LO STUDIO

Nomisma: rete autostradale VECCHIA, urgente investire 50 miliardi di euro. Volumi di traffico in crescita fino al 2030 per merci e passeggeri

Secondo uno studio della società di ricerche i volumi di traffico continueranno a crescere tra il 2015 e il 2030 del 14% per i passeggeri e del 31% per le merci. Anche per questo il fabbisogno di investimento per la rete autostradale “non più procrastinabile ammonta a una cifra compresa tra il 40-50 miliardi di euro a partire dal 2024, solo in minima parte coperto da finanziamenti pubblici. Si tratta di valori inferiori al 5% del valore stimabile ad oggi per costruire ex novo una rete autostradale o una rete alternativa, e con un chiaro ed evidente impatto positivo per l’intero sistema produttivo ed economico del Paese”.

23 Gen 2025 di Giusy Iorlano

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Nomisma: rete autostradale VECCHIA, urgente investire 50 miliardi di euro. Volumi di traffico in crescita fino al 2030 per merci e passeggeri

Cinquanta miliardi di euro, solo in minima parte coperti da finanziamenti pubblici. È questo il “fabbisogno minimo” di investimenti, per ricostruire una rete autostradale, quella nazionale, la più complessa, trafficata e datata d’Europa. Investimenti, questi, ritenuti non più procrastinabili per le vie a pedaggio del Paese.

La fotografia è quella scattata dall’ultimo studio realizzato da Nomisma, anche con il contributo scientifico di Aiscat (l’associazione che raggruppa tutte le aziende del settore da Aspi alla Astm della famiglia Gavio e di Ardian), dal titolo “Il ruolo delle autostrade per lo sviluppo del Paese”, presentato ieri a Roma.

In particolare, quelli più urgenti sono gli interventi di rigenerazione e potenziamento. “Imprescindibili”, secondo l’analisi, non solo per rigenerare un’infrastruttura ormai obsoleta, ma anche per adeguare la capacità di trasporto al traffico che è cresciuto a livelli record.

D’altronde il ruolo del trasporto su gomma si conferma un asse portante per lo sviluppo economico dell’Italia. Su un totale di oltre 881 miliardi di passeggeri-km, quasi il 90% si muove su strada. In particolare questa preminenza appare evidente anche nel settore merci, con il sistema autostradale vera e propria spina dorsale della rete logistica nazionale dove, su un totale di 582,1 miliardi di tonnellate-km, più dell’87% del traffico è movimentato su strada. Anche gli scenari tendenziali al 2030 e al 2050 tendono a confermare su scala europea il contributo della “gomma”. Si stima che i volumi di traffico continueranno a crescere tra il 2015 e il 2030 del 14% per i passeggeri e del 31% per le merci.

“Il sistema autostradale italiano rappresenta un comparto vitale per l’economia nazionale – sottolinea Francesco Capobianco, Head of Public Policy di Nomisma – Per questo è necessario individuare e adottare soluzioni capaci di garantire la copertura economica degli investimenti e l’adeguamento delle spese di manutenzione in base ai nuovi standard tecnici e normativi. Garantendo un giusto equilibrio tra le esigenze non più rinviabili di investimenti per l’intero comparto autostradale e la sostenibilità delle tariffe per l’utente, occorre individuare strumenti a supporto degli investimenti”.

Gli investimenti sulla rete

Nello specifico sono stati 20,7 i miliardi di euro investiti nella rete tra 2009 e 2021. Una crescita costante culminata nel 2022 con oltre 2,5 miliardi di euro stanziati. Parallelamente, le spese di manutenzione hanno visto una distribuzione annuale di circa 768 milioni di euro con un totale di 10 miliardi di euro nel periodo compreso tra 2009 e 2022. Nonostante l’impegno economico messo sul piatto, però, appare evidente il divario tra gli investimenti programmati e quelli effettivamente realizzati. In termini di risorse economiche, “il fabbisogno di investimento per la rete autostradale non più procrastinabile – si legge nello studio – ammonta a una cifra compresa tra il 40-50 miliardi di euro a partire dal 2024, solo in minima parte coperto da finanziamenti pubblici. Si tratta di valori inferiori al 5% del valore stimabile ad oggi per costruire ex novo una rete autostradale o una rete alternativa, e con un chiaro ed evidente impatto positivo per l’intero sistema produttivo ed economico del Paese”.

