IL DATABASE GEMMA
La mappa di Ispra: 76 miniere ATTIVE, 22 hanno materie prime critiche (coltivate solo 2). Litio all’Elba, terre rare in Sardegna
Gava (Mase): “Procedure non più lunghe di 18 mesi per le estrazioni e 10 mesi per il riciclo”
25 luglio
IN SINTESI
Da oggi dovremo fare attenzione a dove mettere i piedi. L’Italia vuole rimettere mano al proprio sottosuolo, non per nascondere chissà cosa ma per portare alla luce materie prime critiche e strategiche. Il 19 giugno veniva approvato il decreto per la riapertura delle miniere, ieri l’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ha presentato il nuovo database Gemma, la banca dati aggiornata nell’ambito del progetto Pnrr GeoSciencesIr che inaugura il percorso verso l’elaborazione di un programma minerario nazionale per recepire le indicazioni europee.
In totale sono 76 le miniere ancora attive in Italia, 22 relative a materiali che rientrano nell’elenco delle 34 materie prime critiche dell’Ue ma solo feldspato (in 20 siti) e fluorite (in 2) sono quelle coltivate. Il primo è un minerale essenziale per l’industria ceramica e l’altro, estratto nei comuni di Bracciano e Silius, ha un largo uso nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione.
Come risolvere la dipendenza dall’estero
Per Ispra, l’Italia può risolvere la totale dipendenza dai mercati esteri grazie alle nuove tecniche di esplorazione e dell’andamento dei prezzi di mercato per cui molti dei depositi conosciuti potrebbero essere rivalutati. In particolare, ha spiegato l’Istituto, la miniera di fluorite di Genna Tres Montis (Sud Sardegna), che rientrerà in piena produzione al termine dei lavori di ristrutturazione, rappresenterà una delle più importanti d’Europa. Delle altre 91 miniere di fluorite attive in passato, alcune molto importanti – da rivalutare con i prezzi attuali quadruplicati rispetto al 1990 – sono localizzate nel bergamasco, nel bresciano ed in trentino, oltre a quelle sarde e laziali.

Inoltre, con i permessi di ricerca in corso, i dati sulle miniere attive in passato e quelli sulle ricerche pregresse e recenti, documentano la potenziale presenza di varie materie prime critiche e strategiche come il litio, scoperto in quantitativi importanti nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani e come diversi altri minerali da cui si producono metalli indispensabili per il modello di sviluppo decarbonizzato, la green tech, la transizione digitale e la indipendenza da paesi terzi.
Dove sono i depositi minerali
I minerali metalliferi, ha ricordato Ispra, rappresentano la maggior parte dei materiali critici e se prima l’attività di estrazione ha interessato circa 900 siti, oggi è inesistente. Niente Crm, critical raw materials. Quanto ai depositi, quelli di rame, minerale essenziale per tutte le moderne tecnologie, sono già noti nelle colline metallifere, nell’Appennino ligure-emiliano, nelle Alpi occidentali, Trentino, Carnia ed in Sardegna. In diversi siti, ha detto ieri Ispra, è stato estratto manganese soprattutto in Liguria e Toscana. Il tungsteno è documentato soprattutto in Calabria, nel cosentino e nel reggino, nella Sardegna orientale e settentrionale e nelle alpi centro-orientali, spesso associato a piombo-zinco. il cobalto è documentato in Sardegna e Piemonte, dove il deposito di Punta Corna è ritenuto di strategica importanza europea, la magnesite in Toscana e i sali magnesiaci nelle Prealpi venete.


