e non alla messa in sicurezza della rete viaria di Province e CM. Su queste criticità che rileviamo – ha detto Ramella ai senatori presenti – come UPI avanziamo due richieste. Quanto alla tempistica, chiediamo di prevedere due fasi distinte per l’attuazione degli interventi: una scadenza stringente, come quella prevista dal decreto, per le annualità 2025 e 2026 e un’altra più ragionevole, al febbraio 2027, per aggiudicare i lavori finanziati con i fondi delle annualità 2027-2028. Quanto al Fondo unico, chiediamo che qualunque economia, a qualunque titolo, si verificasse nell’utilizzo delle risorse da parte delle Province e delle CM, sia destinata ad una apposita sezione del fondo espressamente mirata al reimpiego del Fondo a favore degli investimenti per la rete viaria provinciale”.