OK FINALE ALLA CAMERA
Materie prime, il Cite per proteggere la filiera italiana ma NIENTE Raee
Nella versione finale del decreto c’è un nuovo articolo che punta a colmare le iniziali mancanze sull’urgente approvvigionamento e a contenere il rischio di favorire investimenti stranieri mediante il il Comitato interministeriale per la transizione ecologica. Sui rifiuti elettronici viene ignorata la recente procedura d’infrazione europea. Erion Weee: “Il ritiro degli emendamenti è paradossale”
IN SINTESI
Anche il decreto sulle materie prime critiche di interesse strategico è in dirittura d’arrivo. La Camera ha iniziato e concluso l’esame ieri illustrando il provvedimento con la relatrice Beatriz Colombo, si è aperta la discussione generale, poi l’esame e senza porre la questione di fiducia si è votato anticipando di un giorno quanto ipotizzato dal programma alla vigilia. Il sì a Montecitorio è arrivato da 152 deputati, 70 i contrari e 11 gli astenuti. Palla al Senato.
Dall’esame della commissione Attività produttive non sono stati toccati molti degli articoli del decreto approvato il 20 giugno scorso ma alcune novità importanti ci sono. Una positiva perché accoglie almeno su carta le preoccupazioni emerse sulla prima versione delle norme. L’altra, negativa, perché si lega a una procedura d’infrazione europea sui rifiuti elettronici.
Sarà il Cite a garantire l’approvvigionamento per il made in Italy
Partiamo dall’integrazione positiva. All’articolo 14 sulle disposizioni urgenti per l’approvvigionamento di rottami ferrosi e di altre materie prime critiche, viene aggiunto un articolo 14-bis per reperire “ulteriori materie prime” che sono “necessarie alle filiere produttive del made in Italy, non comprese nel regolamento (UE) 2024/1252”. L’operazione farà capo al Cite, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica insediatosi a maggio 2021: “su proposta del Comitato tecnico di cui all’articolo 6, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può individuare progetti minerari di interesse strategico nazionale per i quali si applicano le disposizioni procedimentali di semplificazione e i poteri sostitutivi di cui al comma 3 del presente articolo”. Quanto alla valutazione di interesse strategico nazionale, il Cite “tiene conto dell’effettiva sussistenza di un fabbisogno nazionale della
materia prima oggetto dei progetti stessi, che devono essere correlati a filiere strategiche del made in Italy, e dell’estensione dell’ambito di applicazione dei progetti di estrazione anche alle fasi, da svolgere nel territorio nazionale, della raffinazione e della trasformazione”. Per l’operato delle “amministrazioni competenti”, però, non sono previste nuove risorse.
Perché potrebbe non bastare
E’ la risposta, almeno parziale, alle preoccupazioni della prima ora sul tema. Come avevamo scritto su Diac, secondo il fondatore di T-Commodity e Consigliere del Ministero della Difesa Gianclaudio Torlizzi la prima versione del decreto mancava di prevedere il diritto di prelazione sull’estrazione mineraria da parte del Governo in caso di estrema carenza nel mercato né accennava alla prospettiva di vincolare l’attività di estrazione alla creazione di una filiera che contempli anche la produzione di beni ad alto valore aggiunto. Tutto ciò, rischiando di favorire l’accaparramento delle risorse da parte di investitori esteri.

Anche ieri, però, lo stesso Torlizzi ha ribadito che “nel Dl non è stato rivisto nessun tipo di stimolo all’attività di raffinazione, se non qualche riferimento vago” e in secondo luogo manca il coordinamento con il Ministero della Difesa, che avrebbe dovuto essere inserito nel comitato tecnico. In terzo luogo, secondo lui, manca ancora il già citato diritto di prelazione statale sulle estrazioni. Su X, poi, Torlizzi ha spiegato quale sarebbe stata la proposta della Difesa (vedasi foto sopra).
Nessuna misura sui Raee
Quanto alle altre mancanze rimaste anche dopo i lavori della commissione, è stato Erion Weee in qualità di principale Consorzio Raee italiano a lanciare l’allarme: “Proprio nel giorno in cui la Commissione Europea accende un faro sul gap che separa l’Italia dai target europei (il 25 luglio, ndr) lo Stato italiano perde una straordinaria occasione per far crescere la raccolta dei Raee”, cioè i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, ha ammonito il dg Giorgio Arienti. E’ “paradossale” e “inspiegabile”, secondo il consorzio, aver ritirato emendamenti (anche della maggioranza) con proposte che sarebbero state condivise dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica. Infatti, “senza alcun onere aggiuntivo per le finanze pubbliche”, si sarebbe dato “un significativo impulso alla raccolta dei Raee, semplificando le regole per i ritiri uno contro uno e uno contro zero da parte dei negozianti e imponendo ai Consorzi che si occupano di Raee di finanziare campagne di informazione”. Per capire, gli ultimi dati relativi al 2023 in Italia hanno mostrato un’evidente distanza tra i trattamenti effettivi di rifiuti domestici, pari a 350mila tonnellate, e le cifre indicate dall’Ue (780.000 tonnellate). Dunque, ha detto Arienti, nel decreto finale “sul riciclo poco e nulla, se non la previsione di tempi autorizzativi più veloci per gli impianti strategici, fissati in un massimo di dieci mesi. Condizione necessaria ma non sufficiente a rispondere alle sfide del Critical Raw Materials Act dell’Ue, secondo cui entro il 2030 il riciclo dovrà soddisfare almeno il 25% del fabbisogno industriale di materie strategiche”.