E ancora: nel savonese c’è un giacimento di titanio sul quale gravano problematiche di estrazione a cielo aperto; le bauxiti per l’alluminio si trovano nell’appennino centrale ma soprattutto in Puglia e ancor più in Sardegna, nella Nurra, miniera di Olmedo, l’ultima miniera metallifera ad essere chiusa in Italia che però è ancora mantenuta in buone condizioni. Da qui si potrebbero tirar fuori le terre rare, come dai depositi di fluorite a Genna Tres Montis. Per le riserve di celestina, che compone lo stronzio, dobbiamo guardare alle solfare in Sicilia mentre il litio è localizzato nelle pegmatiti dell’Isola d’Elba, al Giglio e Vipiteno, anche se recentemente sono stati rinvenuti “importanti quantitativi” nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani e già sette permessi di ricerca sono stati rilasciati dalla Regione Lazio ed inseriti nel database, insieme agli altri attualmente vigenti.
Tra i materiali critici non metalliferi, invece, Ispra segnala i depositi significativi di barite, importante minerale per l’industria cartaria, chimica e meccanica, che si trovano nel bergamasco, nel bresciano ed in Trentino. I depositi di grafite, invece, si trovano nel torinese e vi sono due permessi di ricerca attivi, poi anche nel savonese e nella Sila.
Il problema dei rifiuti estrattivi
Infine, c’è il problema dei rifiuti estrattivi. Nel nostro Paese le vecchie attività minerarie hanno lasciato in dote ben 150 milioni di mc di scarti di lavorazione. Un danno alle acque ma anche ai terreni ripristinabili per le attività di recupero materie. Intanto, a livello mondiale sta crescendo l’interesse della coltivazione degli scarti minerari come fonte di materie prime. Per la serie, non si butta via niente. Anzi.
Che cosa dice il decreto miniere
Per ricordare, il decreto miniere “definisce nelle more di una disciplina organica del settore delle materie prime critiche, misure urgenti finalizzate a garantire un approvvigionamento urgente, sicuro e sostenibile delle materie prime critiche considerate “strategiche”. Mase e Mimit faranno da punto di contatto per i progetti strategici aventi a oggetto la coltivazione di giacimenti di materie prime critiche strategiche e per quelli aventi a oggetto il riciclo e la trasformazione delle materie prime critiche strategiche.

Le fasi successive alla mappatura prevedono “b) campagne geochimiche, anche per stabilire la composizione chimica di terreni, sedimenti e rocce; c) indagini geoscientifiche come le indagini geofisiche; d) elaborazione dei dati raccolti attraverso l’esplorazione generale, anche mediante lo sviluppo di mappe predittive”.
“Per le concessioni minerarie rilasciate dopo l’entrata in vigore della presente disposizione, aventi a oggetto l’estrazione delle materie prime critiche di cui al Regolamento (UE) 2024/1252 e successive modifiche, il titolare della concessione corrisponde annualmente il valore di un’aliquota del prodotto pari ad una percentuale compresa tra il 5 % e il 7% in favore dello Stato e della Regione ove il giacimento insiste”.
Gava (Mase): procedure da 18 mesi per le estrazioni
“L’obiettivo del Governo e del Mase è di rilanciare il settore minerario italiano attraverso iter autorizzativi semplificati per i progetti strategici, con procedure non più lunghe di 18 mesi per le estrazioni e 10 mesi per il riciclo. In questa direzione va il decreto-legge sulle materie prime critiche, che sarà ulteriormente rafforzato in fase di conversione. Fondamentale il supporto dell’Ispra al quale è stato affidato il compito di realizzare il piano minerario nazionale”, ha dichiarato la viceministra all’Ambiente e Sicurezza energetica, Vannia Gava.
Ispra: ridurre la dipendenza dagli altri Paesi
“Il tema delle materie prime critiche è strategico per il Paese. Ispra ha creduto nella necessità di approfondirlo anche prima che diventasse così attuale; questo ci ha consentito di non partire da zero, ma di fare tesoro delle conoscenze acquisite”, ha detto il Presidente Ispra, Stefano Laporta. “Il nuovo Regolamento UE delinea in modo chiaro la strategia europea di approvvigionamento delle materie prime critiche: ridurre la dipendenza da altri paesi e coniugare economia circolare e sostenibilità ambientale e sociale delle tecniche estrattive”.
Quanto al dialogo con il ministero, Maria Siclari (Dg di Ispra) ha ricordato che “Ispra ha lavorato a fianco del Mase per il decreto sulle materia prime critiche, fondamentali per la transizione energetica e green”. E ancora: “Un rapporto Ue ci ricorda che già al 2030 la domanda di cobalto sarà 18 volte maggiore di adesso e quella di litio 5 volte maggiore. Cobalto e litio sono essenziali per la realizzazione delle batterie per i veicoli elettrici e lo stoccaggio di energia. Compito affidato ad Ispra è definire il piano nazionale minerario, cioè le aree più promettenti dal punto di vista minerario, partendo dalla realizzazione di un database dei dati minerari pregressi che oggi presentiamo”.
Ecco perché serve Gemma: “Ispra, in linea con i tempi assegnati, è pronta e presenta il database minerario Gemma, strumento fondamentale per realizzare le campagne di ricerca sulle aree più conosciute che hanno un elevato potenziale; con questa finalità verranno effettuati rilevamenti geochimici, geofisici, geologici con l’utilizzo di droni, sensori aviometrici, immagini satelittari. Il costo stimato per un’area di 10 km oscilla tra i 120 e i 150 mila euro, a seconda della difficoltà logistica e della complessità geologica”.