Il traffico autostradale

A questi problemi si aggiunge, però, anche la forte pressione del traffico autostradale che in Italia nel 2023 ha superato un nuovo record con oltre 86,6 miliardi di veicoli-km. In pratica un traffico sei volte superiore a quello degli anni Settanta, con 65,7 miliardi di chilometri percorsi da veicoli leggeri e 20,9 miliardi percorsi da quelli pesanti. L’incremento di traffico passeggeri negli ultimi 10 anni ha registrato un aumento del 13% rispetto al 4% della media generale, mentre per le merci è stato del 24% contro il 21% degli altri comparti. Neanche a dirlo le tratte più trafficate sono anche quelle più strategiche: la A1 Milano- Napoli, la A3 Napoli-Salerno e la A4 Milano-Torino.

La complessità e vetustà della rete

La rete autostradale italiana, lunga circa 7mila chilometri, è “caratterizzata da un altro grado di complessità e vetustà in confronto a quelle dei principali Paesi europei”, spiega la società di ricerca sottolineano che se negli anni Venti il nucleo originale era pari a 260 km, negli anni Sessanta si è realizzato il maggiore sviluppo della rete con ben 1.300 km. Tuttavia, il suo sviluppo si è arrestato alla fine degli anni Settanta, lasciando l’Italia con una rete che ad oggi presenta il 50% delle tratte costruite ante 1970. Di conseguenza la rete autostradale italiana è la più datata d’Europa. Oltre ad essere la più vetusta, è anche, per largo distacco, la più trafficata con una media di quasi 44mila veicoli teorici medi giornalieri (circa +40% rispetto alla Francia e più del doppio rispetto a quelli della Spagna). Ad accentuare la complessità del sistema è anche la conformazione geomorfologica del Paese, che determina una presenza capillare di gallerie, viadotti e ponti. Con circa 1.200 km di ponti, la rete autostradale nazionale presenta una dotazione di oltre 3 volte superiore ai 260 Km della Germania e ai 320 km della Spagna, a cui si sommano 500 km di gallerie (pari alla metà del totale presente in Europa). “Nonostante le molteplici sfide cui il comparto è chiamato a far fronte, la sicurezza rimane una priorità. A fronte di un livello di traffico più alto del 190% rispetto al 1970, il numero di vittime si è ridotto di circa il 75%”, precisa Nomisma.

Il nodo delle tariffe

Nonostante una maggiore complessità richiesta dalla rete autostradale del nostro Paese, le tariffe italiane si caratterizzano per una migliore competitività di prezzo rispetto agli altri principali sistemi a pedaggio vigenti in Europa (Spagna, Francia e Portogallo). Le tariffe applicate ai veicoli leggeri in Italia sono in assoluto le più basse, ma anche quelle che – nel tempo – sono cresciute di meno. Sulla base dello studio comparato Oxera (2016), poi aggiornato dall’Osservatorio CPI (2018), l’Italia risulta essere il Paese con il più contenuto rapporto euro cent/km tra i paesi con autostrade a pedaggio. Ad esempio, simulando un viaggio autostradale in auto di circa 650 km, il pedaggio incide per poco più del 10% sul totale della spesa viaggio, percentuale che scende all’8% nel caso del trasporto merci.

Le prossime partite

La partita è comunque aperta. Ora si guarda all’approvazione dei nuovi Piani economico-finanziari (Pef) che metteranno nero su bianco, nel dettaglio, come le concessionarie intenderanno usare le entrate derivate dai pedaggi e anche di quanto cresceranno le tariffe. Non solo. La riforma, varata con il ddl concorrenza lo scorso dicembre, definisce il nuovo assetto degli affidamenti con il quale andranno a gare 17 concessioni nei prossimi 15 anni, 6 nei prossimi 6 anni. Il primo vero banco di prova si avrà con il bando appena pubblicato dal ministero dei Trasporti per l’autostrada del Brennero (A22) che prevede ben 9 miliardi di investimento con una concessione di 50 anni. Sul tavolo c’è già una proposta ed è quella presentata al ministero dall’attuale concessionario: la società Autostrada del Brennero, guidata dall’amministratore delegato Diego Cattoni. L’obiettivo è trasformare l’autostrada del Brennero nel primo green corridor d’Europa. In qualità di proponente, all’attuale società concessionaria sarà riservato il diritto di prelazione.

 

 

 

 

 

 

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