IL DM SCADE A GENNAIO

Aree idonee, SOLO la Sardegna pronta ma per estendere i divieti

La lettera di Elettricità Futura, il vademecum di Italia Solare e gli allarmi di ANEV: prosegue il pressing del settore rinnovabili per far capire alle amministrazioni locali che urge non bloccare i progetti localizzati dal 2021 con la Red II. Alessandra Todde, presidente della Sardegna, aveva dapprima esultato per la versione finale del decreto ministeriale, poi ha assecondato la battaglia delle comunità locali per ostacolare l’installazione di pale eoliche nell’isola a difesa del paesaggio.

09 Set 2024 di Mauro Giansante

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Non si può definire neanche una cotta estiva. Quella tra il Mase e la Regione Sardegna è durata il tempo di realizzare che era sì iniziata la stagione calda ma soprattutto che da giugno a gennaio sarebbero stati mesi verità. La battaglia Stato-Regioni per la definizione – come da decreto ministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 luglio – delle aree idonee a ospitare gli impianti eolici e fotovoltaici entra nel vivo con la ripresa dell’attività parlamentare. E la Regione dei quattro mori resta la più attiva.

Continua la battaglia Sardegna-Mase

A inizio giugno la presidente Alessandra Todde aveva esultato per aver strappato al Mase non solo l’estensione dal 40 al 100% della quota di offshore da considerare per il raggiungimento degli obiettivi Fer ma soprattutto i pieni poteri nella decisione delle zone da autorizzare e vietare. Privilegiando la tutela paesaggistica e patrimoniale. Ecco, a proposito di vietare è diventato questo il verbo protagonista di luglio e agosto nell’isola. A prendere piede sui territori è stata la moratoria di 18 mesi approvata già ad aprile dalla nuova giunta, per protestare contro l’eccesso di richieste per la costruzione: 58 GW, dieci volte di più il fabbisogno dell’intera Sardegna.

I territori hanno lavorato a una legge popolare denominata Pratobello 24, arrivando a raccogliere da fine luglio ad oggi le diecimila firme necessarie per lo sbarco in Consiglio regionale. Che arriverà a giorni, così come Todde ha annunciato che tra il 15 e il 20 settembre verranno definite le aree idonee. Continuando ad assicurare che la Sardegna non è contraria alla transizione energetica ma vuole proteggere il paesaggio dalle speculazioni. “Dobbiamo gestire la speculazione energetica che ci siamo trovati a dover affrontare in maniera così importante e dobbiamo rispondere alla legittima preoccupazione delle persone con una legge che sia una legge strutturale e non invece un approccio demagogico, un approccio che possa essere impugnato dal governo”, ha detto Todde. In attesa di arrivare a dama, i comuni continuano a lamentare i rischi dell’avanzamento dei progetti e degli eccessi burocratici cui devono sottostare per stabilire dove dare l’ok o il niet agli impianti green.

Come si muovono le altre Regioni

Provando a vedere come si stanno muovendo le altre Regioni, in Puglia a luglio il consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo La Puglia Domani, ha esortato la giunta Emiliano a attuare il decreto ministeriale “per preservare le porzioni di territorio e il paesaggio della nostra regione ancora integri da ulteriori sfregi, scongiurando un’invasione selvaggia dettata da soli interessi speculativi”. Pagliaro ha rafforzato la sua posizione con alcuni dati: “In Puglia non esiste un catasto pubblico che registri gli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili, e il conseguente consumo di suolo. La nostra regione è seconda in Italia per potenza installata di eolico industriale: oltre 16mila impianti nel 2023 rispetto ai 7mila del 2022, per una superficie complessiva stimabile in circa 4.500 ettari, più di un quarto dei complessivi 16.300 ettari installati in tutta Italia. La Puglia è la regione italiana dove il fotovoltaico ruba più terreno all’agricoltura (0,34%). Per quanto riguarda l’eolico off-shore, il Pniec fissa a 2,1 Gigawatt di potenza l’obiettivo di decarbonizzazione al 2030. Ma, fra il 2021 e il 2024, le istanze per impianti eolici off-shore lungo le coste pugliesi raggiungono una potenza complessiva di circa 27,5 Gw, pari a oltre dieci volte l’obiettivo nazionale”. Il rischio, per il consigliere, è di veder sorgere “una vera e propria catena ininterrotta di centrali del vento galleggianti”, impattanti sia a terra che negli ecosistemi marini.

