FILIERA FONDAMENTALE
Di Franco (Fillea): “Il Paese ha bisogno di un’industria della casa. Le parti sociali sono più avanti degli annunci del Governo”
“Il Paese non può prescindere da un’industria della casa”. In questa fase, in cui si discute di manovra finanziaria, questa è la priorità che deve essere al centro dell’agenda del Governo e della politica. Dalla Biennale di Architettura, dove si parla di intelligenze per governare la trasformazione delle città, è questo il messaggio che, parlando con Diario Diac, lancia il segretario generale della Fillea-Cgil, Antonio Di Franco, a margine del terzo appuntamento di Construction Future Research Lab, il progetto di ricerca sostenuto dalla Filiera Fondamentale delle costruzioni. “Dobbiamo cominciare a declinare il termine casa in termini industriali. La filiera della casa produce un’economia che oggi rappresenta, se guardiamo fino all’immobiliare il 25% del Pil. Da più di due anni siamo in recessione dal punto di vista industriale perché l’industria manifatturiera sta rallentando continuamente. In questo paese non si ha una visione industriale e, se non partiamo dalla casa, non so da cos’altro dovremmo partire”.
Intanto, le parti sociali hanno un passo molto più veloce della politica. “Mentre qualcuno annuncia il piano casa, imprese e sindacati, attraverso la contrattazione, hanno firmato un accordo che prevede per tutti gli operai edili un contributo annuo di 500 euro per una rata di mutuo o per una rata di affitto. Penso che questo sia l’inizio di qualcosa e siamo decisamente avanti rispetto agli annunci”, ha sottolineato Di Franco. Risultato, questo, di quel virtuoso modello partecipativo del settore delle costruzioni, che, negli ultimi mesi, si è rafforzato con la nascita di Fondamentale, la filiera che riunisce associazioni imprenditoriali e organizzazioni sindacali. “In questi sei mesi la filiera Fondamentale ha investito risorse, competenze, uomini. Abbiamo voluto far vivere all’interno della Biennale questa idea: l’idea è quella che la sintesi e il confronto che producono le parti sociali delle costruzioni sono un modello sì di partecipazione attiva e sono un modello che parla anche in questo momento alla politica”.
Al centro del riflessione del convegno in Biennale, il tema dell’intelligenza artificiale e della trasformazione delle città. Città che si rigenerano che diventano città smart e città green. Su questo fronte, “la centralità che pone la nostra organizzazione è la questione della dimensione umana della rigenerazione urbana”, ha detto Di Franco. “Questo ripensare le città, pensare gli spazi e pensare ai quartieri, significa immaginare chi vivrà quei quartieri. Significa che i cittadini non si possono espellere dalle periferie, significa pensare gli investimenti per le periferie e i cittadini che le vivono. Oggi abbiamo sentito più voci in una discussione trasversale e la sintesi che potremmo trarre è che l’intelligenza artificiale è al servizio anche della rigenerazione urbana e anche delle nuove idee che di città avremo, ma questo può avvenire da come noi come governiamo i processi”. Processi in cui i corpi intermedi possono e devono rivestire un ruolo centrale. “Come possiamo parlare di democrazia – ha sottolineato Di Franco facendo riferimento a uno dei temi affrontati nel convegno – e come può questa costruirsi nell’epoca in cui i corpi intermedi non vengono in qualche modo riconosciuti anche nel ruolo di mediazione che hanno anche rispetto ai conflitti che le città stanno generando?” .
Nel pensare o ripensare a modelli di rigenerazione urbana, la posta in gioco è quella che investe le periferie.A sostenerlo è stato Fabrizio Capaccioli, presidente di Green Building Council Italia. Dopo aver lavorato “in trincea” per superare preconcetti e pregiudizi ideologici sull’edilizia green, “oggi abbiamo grande consapevolezza di costruzioni sostenibili”, ha rilevato. “Lo abbiamo fatto grazie ai fondi di Investimento. Milano è completamente cambiata in 20 anni. Ma questo, appunto, l’ha fatto il privato, ha deciso che doveva investire e ha realizzato quartieri con caratteristiche uniche al mondo come City Life e Porta Nuova. Ma la città deve guardare alla periferia come obiettivo, alla periferia come centro di interesse dello sviluppo del sistema Paese. Dobbiamo avere il coraggio di avere un modello urbanistico, economico e sociale che includa le periferie”, ha detto Capaccioli. Un modello, dunque, che non è quello della gentrificazione che “non fa l’interesse della collettività” ma è quello di “una vera rigenerazione in grado di garantire capacità di coesione sociale”. Questo implica una “scelta politica per portare finanza pubblica e privata sulle aree periferiche con un sistema di incentivi pubblici. Bisogna fare in modo che la finanza privata trovi coerenza nell’andare a investire nelle periferie”.Come Green Building Council, “vogliamo essere coloro i quali agiscono nelle retrovie per mettere a disposizione i migliori contenuti tecnici, metodologici per fare tutto quello che è necessario per rigenerare il nostro ambiente costruito”.
Anche questo terzo appuntamento veneziano è stato ricco di contributi e di stimoli. “Intelligenza artificiale e governo della città “ è il titolo dell’intervento di Roberta Sala, professore ordinario di Filosofia politica, Università Vita-Salute San Raffaele; Mosè Ricci, professore ordinario di progettazione urbanistica a La Sapienza , ha parlato di “Intelligenze naturale, collettiva e artificiale e trasformazioni urbane” mentre Marcello di Paola, professione associato di Filosofia dell’età comtemporanea all’Università di Palermo ha affrontato il tema di “Città Escogitate: Redistribuzioni di Intelligenze e Adattamento Climatico”. “AI e adattamento urbano” è il titolo dell’intervento di Edoardo Cosenza, professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni, Università di Napoli e assessore alle Infrastrutture, Mobilità, Protezione Civile del Comune di Napoli.