Bisogna plaudire sempre alla prudenza con cui la premier Meloni e il ministro Giorgetti stanno gestendo i conti pubblici italiani. La fiducia è un valore che non ha prezzo e i vari spread (non solo con il Bund tedesco) confermano che si sta facendo un buon lavoro. Eppure il nuovo quadro programmatico del governo era atteso per capire che tipo di crescita ci si attende e soprattutto che tipo di crescita vuole il Governo dal 2026 in avanti. La fatidica fase post-Pnrr che molti temono come fosse il ritorno all’inferno. Ebbene, dal Dpfp non arrivano segnali incoraggianti: non l’inferno, ma un pallore assoluto. Un dato chiave per capire quali politiche abbia in testa il governo e che impatto si prevede è sempre il confronto fra la crescita del Pil tendenziale e quella programmatica. Quanta crescita producono, semplificando molto, le politiche messe in campo dal governo. Ebbene, nel 2026 Pil tendenziale e programmatico sono appaiati a +0,7%. Effetto zero sulla crescita dell’azione di governo. Si dirà, a ragione, che “tanto c’è il Pnrr”, che infatti è considerato in questi quadri una variabile esogena rispetto alle politiche di governo. Ma il 2027 e il 2028, quando l’effetto diretto del Pnrr sarà quasi scomparso, l’impegno di governo per la crescita si traduce in un decimo di punto percentuale, da 0,7% tendenziale a 0,8% programmatico nel 2027 e da 0,8% tendenziale a 0,9% programmatico nel 2028: praticamente impercettibile. E se quei tendenziali si rivelassero sovrastimati, che capacità di reazione avrebbe la politica economica? Avremo modo nei prossimi giorni di capire meglio, soprattutto sul fronte degli investimenti pubblici e degli stimoli a quelli privati. Ma l’inizio non è confortante.
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