L'AUDIZIONE

Piano Mattei, ECCO: “Serve un database per tracciare i progetti”

Secondo il think tank questa sarebbe la soluzione a uno dei problemi ancora aperti, quello della trasparenza e del monitoraggio del programma. Obiettivo mostrare il cronoprogramma e i canali di finanziamento ma anche gli attori coinvolti. Inoltre, sia per Ecco che per ReCommon – audito mercoledì – occorrerebbe coinvolgere più concretamente la società civile, le cui proposte di correttivi rimangono ancora inascoltate. Un altro rischio per Action Aid è la riduzione del ruolo del Ministero dell’Ambiente, con la conseguenza di una minore attenzione agli obiettivi di transizione energetica.

11 Set 2025 di Mauro Giansante

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I margini di miglioramento sono ancora molti, forse troppi. Il Piano Mattei, a quasi due anni dall’implementazione non convince il mondo degli analisti di settore. Una nuova occasione per fare il punto è stato il ciclo di audizioni alla commissione Esteri della Camera durante questa settimana. Ieri sono intervenuti i rappresentanti del think tank Ecco, secondo cui nel Piano Mattei manca ancora una piena trasparenza e tracciabilità dei progetti, per cui proponiamo di mettere a disposizione un database accessibile che mostri il cronoprogramma e i canali di finanziamento e gli attori coinvolti. Riscontriamo poi un insufficiente coinvolgimento della società civile e delle comunità locali nell’identificazione dei progetti. Infine, manca una visione strategica di insieme del sistema Italia e della politica sul nesso clima-energia per lo sviluppo. Il Piano Mattei al momento non è ancora una bussola del sistema Italia”.

Guardando nel dettaglio la relazione consegnata dal centro studi energetico, Ecco conferma quanto dichiarato a luglio a Diac sui progressi nell’internazionalizzazione, l’attenzione alla dimensione del debito, un crescente interesse sull’adattamento climatico e in generale l’aumento dei progetti inclusi. Ma non basta ancora. Per il think tank il piano continua a mancare di una visione strategica, nonché – oltre a quanto segnalato in audizione –  di un chiarimento su “come il Sistema Italia, e in particolare il comparto industriale, potrà beneficiare di impegni finanziari annunciati dal Governo, come per esempio il primo stanziamento di 250 milioni nel quadro della partecipazione italiana al Memorandum of Understanding (MoU) sul Corridoio di Lobito”. Più in generale, occorre iplementare una percezione d’insieme delle relazioni Italia (ed Ue)-Africa. “L’alta volatilità dei mercati internazionali di petrolio e gas pregiudica entrate stabili e durature e la pianificazione di una crescita stabile, costante e sostenibile per i paesi dipendenti da esportazioni di combustibili fossili. Un obiettivo, quello di una crescita stabile e di lungo termine, a cui il Piano Mattei si prefigge proprio di rispondere”, ricorda Ecco. Di qui la necessità anche di “ricondurre la selezioni dei progetti a chiari criteri di impatto o a obiettivi specifici presenti nei Piani di sviluppo dei Paesi africani, nell’ottica della promozione di uno sviluppo inclusivo”.

 

Piano Mattei, “da scatola vuota finalmente si sta riempiendo. Promossa l’internazionalizzazione ma manca una visione oltre la lista dei progetti”

 

Ma ieri e mercoledì anche altre organizzazioni hanno alzato più di qualche dito sul piano intitolato al fondatore dell’Eni. “I Paesi con cui siamo più in contatto attualmente sono Somalia, Ciad e Camerun. La nostra prospettiva è che anche per questi Paesi, che non sono considerati come prioritari nel Piano Mattei, si possa intravedere una loro partecipazione. Ognuno di questi Paesi ha una sua fragilità ma sono Paesi prioritari per la cooperazione. Collegare le attività di cooperazione a processi di sviluppo economico con il Piano Mattei sarebbe estremamente utile”. A dirlo sono stati i rappresentanti del Centro relazioni con l’Africa della Società geografica italiana.

Secondo Action Aid, invece, un po’ come per Ecco ma anche come detto mercoledì in audizione da Giampaolo Silvestri, segretario generale della Fondazione Avsi-Ets, “rinveniamo la poca trasparenza, perché la documentazione sul Piano Mattei è molto scarna. È necessario un massiccio sforzo di trasparenza che cominci il prima possibile. Parliamo di documenti essenziali per capire la bontà e le buone intenzioni del Piano Mattei”. Ma non solo. “Ci preoccupa la questione della nuova governance del Fondo italiano per il clima, che si dotava di una struttura autonoma con due comitati e la prevalenza del ministero della Sicurezza energetica. Il decreto Infrastrutture del giugno 2024 ne modifica la governance creando un Comitato tecnico che ha potere di delibera sull’ammissibilità dei progetti. Si compie così una commistione tra il Fondo e il Piano Mattei. L’impressione è che il fondo sia stato riorientato rispetto alle priorità originarie, con un ridimensionamento del ruolo del Mase. Ci si chiede dunque se l’Italia abbia abbandonato le ambizioni della transizione climatica”.

A sollevare il tasto del poco coinvolgimento della società civile, invece, è stata ReCommon. “Rileviamo che l’ascolto delle organizzazioni della società civile sia diventato un mero pro forma. Molte delle proposte di correttivi strutturali lanciate dalla società civile infatti ancora oggi rimangono senza risposta. Ad esempio, nonostante sul sito web della Presidenza del Consiglio dei ministri sia stata creata un’apposita pagina sul Piano Mattei, la richiesta di trasparenza avanzata dalla società civile italiana e da molti Paesi africani andava ben oltre. Più volte è stata ribadita la necessità della pubblicità dei dati nei processi di approvazione e valutazione ex ante di finanziamento e monitoraggio degli interventi. Nelle relazioni è necessario avere informazioni più dettagliate per monitorare ex post”. Inoltre, hanno aggiunto, “chiediamo se i progetti legati all’energia fossile siano contemplati o meno all’interno del Piano Mattei e se si quali sono, perché questo tradirebbe le aspirazioni del Piano di non essere predatorio. L’industria fossile infatti è al centro del carattere predatorio all’interno del continente africano”.

Infine, un ulteriore tasto interessante è stato toccato da Alfredo C. Cestari, presidente della Camera di Commercio ItalAfrica Centrale, audito il 10 settembre. Secondo il quale serve “coinvolgere tutte le Regioni italiane per consentire ai possibili beneficiari di accedere alle informazioni del Piano Mattei. Bisogna implementare meglio l’informazione sul territorio italiano, non solo nel Nord dove le grandi industrie sono state molto più reattive nella partecipazione agli accordi con i Paesi target, ma anche nel Mezzogiorno”. Lì dove ci sono tante realtà imprenditoriali nei settori di agricoltura, sanità, energie rinnovabili, acqua potabile. “Sarebbe interessante portare al Sud la conoscenza delle opportunità stabilite dal Piano”. Insomma, i compiti da fare a casa per migliorare il Piano Mattei sono ancora diversi, adesso serve accelerare.

 

 

 

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