L'EMERGENZA ABITATIVA
Piano casa europeo, il nodo adesso sono i fondi. Fitto e Tinagli in coro: “Trovare una linea di finanziamento ad hoc”
L’obiettivo (minimo) più prossimo rimarcato dall’ex responsabile del Pnrr italiano è raddoppiare le risorse europee “per far fronte all’emergenza abitativa, soprattutto della classe media”. Accanto all’opera di riqualificazione energetica degli edifici. La base da cui partire per ragionare è che il 75% dei cittadini euro-comunitari vive nelle grandi città, dove quindi c’è una pressione abitativa ormai fuori controllo. I costi sono lievitati ai massimi, ha ricordato la presidente Ance, Federica Brancaccio: “Serve che l’Ue definisca tempi e obiettivi chiari ma intanto già con i fondi esistenti nei prossimi anni potremmo avere a disposizione 15mld”. E il tema delle risorse da reperire è stato al centro anche del dibattito tra Beppe Sala (Sindaco di Milano) e Attilio Fontana (Presidente Regione Lombardia). “Quest’anno puntiamo ad aumentare i finanziamenti del 40% rispetto alla media quinquennale precedente” ha segnalato anche la presidente Bei Nadia Calviño.
Ora che il tema è consolidato al centro delle agende politiche nazionali ed europea, con obiettivi generali comuni, possiamo passare allo step successivo. Per risolvere l’emergenza casa, che colpisce soprattutto la classe media, servono le risorse. E tante. Il coro definitivo e pressoché unanime è arrivato ieri a Milano al convegno organizzato a Palazzo Marino. Lo ha detto, anzitutto, il vicepresidente esecutivo e commissario per la politica regionale e di coesione, lo sviluppo regionale, le città e le riforme, Raffaele Fitto: “Bisogna accelerare sui fondi per il piano casa in tutta Europa con strumenti di flessibilità nel bilancio Ue, raddoppiando le risorse europee a disposizione”. Da 7 a 15 miliardi. D’altronde, la base da cui partire per ragionare è che il 75% dei cittadini euro-comunitari vive nelle grandi città, dove quindi c’è una pressione abitativa ormai fuori controllo. Di qui la necessità di riorganizzare i grandi centri urbani. “Al tempo stesso, abbiamo il problema opposto dello spopolamento delle aree interne; tutto questo sotto l’ombrello della grave crisi demografica”. Il prossimo step lanciato da Fitto guarda da qui a dicembre, quando verrà aperto un tavolo di confronto sul piano di revisione dei fondi per la coesione. Poi, dal primo gennaio queste risorse saranno a disposizione. “Il nostro obiettivo minimo è raddoppiarle. Vedremo, sulla base delle richieste dei singoli Paesi e delle Regioni, se riusciremo ad utilizzarli”. Già, perché gli Stati dovranno presentare i propri piani entro dicembre. Domani. In una sfida che, oltre che difficile, è anche doppia perché include anche l’opera di efficientamento energetico degli edifici. “Il tema è complesso, l’emergenza c’è ma abbiamo messo strumenti, risorse e programmazione per affrontarlo”, ha concluso l’ex ministro italiano.
Indicazioni importanti sono arrivate anche da Irene Tinagli (Pd), presidente della commissione europarlamentare House. Il modello da seguire per la casa è quello di Vienna. Dove ogni anno vengono elargiti 250 milioni dal governo per aiutare le fasce sociali più fragili e altrettanti vengono messi dall’amministrazione comunale. Di più, nella capitale austriaca, ha ricordato Tinagli, “il 65% degli abitanti vive in affitto, ma solo il 30% nel mercato privato. Il resto sono alloggi pubblici o sociali”, appunto, con canoni calmierati. “Così si protegge il ceto medio”. Una via concreta per combattere il rigetto che le città producono oggi verso i lavoratori. “E se perdiamo questa fascia sociale, perdiamo la nostra coesione”. Parlando con Diario Diac a margine dell’evento, poi, Tinagli ha aggiunto che “il nostro di lavoro di mappatura, analisi e indagine sul campo va avanti da gennaio e prosegue. Domani (oggi, ndr) a Milano”. Quindi, ha rilanciato quanto detto dal collega Fitto: “Ragioniamo per la prossima programmazione Ue su fondi dedicati alla casa ma anche su interventi regolatori per armonizzare il quadro normativo a livello europeo e dare la possibilità a governi e città di intervenire su affitti brevi, aiuti di Stato flessibili per l’housing sociale”.
