LE AUDIZIONI SULLE MODIFICHE AL CODICE DEGLI APPALTI
Correttivo sotto schiaffo. Ance: revisione prezzi svuotata. Anac: male la concorrenza. L’allarme per l’attacco al contratto
Il presidente dell’ottava commissione della Camera Rotelli (FdI) avverte: non potremo dare il parere se prima il governo non ci trasmette quelli di Consiglio di Stato e Conferenza unificata, come previsto dalla procedura di legge. Alessandro Genovesi, alla prima uscita come segretario confederale Cgil con delega agli appalti, spara sulla possibilità di derogare il contratto firmato dalle associazioni più rappresentative con contratti a tutele analoghe, ma la stessa cosa fanno gli altri sindacati e la stessa Ance che denuncia rischi per regolarità e sicurezza del lavoro. L’attacco sotterraneo al sistema delle bilateralità e alle casse edili.

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, e la capa del suo ufficio legislativo, Elena Griglio
IN SINTESI
Tira una brutta aria per il correttivo al codice degli appalti di Matteo Salvini. Brutta aria nella maggioranza e fra gli stakeholder intervenuti alle audizioni della ottava commissione del Senato. Il presidente della commissione Ambiente a Montecitorio Rotelli (FdI), tanto per cominciare poco serenamente l’esame, avverte: non potremo votare il parere se prima il governo non ci trasmette i pareri del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata, come previsto dalla procedura di legge. I mal di pancia di Forza Italia e Fratelli d’Italia, irritati dall’impossibilità di votare le risoluzioni prima che il decreto correttivo venisse approvato dal Cdm e molto sensibili alle istanze di cambiamento pesantemente sollevate dalle imprese, non tarderanno a venire fuori esplicitamente. Ieri intanto l’ottava commissione del Senato ha tenuto le prime audizioni che continueranno anche alla Camera nella giornata di oggi.
Busìa (Anac): sulla concorrenza nessun passo avanti, male l’abolizione del rating di impresa

Anche dal lato dell’Autorità nazionale anticorruzione non tira un vento favorevole. “Sul correttivo al Codice dei contratti pubblici, approvato dal governo, permangono punti critici”, ha esordito ieri il presidente Giuseppe Busìa. “Innanzitutto – ha continuato – persiste l’assenza di obbligo di indicare il titolare effettivo, la cui utilità è evidente come si è visto dalla recente inchiesta della magistratura capitolina. Vi è tutto un vortice di imprese che aprono e chiudono, e di cui non si conosce il vero titolare, con svantaggio per le imprese sane e rischi di malaffare. Sarebbe utile, invece, inserirlo nel correttivo, insieme a una più robusta normativa sui conflitti di interesse”. Una vecchia battaglia di Busìa che non ha mai ricevuto la dovuta attenzione da parte dell’esecutivo.
Busìa passa poi alla questione spinosissima dell’equo compenso. Il tema funge da spia sul fatto che Busìa non si terrà i sassolini nelle scarpre stavolta, come faceva da un apio di mesi. Sull’equo compenso dice che “è stato trovato un compromesso ragionevole, tuttavia, la formula utilizzata nel correttivo comporta un appiattimento verso il basso e, soprattutto, si applica a servizi di ingegneria e architettura, ma non risolve i problemi per le altre prestazioni intellettuali, dai servizi legali alle consulenze”.
Altra questione di riscaldamento. “Riteniamo sia da mantenere – dice Busìa – il tavolo dei soggetti aggregatori e delle centrali di committenza presso Anac, volto a favorire la loro qualificazione e specializzazione, per garantire una più efficiente attività di acquisto delle amministrazioni. Il correttivo sembra invece confondere – spiega Busìa – tale funzione, richiesta dalle istituzioni europee, con quella, che invece deve rimanere in capo al Mef, di confronto con i soggetti aggregatori per fini di coordinamento della finanza pubblica”.
Poi arrivano le bordate grosse sul cavallo di battaglia dell’Anac, la concorrenza. Dopo un lungo periodo di silenzio, Busìa aveva fatto capire al convegno Luiss-Legacoop-Consorzio Integra di cui ha riferito Diario Diac come la pensasse (si legga l’articolo). Ieri è andato giù esplicito. “L’aspetto più macroscopico del correttivo approvato – ha detto il numero uno di Anac – è che non vi siano interventi a favore di una maggiore concorrenza, che il codice ha complessivamente ridotto. Sono rimaste le soglie molto alte per gli affidamenti diretti di servizi e forniture, come pure per l’affidamento di lavori fino ad oltre cinque milioni senza avvisi pubblici: il correttivo avrebbe dovuto rappresentare l’occasione per introdurre elementi per accrescere la trasparenza, prevedendo forme di pubblicità facilmente realizzabili grazie al digitale. Tale criticità non è ancora emersa in tutta la sua portata solo perché negli ultimi mesi le grandi disponibilità legate anche al Pnrr hanno comunque soddisfatto l’offerta privata. Via via che questo elemento verrà meno, anche in ragione dei nuovi vincoli di finanza pubblica, il problema si presenterà in modo decisivo”. Amen.
Altro argomento di polemica forte, anticipato anch’esso al convegno della settimana scorsa, è l’abolizione del rating di impresa su cui Anac addirittura aveva messo a punto un documento – poi bloccato – per avviare una consultazione, nel rispetto della legge. Niente, l’articolo 109 del codice è stato cassato. “Grave – dice Busìa – che sia venuto meno il rating reputazionale. Se ritenuto di difficile applicazione, lo si può semplificare, però l’istituto va preservato, non soppresso. Costituisce un presupposto indispensabile per premiare le imprese migliori ed il loro investimento nella qualificazione: dobbiamo incoraggiare la qualità, sia sul lato pubblico che privato. Come chiediamo giustamente qualificazione e competenza alle stazioni appaltanti, così dobbiamo premiare gli operatori economici che si comportano al meglio. Si può introdurre una semplificazione, ma l’istituto va sicuramente recuperato”.
Ance: rischio sterilizzazione per la revisione prezzi

