SUMMIT DI PARIGI
Il BAZOOKA europeo sull’Ia: 200mld e spinta su gigafactory
Presente anche il vice di Trump, J. D. Vance che ha messo in guardia contro una ”regolamentazione eccessiva” dell’intelligenza artificiale che ”potrebbe uccidere un’industria in pieno sviluppo”. Avvertendo quindi sui rischi di partnership con i regimi autoritari, “mai vantaggiose a lungo termine”. Ma Stati Uniti e Gran Bretagna non firmano la dichiarazione finale per un’intelligenza artificiale aperta, inclusiva ed etica. L’assenza di Meloni scatena le polemiche.
Non solo regole. L’Unione europea prova a entrare a gamba tesa nella partita internazionale e soprattutto extra-statale dell’intelligenza artificiale. Ieri, in occasione del summit parigino ospitato dal presidente francese Emmanuel Macron, la presidente della Commissione europea Ursula von der leyen ha annunciato un piano da 200 miliardi di euro con un nuovo fondo da 20 miliardi specifico per le gigafactory. Un bazooka necessario per affiancare il pacchetto normativo dell’Ai Act appena entrato in vigore nel suo primo blocco e non continuare a rafforzare l’immagine di un’Unione capace soltanto di scrivere nuove regole salvo poi incepparsi su tutto il resto. Von der Leyen l’ha definito un pacchetto simile al successo del Cern di Ginevra. Perché, sì, “l’intelligenza artificiale migliorerà la nostra assistenza sanitaria, stimolerà la nostra ricerca e innovazione e rafforzerà la nostra competitività” e “vogliamo che l’intelligenza artificiale sia una forza per il bene e per la crescita”. Ma sul dossier Ia c’è il nodo dei rischi per la sicurezza.
Quanto alle gigafactory, appunto, il fondo InvestAi dell’Ue ne finanzierà quattro future che saranno specializzate nell’addestramento dei modelli di Ia più complessi e molto grandi. Avranno circa 100.000 chip di Ia di ultima generazione, circa quattro volte di più delle fabbriche di Ia che vengono istituite in questo momento. In termini di risorse, il finanziamento iniziale della Commissione per InvestAi proverrà da programmi di finanziamento dell’Ue esistenti che hanno una componente digitale, come il Programma Europa digitale e Horizon Europe , e InvestEu. “Insieme alla Commissione Ue, il Gruppo Bei sta intensificando il sostegno all’intelligenza artificiale, un motore chiave dell’innovazione e della produttività in Europa”, ha detto la presidente della Banca europea degli investimenti, Nadia Calviño. Gli Stati membri potranno poi contribuire programmando fondi dalle loro parti di coesione. Di queste fabbriche ne sono state annunciate sette a dicembre e sono in arrivo altre cinque.
“Oggi è un giorno storico: abbiamo gettato le basi per le nostre future gigafactory Ai. Mettendo insieme le nostre risorse, consentiremo agli imprenditori Ai di innovare e crescere nei campi più esigenti dell’Ai. Saremo pronti a guidare la strada dell’AI con l’infrastruttura all’avanguardia”, ha commentato anche Henna Virkkunen, Vicepresidente esecutivo per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia dell’Unione europea. “Abbiamo bisogno di queste regole affinché l’IA possa andare avanti” e “dobbiamo continuare a promuovere la governance internazionale dell’Ia”, ha affermato al termine del vertice mondiale. “Quattro gigafactory per l’Ia europea sono un obiettivo importante che va colto nella consapevolezza che sullo sviluppo delle tecnologie quantistiche proprio l’Italia può svolgere un ruolo fondamentale”, ha detto il nostro ministro per le Imprese Adolfo Urso, aggiungendo: “È questa la migliore risposta anche ai timori degli Usa secondo cui l’eccessiva regolamentazione può frenare gli investimenti. Anche l’Europa è in campo con gli Stati Uniti”.
Ma, a proposito di Stati Uniti, nella dichiarazione finale firmata da 61 paesi per un’intelligenza artificiale “aperta”, “inclusiva” ed “etica”, non figurano né Washington né Londra. Tra i firmatari, la Cina, la Francia, l’India, si sono pronunciati anche per un coordinamento rafforzato della governance dell’Ia che implichi un “dialogo mondiale” ed hanno lanciato un appello ad evitare “una concentrazione del mercato”, affinché questa tecnologia sia più accessibile. A Parigi ha partecipato il vice di Trump, J. D. Vance che ha messo in guardia contro una ”regolamentazione eccessiva” dell’intelligenza artificiale che ”potrebbe uccidere un’industria in pieno sviluppo”. Avvertendo quindi sui rischi di partnership con i regimi autoritari, “mai vantaggiose a lungo termine”. Infine, Vance ha aggiunto che ”faremo tutti gli sforzi possibili per incoraggiare le politiche pro-crescita in materia d’Ia. Gli Stati Uniti sono leader nell’Ia e la nostra amministrazione vuole che lo restino”. Senza però stringere accordi internazionali, evidentemente.
Di Ia ha parlato anche la premier italiana, Giorgia Meloni, sottolineando che “oggi è l’intelletto che rischia di essere sostituito con un impatto enorme, potenzialmente devastante anche sui lavoratori più qualificati e con una ricchezza che rischia di concentrarsi e di verticalizzarsi sempre di più, se noi non governiamo questo processo e siamo già in ritardo”. Parole su cui riflettere ma che sono arrivate dal palco della Cisl a Roma, scatenando immediatamente polemiche politiche sull’assenza al summit di Parigi.