Altre indicazioni sono arrivate dalla presidente Ance, Federica Brancaccio. La quale ha battuto sul tasto dolente dei costi alti del settore delle costruzioni: “Se volessimo mettere sul mercato a prezzo accessibili, sarebbe impossibile per i costi”, ma “quello che l’Europa può fare è definire obiettivi e tempi chiari” e “già con i fondi esistenti nei prossimi anni potremmo avere a disposizione 15mld”. Ancora: “Oggi sarebbe impossibile il piano Fanfani, non ci sono le risorse. Però, l’obiettivo era accompagnare la crescita di un Paese e dare una risposta. Dal 1963 non ci si è mai posti il problema al centro di un’agenda politica”. A Diario Diac, poi, Brancaccio ha chiosato spiegando che “il dossier casa è finalmente una priorità dei governi e dell’Europa. Noi come Italia dobbiamo chiarire la governance per mettere a terra un grande piano nazionale. Poi, servono strumenti fiscali, finanziari e normativi. E i criteri per le premialità”. Non solo per l’edilizia residenziale pubblica e l’housing sociale: “Oggi la casa è un’emergenza di tutti, anzitutto del ceto medio. E la pressione grava sempre più sulle città, ecco perché serve distribuire servizi e attività produttive su più aree del Paese”.
Anche la collaborazione pubblico-privato è una strada da battere sempre di più per ovviare alla carenza di risorse economiche. Così come quella degli aiuti bancari a garanzia dei mutui. Elementi che hanno alimentato il dibattito finale, moderato da Irene Tinagli, tra il Sindaco di Milano Giuseppe Sala e il presidente della Lombardia Attilio Fontana. Proprio sul tema economico il primo cittadino meneghino ha ricordato che “per fare circa diecimila appartamenti, che pure risolverebbero una parte del problema, bisognerebbe investire un paio di miliardi”. Così come secondo lui per mettere a terra il piano nazionale – definito “necessario e giusto” – annunciato dal governo Meloni, occorrono non meno di 100 miliardi. A livello comunale, invece, occorre definire “chi fa che cosa? Insieme ad una serie di altri sindaci siamo stati a maggio a Bruxelles a presentare il piano straordinario per la casa. In sostanza, consiste nel mettere a disposizione, in un’ottica pubblico privato, aree al privato perché costruisca con un ritorno di prezzi nella misura giusta e necessaria. Che significa fino 80euro al mq all’anno di affitto”, ha detto.
A Milano, seguendo le cifre snocciolate da Sala ieri, il patrimonio Erp costa 86 milioni annui al netto dei rincari degli affitti. E rispetto al 3% nazionale la quota meneghina è dell’8% di case di edilizia popolare. “Prometto di recuperare i 2500 appartamenti sfitti ma se ne genereranno altri. Il nostro – ha rivendicato – è l’unico piano casa locale d’Italia”. Quindi uno sguardo alle elezioni: “Io tra un po’ ho finito, ma il problema casa va affrontato. Sappiamo che ci vorrà un decennio per risolverlo ma questo è momento di affrontarlo. Bisogna fare delle proposte concrete e la casa deve essere nell’agenda di tutti i partiti”. Un dossier economico ma anche politico.
E infatti, secondo Fontana “raddoppiare i fondi europei destinati al piano casa già dal 2026 con la revisione delle politiche di coesione funziona per le regioni che non spendono. Per noi una sfida difficile in questa legislatura, perché li stiamo già spendendo”. Quindi la richiesta all’Ue di essere “meno burocratica e vincolante”. E poi, collegandosi al tema risorse, “è assurdo che le case pubbliche debbano pagare Ires e Imu, non ha senso e poi i soldi che ci mancano ce li deve dare lo Stato”. Intanto, anche la Banca europea degli investimenti continua la sua strada sulle politiche abitative. Ieri in video la presidente Nadia Calviño ha rilanciato l’impegno del gruppo per fine anno di “aumentare i nostri finanziamenti del 40% rispetto alla media quinquennale precedente e a contribuire alla realizzazione di circa un milione di abitazioni più accessibili e sostenibili entro il 2030”. Quando ancora, comunque, il tema casa sarà ancora in primo piano.