L’audizione Ance ha confermato che per l’associazione dei costruttori c’è una questione grave e urgente su cui non si scherza: il sostanziale svuotamento della revisione prezzi che era l’unica vera novità del codice 36. I costruttori parlano di “rischio sterilizzazione”, riprendendo le argomentazioni, con tanto di simulazioni numeriche, che Diario Diac ha già esposto (si può leggere questo articolo con le simulazioni). Si contestano sia le modifiche all’articolo 60 del codice sia il nuovo allegato II.2-bis. In particolare, la misura dell’importo revisionale, pari all’80 per cento del – solo – valore eccedente la variazione del 5 per cento, il momento di riferimento per il calcolo della stessa, individuato nel mese del provvedimento di aggiudicazione, la clausola revisionale in termini analoghi a quelli previsti per l’appaltatore anche per il subappaltatore e/o subfornitore.
Un’altra questione emergente, ma altrettanto grave, è quella che riguarda l’applicazione del contratto “prevalente” (cioè stipulato dalle associazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative) che potrà essere derogato con l’applicazioni di altri contratti che prevedano “tutele analoghe”. Questo principio per Ance costituisce “un vulnus per la tutela della regolarità e della sicurezza del lavoro”.
Terza questione è l’illecito professionale che all’Ance non anadava affatto bene neanche nell’attuale formulazione, ma che ora viene ulteriormente aggravato. La modifica contenuta nel correttivo – dice Ance – “amplia ulteriormente il novero delle condotte che le stazioni appaltanti, ‘gara per gara’, possono ritenere rilevanti ai fini dell’esclusione, estendendola ad un tipo di provvedimento ad alto tasso discrezionale – qual è quello di applicazione di penali – ma soprattutto di natura unilaterale, con l’effetto di rendere ancora più discrezionali e incerte le regole di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica”.
Genovesi (Cgil): gravissimo attacco al contratto di lavoro

Prima uscita per l’ex segretario generale della Fillea e ora neosegretario confederale della Cgil con le deleghe sugli appalti, Alessandro Genovesi. Se Ance ha posto la questione del contratto collettivo di lavoro in modo fermissimo ma educato, Genovesi ha tirato giù il bazooka, parlando di “gravissimo attacco al contratto di lavoro”. In realtà, Genovesi dice con termini più pesanti quello che hanno detto ieri tutti gli altri attori (associazioni datoriali e sindacali confederali) del sistema delle tutele bilateraili e delle casse edili che sono il vero oggetto dell’attacco (su cui Diario Diac tornerà nei prossimi giorni).
“Le modifiche proposte dal governo al codice degli appalti – ha detto Genovesi – rischiano di indebolire fortemente la corretta applicazione dei contratti collettivi Nazionali di Lavoro firmati dalle organizzazioni realmente rappresentative, a danno di lavoratori e imprese serie. Siamo al mercato delle vacche per cui si potranno applicare Ccnl con meno tutele e salari più bassi rispetto a prima e a fronte anche dello stesso lavoro o ancora saranno legittimi Ccnl firmati da organizzazioni con pochi o nessun associato, sottoscritti solo per risparmiare e fare dumping”. “
E ancora: “le modifiche proposte, infatti, inseriscono tante di quelle variabili che, se non modificate o cancellate, porteranno caos e dumping contrattuale, secondo le peggiori pratiche del mercato privato, in quello che è un settore alimentato da risorse pubbliche (circa 200 miliardi di euro l’anno), e che dovrebbero essere una ‘leva industriale’ per far crescere qualità, dimensione di impresa, valore aggiunto nei diversi settori produttivi, oltre che garantire il massimo delle tutele economiche e normative, orientando in meglio l’intero assetto delle relazioni industriali e non in peggio”.
Genovesi elenca “le modifiche più pericolose” proposte dal Governo: il rinvio ai codici Ateco per indicare i Ccnl da applicare e non alla reale attività svolta; equivalenze automatiche tra Ccnl, che hanno però tutele economiche e normative diverse e in molti casi inferiori, e criteri così vaghi per definire la reale rappresentatività dei soggetti firmatari; l’indebolimento delle clausole sociali e dell’obbligo di applicare lo stesso Ccnl tra lavoratori in appalto e lavoratori in subappalto.
“Siamo in presenza – avverte Genovesi – non solo di una palese violazione dei principi e delle tutele previste dalla legge delega 78/2022 e dall’attuale codice, ma di un attacco ai lavoratori e alle loro organizzazioni senza precedenti che renderanno anche più difficile il compito delle stazioni appaltanti e delle pubbliche amministrazioni, con un’esplosione di contenziosi e vertenze”.
“Il Governo si fermi”, dice Genovesi, che chiede l’apertura di “un tavolo di confronto serio con le organizzazioni realmente rappresentative, assumendo la qualità e la difesa dei salari, dei diritti dei lavoratori, della salute e sicurezza come stella polare, senza cedere alle pressioni di lobbisti, consulenti vari, sindacati gialli”.