POLITECNICO MILANO

Studio POLIMI: 180 miliardi per adeguarsi alla direttiva case green

La stima prodotta da un modello di calcolo elaborato ad hoc da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico milanese. L’ipotesi di fondo è che ci siano 5 milioni di immobili in classe G su cui intervenire.

20 Giu 2024 di Giusy Iorlano

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Circa 180 miliardi di euro. Tanto costerebbe all’Italia adeguarsi alla direttiva Ue Casa Green (Energy Performance of Buildings Directive) qualora venisse recepita. A dirlo è un modello di calcolo elaborato ad hoc da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. Una cifra, questa, paragonabile a quanto è stato speso tra Superbonus, ecobonus e bonus casa negli ultimi tre anni, ma che per essere efficace dovrebbe essere ‘spalmata’ su un numero davvero molto più ampio di edifici, in particolare quelli nelle peggiori condizioni appartenenti alla classe G. E nel nostro Paese non sono pochi: circa 5 milioni, in pratica il 40% dell’intero parco immobiliare italiano. Interventi, questi essenziali per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che l’Italia si è data.

Cosa prevede la direttiva Casa Green

Casa Green mira a decarbonizzare il patrimonio immobiliare europeo entro il 2050, prevedendo una serie di step intermedi specifici per tipologia di immobile. Gli Stati membri dovranno elaborare piani di ristrutturazione dettagliati e inviarli agli organi sovranazionali entro il 31 dicembre 2025, data che coincide con la scadenza del Superbonus italiano.

Gli obiettivi sono ambiziosi: ridurre il consumo energetico degli edifici residenziali esistenti del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Per le nuove costruzioni, l’obiettivo è di azzerare le emissioni a partire dal 2028 per gli edifici pubblici e dal 2030 per quelli privati.

Ma particolare attenzione è posta sugli immobili con le peggiori prestazioni energetiche, che dovranno contribuire maggiormente alla riduzione. I maggiori interventi dovranno riguardare, in pratica, gli immobili di classe G, che sarebbero da efficientare almeno per il 43%, in metratura o in numero di edifici. Un intervento che costerebbe tra i 93 e i 103 miliardi di euro, stando all’analisi contenuta nell’ultimo Energy Efficiency Report 2024 di E&S a cui ne andrebbero aggiunti circa altri 80 per coprire il restante 45% dell’obiettivo, intervenendo sugli edifici delle altre classi energetiche. Il conto complessivo si attesterebbe così attorno ai 180 miliardi di euro (tra 169 e 187).

Il confronto con il 2023, l’anno del Superbonus

L’impatto della spesa va confrontato con gli investimenti fatti prima dell’ok alla direttiva Case Green. Nel 2023, parliamo di una cifra tra gli 85 e i 95 miliardi di euro in efficienza energetica. Almeno 55-59 miliardi hanno riguardano il settore residenziale, grazie al Superbonus che ha fatto la parte del leone (il triplo dei 20 miliardi scarsi spesi nel 2022), e dal terziario (25-29 miliardi). Decisamente poco rilevanti invece la Pubblica Amministrazione, i cui investimenti sono supportati principalmente da PREPAC, PNRR e conto termico, e il settore industriale, che ha tuttavia registrato un aumento del 20% rispetto al 2022. Il boom degli investimenti nel settore residenziale ha rappresentato un’indubbia opportunità per il comparto dell’efficienza energetica, spingendo in particolare quegli interventi che prima del Superbonus erano invece relegati a un ruolo più marginale, come il cappotto termico e i serramenti, oggi quasi il 50% del totale.

Ma cosa succederà ora che tutte le forme di ‘bonus’ sono uscite di scena o sono state drasticamente ridimensionate?

“Il quadro è piuttosto complesso e incerto – spiega Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile del report – da un lato, nonostante le recenti elezioni possano eventualmente cambiare le carte in tavola, l’Europa ha alzato l’asticella degli obiettivi, con l’Energy Efficiency Directive (EED) e soprattutto con l’Energy Performance of Buildings Directive; dall’altro lato, l’indice di propensione agli investimenti in efficienza energetica misurato dalla nostra survey è decisamente in calo e sono molte le preoccupazioni degli operatori riguardo al futuro del mercato”.

Il tema resta, quindi, come e con quali strumenti creare una sinergia tra incentivi fiscali, prodotti finanziari ad hoc e investimenti delle famiglie, capace di indirizzare il miglioramento dell’efficienza energetica là dove ce n’è più bisogno.

“A differenza di quanto fatto nel recente passato bisognerà intervenire in maniera molto più estensiva sul territorio in termini di numero di edifici – commenta Vittorio Chiesa, direttore di E&S – sempre che il comparto dell’edilizia possa gestire un numero enorme di cantieri in così pochi anni e anche che i prodotti e i materiali siano disponibili, e a un prezzo in linea con quanto previsto dalle stime”. Parte di queste risorse potrebbe (o dovrebbe) arrivare da un nuovo grande piano di finanziamenti europei, “ma non basta – aggiunge Chiesa – occorre una pianificazione attenta e la messa a punto di strumenti di supporto alla riqualificazione energetica degli edifici che oggi non è parte della nostra agenda politica, nonostante il PNIEC abbia rivisto al rialzo i target di riduzione dei consumi annuali di energia finale al 2030 insieme agli obblighi di risparmio annuo. Senza interventi sul patrimonio edilizio – ricorda – gli obiettivi di decarbonizzazione del Paese non saranno mai raggiunti e quindi l’Italia dovrà comunque dotarsi delle risorse necessarie per effettuare quegli investimenti, anche se eventualmente spalmati su un periodo più lungo”.

L’impatto sul fotovoltaico: investimenti in frenata

L’incertezza rischia di dimezzare l’adozione del fotovoltaico. E’ quanto emerge dal sondaggio sullo stato dell’efficienza energetica nelle imprese italiane condotto da E&S che ha raccolto tra aprile e maggio 2024 le risposte di 454 aziende di differenti settori industriali: circa il 45% degli interpellati non ha effettuato per nulla investimenti nel corso del 2023, mentre il 55% che lo ha fatto ha acquistato soprattutto (43%) tecnologie hardware, con un esiguo 9% che ha investito anche in software.

Alla base degli investimenti c’è, e ci sarà anche nei prossimi anni, la volontà di ridurre i consumi, seguita dalla sensibilità del management verso i benefici economici e ambientali, che rappresenterà, specialmente per le tecnologie hardware, un fattore di scelta sempre più centrale. Al contrario, la principale barriera all’adozione è il tempo di ritorno dell’investimento, considerato troppo lungo dalle aziende: questo, insieme all’incertezza normativa, conferma la necessità di incentivi stabili. Ma il vero campanello d’allarme riguarda le volontà di investimento per i prossimi 5 anni, da cui emerge chiaramente un rallentamento, addirittura un dimezzamento o più, negli investimenti complessivi in efficienza energetica: un’analisi comparata tra i risultati della survey e i dati contenuti nel precedente Energy Efficiency Report 2023 evidenzia infatti un significativo calo d’interesse nel puntare su tecnologie come il fotovoltaico e i sistemi di aria compressa, e di intervenire sui processi produttivi.

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