LE RINUNCE DEL PIANO CONSEGNATO A BRUXELLES

Pniec, riqualificato solo il 66% degli edifici al 2050. Obiettivo rinnovabili TRADITO: 40 e non 49%

Le stime del Piano parlano di un tasso annuo di riqualificazione al 2030 di 2% e del 2,6% al 2050

5 luglio

05 Lug 2024 di Mauro Giansante

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Pniec, riqualificato solo il 66% degli edifici al 2050. Obiettivo rinnovabili TRADITO: 40 e non 49%

Il nuovo Pniec è già orfano del Superbonus e ammette che l’Italia non riuscirà a rispettare i target europei sull’efficientamento del settore civile. Il tema della riqualificazione edilizia è uno dei più delicati per attuare la transizione verde al 2030 e al 2050 ma nonostante questo il percorso italiano non appare in buona luce negli anni a venire. Sono principalmente tre i punti deboli della strategia aggiornata dal Mase e contenuta nell’aggiornamento del Piano inviato a Bruxelles lunedì con un solo giorno di ritardo rispetto ai venti dello scorso anno.

I ritardi dell’Italia sulla riqualificazione

Uno lo abbiamo affrontato su questo giornale martedì (qui l’articolo) raccontando la poca spinta sugli investimenti per la riqualificazione del patrimonio immobiliare: da 134 a 93 miliardi per il residenziale e un complessivo -28mld rispetto al documento 2023. Il secondo, invece, riguarda le stime di riqualificazione annua da qui al 2050. Nel residenziale, il Pniec prevede percentuali ogni dodici mesi dell’1,9% nel decennio in corso e del 2,7% nei due successivi, 2030-40 e 2040-50. Nel terziario, invece, i tassi sono del 2,8% per la decade corrente e del 2,6% per le altre. In sintesi, quindi, parliamo di un tasso di riqualificazione complessivo del 2% nel 2030 e del 2,6% nel 2050 (“un valore quest’ultimo circa triplo rispetto al tasso di riqualificazione virtuale attuale, che meglio rappresenta la necessità di incremento degli sforzi in gioco”, si prova ad attenuare nel testo) per una copertura finale dei due terzi del parco edilizio nazionale: il 66% contro l’obiettivo net-zero del settore a metà del XXI° secolo. “Sarà nel prossimo futuro necessario aggiornare tali obiettivi alla luce dell’adozione delle direttive del pacchetto FF55, pertanto l’obiettivo qui riportato può essere considerato come un obiettivo minimo”, si legge ancora. E infatti l’Italia, con il Governo Meloni, punta a riscrivere da capo la direttiva Epbd.

La norma sulle Case green approvata in Ue ad aprile scorso ed entrata in GUE l’8 maggio, infatti, prevede che entro il 2030 si riducano i consumi energetici del residenziale del 16% rispetto al 2020, concentrando gli interventi sugli edifici con le prestazioni peggiori (classi G e F), e entro il 2035 del 20-22% rispetto all’inizio di questo decennio. Per quanto riguarda l’Italia, il settore civile oggi copre il 44% dei consumi finali (contro il 40% di media Ue), di cui il 29% nel residenziale.

Secondo le stime dell’Ance, l’associazione nazionale costruttori edili, e del Cresme serviranno almeno 200 miliardi da qui al 2035 per operare su un totale di circa 1,9 milioni di edifici. Il Superbonus, stoppato dal governo in carica, ha permesso di riqualificare oltre mezzo milione di edifici. Adesso rimangono attivi l’Ecobonus e il bonus casa e con tutte le misure, dal 2020 al 2023, l’Italia ha potuto risparmiare il 5% dei consumi mentre senza una continuità e una stabilità degli incentivi il conto rischia di salire a 300 miliardi. Dall’analisi settoriale 2021-2030 del Pniec si registra “nel settore residenziale una diminuzione delle emissioni del 32% per il notevole tasso di ristrutturazione degli edifici, il costante efficientamento e la progressiva elettrificazione del settore soprattutto grazie alla massiccia penetrazione di pompe di calore”.

In termini di emissioni, ricorda il Piano, “il Regolamento Effort Sharing ha fissato un obiettivo per l’Italia ancor più ambizioso, prevedendo che le emissioni ricadenti nel suo ambito di applicazione (trasporti, residenziale, terziario, attività industriali non rientranti nell’Allegato I della direttiva 2003/87/CE, i rifiuti, l’agricoltura) si riducano entro il 2030 del 43.7% rispetto ai livelli del 2005. Con riferimento all’Effort Sharing, per rispettare la traiettoria emissiva del periodo 2021-2030, che dovrà portare al conseguimento del nuovo obiettivo, sarà necessario avviare da subito una significativa riduzione delle emissioni pari a oltre il 30% rispetto ai livelli del 2021, da conseguirsi prevalentemente nei settori trasporti, civile e agricoltura”. Inoltre, viene ammesso che, al netto del Pnrr e per via di pandemia e conflitti globali dal 2020 a oggi, “non si raggiunga il precedente obiettivo di riduzione delle emissioni del -33% al 2030 rispetto ai livelli del 2005. Molto più impegnativo e sfidante risulta, quindi, lo sforzo di riduzione delle emissioni nei settori ESR alla luce dell’aggiornamento dell’obiettivo”.

Veniamo alle risorse economiche. Dal Pnrr, il 39% delle risorse attiene alla transizione e per la Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” è stato destinato il 28,56% dell’ammontare complessivo del Piano, circa 55,53mld€. Nella M2, la terza componente (C3) riguarda proprio “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici” e prevede un finanziamento pari a 15,57mld€.

La ricetta proposta dal Mase prevede “una riforma generale delle detrazioni, che affronti con un approccio integrato ed efficiente le opere di riqualificazione”: per sostenere, quindi, quanto previsto dalla Epbd europea occorrerà soprattutto “garantire benefici distribuiti in un massimo di 10 anni” e prevedere “strumenti finanziari di supporto, ad esempio finanziamenti a tasso agevolato, anche a copertura totale dei costi di investimento, con condizioni di favore per le persone in condizioni di povertà energetica. In tale ambito, sono in previsione anche l’individuazione di sinergie con la riforma del Fondo nazionale efficienza energetica”. Il Piano cita tra le risorse anche il reddito energetico e le configurazioni di energia condivisa come le Cer.

Già tradito l’obiettivo Ue sulle Fer negli edifici

Come terzo punto che rende debole il nuovo Pniec italiano c’è quello dell’integrazione delle fonti energetiche rinnovabili. L’obiettivo europeo al 2030 (Red III, Renewable energy directive) prevede il raggiungimento almeno del 49% ma “secondo le elaborazioni sviluppate per lo scenario di policy del presente Piano, tale quota in Italia potrebbe ammontare 2030, al 40,1%”. Per il teleriscaldamento e teleraffrescamento, la direttiva “prevede un incremento indicativo della quota rinnovabile che porterebbe a un valore per l’Italia prossimo al 48% al 2030; poiché però l’energia erogata attraverso sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento era, nel 2018, inferiore al 2% del consumo finale lordo nazionale di energia nel riscaldamento e raffrescamento, ai sensi dell’art 24 comma 10 l’Italia è esentata dal perseguire tale target”. E, dunque, dovrà raggiungere almeno lo stesso obiettivo del settore termico: 29,6%. Nella sintesi generale, il Pniec ammette che “il percorso da compiere richiederà dunque uno sforzo estremo” senza però aggiungere che probabilmente neanche questo basterà a essere promossi.

 

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