I CASI DI COMO, VENEZIA E TERNI

Stadi di provincia, sette progetti in corso: Bergamo e Frosinone “modello inglese” per rinnovare i quartieri

Secondo un dossier realizzato da M28 studio, visionato in anteprima da Diac, l’esempio del Derby County è emblematico: il nuovo impianto sorge in un’ex area industriale rigenerata dove oltre alle partite di calcio si svolgono eventi aziendali e musicali. Gli elementi imprescindibili per la riuscita di queste operazioni.

21 Set 2025 di Mauro Giansante

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Stadi di provincia, sette progetti in corso: Bergamo e Frosinone “modello inglese” per rinnovare i quartieri

Non più semplici arene sportive ma infrastrutture polifunzionali. Non più aperti solo la domenica ma tutti i giorni, tutto l’anno. E’ questo il volto dei nuovi stadi di calcio: all’estero, Inghilterra in primis, già da decenni mentre in Italia sono ancora l’eccezione di una regola infelice. Quella di impianti vecchi, brutti, pericolosi, inospitali e intrusi rispetto al tessuto urbano. Per questo, i sette progetti di riqualificazione già in corso in altrettante città di provincia (Perugia, Caserta, Arezzo, Avellino, Como, Pisa, Terni) possono fare da traino ad altrettanti casi in cui gli impianti hanno forti potenzialità di sviluppo e riqualificazione. E cioè: a Potenza, Viterbo, Siracusa, Trapani, Trani, Mantova, Foggia e Ferrara.

Secondo un dossier realizzato da M28 studio coordinato dall’architetto Carlo Antonio Fayer, visionato in anteprima da Diac, l’esempio del Derby County è emblematico: il nuovo impianto sorge in un’ex area industriale rigenerata dove oltre alle partite di calcio si svolgono eventi aziendali e musicali. Tra gli elementi imprescindibili per la riuscita di queste operazioni ci sono la governance integrata tra club, istituzioni locali e investitori privati; il ricorso a strumenti finanziari diversi tra cui anche i minibond; la polifunzionalità delle nuove aree; l’adeguamento di mobilità e servizi urbani per connettere le infrastrutture al resto del tessuto cittadino; la comunicazione del processo alla comunità per coinvolgerla a pieno. Ma, sempre in Inghilterra, si può pensare anche alla nuova casa dell’Arsenal – l’Emirates Stadium – che ha preso il posto dello storico Highbury, oggi residenza di lusso.

Il modello inglese, tanto richiamato qui in Italia per il valore aggiunto che arriva dagli spalti ravvicinati al campo e in generale dalla modernità interna degli impianti, deve essere seguito ancor di più per quanto riguarda l’area esterna allo stadio. Quella dove si valuta la riconnessione rispetto al resto del quartiere e quindi della città. In Italia, i due massimi (ma, purtroppo, unici) esempi sono Bergamo e Frosinone. La casa dell’Atalanta, infatti, è stata ultimata da qualche mese e sorge in un quartiere un tempo ospitante l’ippodromo Borgo Santa Caterina, in un’area che da disabitata nei decenni si è urbanizzata sempre più. In un’intervista a Promised Lands, l’architetto Mauro Piantelli fondatore di De8Architetti che ne ha curato la progettazione, ha raccontato la scelta di optare per parcheggi sotterranei, realizzando una nuova piazza e un nuovo parco, oltre a negozi posti al piano terra, per legare l’impianto al tessuto urbano. “Un precedente assolutamente nuovo”, lo ha definito, che ha smontato il confine tra stadio e città. Anche a Frosinone, il Benito Stirpe, completato esattamente otto anni fa dal progetto dell’architetto Antonio Sasso, è diventato centro nevralgico della città e dell’economia locale. Oggi ospita, oltre agli uffici del club, anche ristoranti e bar aperti ogni giorno accanto ai quali sorgerà prossimamente un’area dedicata a nuovi chioschi, spazi di co-working, oltre al museo e allo shop dei canarini. Inoltre, ricorda il dossier di M28 studio, lo stadio è stato in parte finanziato coinvolgendo i tifosi tramite l’emissione da parte del club di mini-bond. Aumentando così il legame tra proprietà e comunità. E oggi questo modello ciociaro funge da ispirazione per nuovi progetti, come a Brescia, Perugia e Ravenna.

Più in generale, quello degli stadi di provincia può essere un modello percorribile di integrazione tra infrastrutture sportive e tessuto urbano anche perché i nuovi impianti hanno una capienza media di 30-35mila posti. Ulteriori elementi chiave di questo modello riguardano la sostenibilità energetica degli impianti (come a Udine dove il nuovo stadio Friuli ha il tetto coperto di pannelli solari); la presenza tanto di uffici amministrativi, studi professionali e attività commerciali; gli sponsor e le partnership pubblicitarie; l’organizzazione di eventi di ogni genere; la creazione di spazi intorno all’impianto. E, sempre per il filone “stadi aperti tutto l’anno, tutti i giorni”, sono imprescindibili i partenariati pubblico-privati con regole chiare; una struttura finanziaria solida che sostenga il progetto a lungo termine; la rispondenza ai bisogni territoriali e la compatibilità urbanistico-ambientale.

La strada per i nuovi stadi italiani guarda alle province dove tante esperienze sono già in atto. Anche se non mancano casi più problematici. A Como, il progetto dello studio Populous è oggetto di grandi proteste di urbanisti e architetti locali che sottolineano i rischi di uno stravolgimento identitario mediante la realizzazione di un rooftop, una galleria commerciale e un centro espositivo per far vivere l’impianto che affaccia sullo storico lago ogni giorno dell’anno. “Un regalo per l’intera comunità” lo ha definito il presidente del club biancoblu, Mirwan Suwarso. A Venezia, invece, dal 2027 il club arancioneroverde giocherà nel nuovo impianto che sorgerà a Tessera, vicino l’aeroporto, dunque non più dentro la città. Lì nascerà secondo il progetto (anche qui di Populous) un vero e proprio “bosco dello sport” per partite di calcio ma anche rugby ed eventi vari. Infine, a Terni la nuova proprietà Villa Claudia dell’imprenditore medico Gian Luigi Rizzo ha rilevato il club rossoverde e realizzerà dentro al nuovo Libero Liberati una clinica privata. Un investimento da oltre 60 milioni “per un progetto che cambierà volto della città e ne sposterà l’economia”, ha assicurato il direttore generale Giuseppe Mangiarano.

L’Italia del calcio prova ad avanzare lento pede. Forse neanche la nuova legge sugli stadi è ancora sufficiente, anche perché rimaniamo ancorati a un approccio ancora emergenziale che va abbandonato una volta per tutte in favore di interventi strutturali, duraturi. E provinciali, nel senso più positivo che esista del termine.

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