Per citare un’altra delle Regioni più importanti quanto ai target Fer, la Lombardia a fine luglio ha recepito le indicazioni del decreto Agricoltura annullando i limiti imposti in precedenza. Guardando, poi, all’Emilia-Romagna, la Regione già a giugno 2023 aveva inviato agli operatori alcune prime indicazioni sull’idoneità delle aree. Consentendo che le nuove installazioni vengano apposte in zone produttive dismesse, distinguendo tra cave abbandonate o non più in attività. Per esempio, era stata stabilita una quota del 100% sfruttabile per le aree con destinazione finale agricola, il 70% di quelle a invaso o bacino, quelle a destinazione finale ambientale. E ancora, erano state incluse tra le aree idonee quelle di pertinenza delle attività produttive, commerciali e artigianali, in tutti i parcheggi pubblici e privati esistenti. E la copertura di fabbricati produttivi e commerciali sempre con impianti fotovoltaici. Obiettivo, dichiarava la Regione, “garantire la massima diffusione senza consumo di suolo, tutelando aree agricole e territorio”.

La lettera di Elettricità Futura

Intanto, sono tornate a farsi sentire le associazioni che riuniscono le imprese operanti nel settore delle rinnovabili. E’ di venerdì una lettera di Elettricità Futura rivolta alle Regioni. Nel momento in cui il governo ha dato loro il compito di individuare le aree idonee, “hanno una responsabilità enorme di fronte al Paese: utilizzare questa delega in bianco per permettere di installare gli impianti rinnovabili necessari a ridurre i prezzi dell’elettricità, a rendere l’Italia più sicura e competitiva e a rispettare gli obiettivi al 2030 sottoscritti a livello nazionale, europeo e mondiale”. Un qualcosa di necessario anche considerando l’aumento del 15% del prezzo medio dell’energia elettrica ad agosto rispetto a luglio e una dipendenza dal gas, per il 96% importato, che ci tiene legati alla volatilità delle quotazioni dei combustibili fossili.

Secondo l’associazione confindustriale presieduta da Agostino Re Rebaudengo, “è di fondamentale importanza che nella nuova definizione delle aree idonee di competenza delle Regioni siano fatti salvi i progetti che dal 2021 ad oggi sono stati localizzati nelle aree definite idonee ai sensi del decreto che ha attuato la Red II (aree idonee ex lege, art. 20 comma 8 d.lgs. 199/2021)”. Di più: le Regioni “dovrebbero prevedere che le nuove disposizioni non si applichino ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore della legge regionale, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative necessarie ad ottenere l’autorizzazione a realizzare l’impianto”. Evitando, così, ricorsi contro il decreto ministeriale e permettendo, invece, di far avanzare l’installazione dei parchi green nei giusti tempi. Un fattore utile anche a contenere i costi dell’elettricità. Già a inizio agosto, Ef ha presentato una denuncia alla Commissione europea contro la moratoria sarda, abbracciando l’analoga mossa del Governo Meloni che aveva impugnato lo stop isolano di 18 mesi agli impianti Fer.

“La Sardegna oggi soddisfa i suoi fabbisogni elettrici per oltre il 70% con fonti fossili, tra cui il carbone, uno dei combustibili più inquinanti e climalteranti a cui dovrà dire addio entro il 2028 proprio grazie agli impianti rinnovabili e ai sistemi di accumulo di cui oggi vieta lo sviluppo”, aveva ricordato Re Rebaudengo. L’impugnazione della moratoria sarda da parte del Governo è un segnale a tutte le Regioni, tenute ad emanare le leggi attuative del Dm Aree Idonee. (…). Nel caso della Sardegna, l’obiettivo è installare oltre 6 GW aggiuntivi al 2030 (rispetto a quanto installato al 31 dicembre 2020): per raggiungerlo dovrebbe installare 1 Gw all’anno, quando invece negli ultimi anni ne ha installato circa 0,2 Gw all’anno. Cioè dovrebbe fare 5 volte di più all’anno, anziché bloccare tutto”.