Eppure, anche dalla maggioranza (Gusmeroli della Lega e Squeri di Forza Italia) erano arrivate proposte per “progettare, realizzare e finanziare di programmi di comunicazione, informazione e sensibilizzazione dei cittadini sull’importanza della raccolta separata dei Raee e sui benefici ambientali ed economici del loro corretto riciclo” impiegando “almeno il 3 per cento del totale dei ricavi dell’esercizio precedente”. L’altra proposta di Gusmeroli prevedeva il “ritiro di apparecchiature elettroniche ed elettroniche secondo i sistemi Uno contro Uno e Uno contro Zero”. L’emendamento a prima firma Squeri, invece, era il seguente: “Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, sentito il Comitato tecnico di cui all’articolo 6 e gli operatori di settore, provvede, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, alla revisione dei decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, e 31 maggio 2016, n. 121, al fine di realizzare un’ulteriore semplificazione per gli operatori, di favorire il corretto trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e il raggiungimento dei target previsti per il settore dall’Unione europea”.
L’impressione, quindi, è che si sia prodotta una spaccatura tra Mase – favorevole – e Mimit – con Urso che ha recentemente lodato l’Italia sui rifiuti – sull’inserimento o meno di misure sui Raee. Tutto, però, nel contesto delicato della recentissima procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea proprio sul nostro Paese. “La Commissione – il 25 luglio – ha constatato che l’Italia non ha recepito correttamente diverse disposizioni della direttiva modificata, tra cui quelle concernenti la responsabilità estesa del produttore, la garanzia di un riciclaggio di alta qualità, la raccolta differenziata dei rifiuti pericolosi e l’attuazione di un sistema elettronico di tracciabilità. La Commissione procede pertanto all’invio di una lettera di costituzione in mora all’Italia, che dispone ora di 2 mesi per rispondere e rimediare alle carenze segnalate dalla Commissione, trascorsi i quali, in assenza di una risposta soddisfacente, quest’ultima potrà decidere di inviare un parere motivato”. Non solo: l’Italia figura nell’elenco di Paesi redarguiti “per il mancato conseguimento degli obiettivi di raccolta e riciclaggio dei rifiuti” che al 2020 “non hanno raggiunto entro il 2020 l’obiettivo del 50% per quanto riguarda la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti urbani (come carta, metallo, plastica e vetro)”. L’Italia è poi tra gli inadempienti dei target Ue appunto sui Raee per cui va garantito annualmente un tasso minimo di raccolta del 65% del peso medio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato nello Stato membro interessato nei 3 anni precedenti o, in alternativa, all’85% del peso dei Raee prodotti nel territorio di tale Stato membro.
Intervenendo ieri a Sky Tg24 Economia, il ministro Pichetto si è limitato a dire che “siamo il paese d’Europa con il più alto tasso di differenziata. E primi in Europa per riciclo. Noi possiamo farlo su tutta una serie di elementi, pensiamo al materiale elettrico che è un giacimento enorme. Da qui la battuta che il nostro giacimento è l’immondizia”. Già un anno fa arrivarono alcune segnalazioni da Bruxelles che ci vedevano “sulla buona strada per raggiungere entrambi gli obiettivi”, cioè 55% di preparazione al riutilizzo e al riciclaggio dei rifiuti urbani e del 65% di riciclaggio di tutti i rifiuti di imballaggio da raggiungere entro il 2025. Ma siamo presenti anche nell’elenco dei Paesi a rischio sugli obiettivi inerenti il trattamento della plastica.
Gli altri contenuti del decreto
Per quanto riguarda le altre norme del decreto, dicevamo, non è cambiato molto rispetto alla prima versione. Il testo prevede che spetti allo Stato il rilascio dei titoli abilitativi o autorizzatori: al Mase quelli relativi all’estrazione e alle autorizzazioni al riciclo di materie prime critiche strategiche entro 18 e 10 mesi. Al Mimit quelli sulla trasformazione di materie prime critiche strategiche, per una durata massima di dieci mesi. Vengono introdotte aliquote per le concessioni minerarie da corrispondere a livello statale e regionale; è stato creato un Comitato tecnico permanente di monitoraggio e tre punti di contatto unici divisi tra Mase e Mimit rispettivamente per la presentazione delle istanze relative a progetti di estrazione e riciclo e la presentazione dei progetti strategici aventi a oggetto la trasformazione. Ispra, in tutto ciò, sarà l’ente chiave per l’esplorazione dei materiali critici.
Proprio giovedì scorso l’istituto ha presentato il nuovo database che fotografa le miniere attive in Italia, 76, dove andare a reperire i minerali e i siti da riaprire. Con il programma di esplorazione nazionale da stilare al 24 maggio 2025 verranno recepite le indicazioni Ue, poi ogni cinque anni il piano verrà riesaminato. Mercoledì 24 luglio, invece, Iren insieme a Assoambiente, Utilitalia, Confindustria Cisambiente e Confindustria Toscana sud hanno presentato RigeneRare, un hub sull’economia circolare dei materiali strategici per la transizione per “sistematizzare e mettere a fattor comune dati e informazioni inerenti lo stato dell’arte della filiera” del riciclo.