La posizione del settore eolico

Per Simone Togni, presidente di ANEV, l’associazione che riunisce le imprese del settore eolico, “la principale criticità del decreto Aree idonee – decreto ministeriale emanato con le modifiche della conferenza delle Regioni presieduta da Alessandra Todde, governatrice sarda – è il fatto che tale provvedimento, oltre a non definire dei criteri base, generali, che sarebbero stati necessari per avere un’uniformità minima al livello nazionale, disconosce e annulla le Aree idonee già definite a livello nazionale creando una situazione di estrema criticità per gli investimenti effettuati sulla base delle norme vigenti”. Risultato? Anche l’ANEV ha impugnato “direttamente il provvedimento, oltre che con un ricorso collettivo composto da oltre 15 aziende”, un po’ come ha fatto Elettricità Futura ad agosto denunciando alla Commissione Ue la moratoria di 18 mesi imposta dal governo della Sardegna. Moratoria alla quale la stessa associazione dell’eolico si era duramente opposta con una nota a fine aprile.

“L’atteggiamento di alcune regioni specifiche come la Sardegna che – spiega ancora Togni al Diario Diac – dopo aver ottenuto quanto richiesto, ha comunque ritenuto di definire una moratoria regionale ci preoccupa relativamente perché questi provvedimenti che sono stati già impugnati dal Governo, saranno certamente oggetto di una pronuncia della Corte di Cassazione”. Anche l’ANEV ha più volte manifestato disappunto in questi mesi, tanto contro la moratoria sarda quanto contro le complessive norme del Governo Meloni in materia di rinnovabili, quindi Dm Aree idonee ma anche Dl Agricoltura e Testo Unico Fer, ritenendoli troppo timidi (per usare un eufemismo) nel percorso italiano della transizione energetica.

Italia Solare alle Regioni: definire subito le aree idonee

Non solo gli “eolici”, però. Anche sul fronte fotovoltaico le imprese non sono restate a guardare tutte queste mosse dell’esecutivo Meloni e della Sardegna. Sempre ad agosto, l’Alleanza per il fotovoltaico aveva espresso il proprio favore contro l’impugnazione alla Consulta della moratoria. Il 7 agosto, sulla linea di quanto già ravvisato nell’assemblea di fine giugno, Italia Solare ha inviato alle Regioni un vademecum con i criteri per individuare le aree idonee. Un passaggio da effettuare con la massima urgenza “considerando che nel 2030 le fonti rinnovabili dovrebbero coprire circa il 65% dei consumi elettrici nazionali”. Secondo Is, serve una adeguata distribuzione degli impianti sul territorio, in modo da favorire il consenso delle comunità locali, tenendo conto comunque della localizzazione dei consumi e della capacità della rete elettrica. In questo contesto, potrebbe essere opportuno valutare quali sono le dimensioni ottimali degli impianti, in particolare con moduli a terra, in base alle peculiarità delle zone, tenendo comunque presente l’importanza delle economie di scala, per non vanificare le possibilità di riduzione dei prezzi dell’energia per famiglie e imprese italiane.

Quanto alle aree da considerare senza dubbio idonee ci sono “tutte le coperture, così come le aree già impermeabilizzate come i parcheggi, le aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, le aree compromesse come le cave e le discariche, le aree su cui occorrono interventi di bonifica”. E ancora, “le aree nelle immediate vicinanze di stabilimenti industriali o di zone industriali, artigianali e industriali, anche se agricole, consentendo l’autorizzazione e la realizzazione di impianti anche con moduli a terra, in modo da agevolare la fornitura di elettricità a basso costo alle imprese insediate nelle vicinanze”. Infine, ma non per ordine di importanza, vanno inclusi “anche per gli impianti a terra, i terreni agricoli non produttivi o non utilizzati per l’agricoltura da lungo tempo. I terreni agricoli produttivi, invece, dovrebbero essere considerati idonei per i soli impianti agrivoltaici, in tutte le configurazioni, purché venga garantita una sostanziale continuità agricola e gli impianti rientrino in progetti di supporto allo sviluppo delle attività agricole (investimenti in tecnologie agrarie avanzate, come l’idroponico e l’irrigazione di precisione; integrazione a valle delle filiere; uso di mezzi agricoli elettrici, ecc.)”. Proprio queste ultime categorie sono state fortemente ostracizzate dal Dl Agricoltura. L’allarme di Italia Solare si conclude quindi con la speranza, per le Regioni, di monitorare gli iter autorizzativi e le fasi di allaccio.

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