Da luogo di chiusura e reclusione a luogo di apertura e inclusione. C’è voluto molto tempo e il cammino non è stato facile ma, finalmente, il complesso monumentale dell’ex convento ed ex carcere di San Domenico, nel cuore di San Gimignano, apre le sue porte a un nuovo futuro dentro le sue mura. Su quella è stata una zona d’ombra nel centro storico patrimonio dell’Unesco, il progetto di riqualificazione e valorizzazione, che è entrato nel vivo, riaccende una nuova luce. Questa ampia porzione di città narra una storia secolare e anche una storia più recente. L’ex convento ed ex carcere è stato riconosciuto di interesse storico-artistico e di interesse culturale. Ha rivestito funzioni di convento dalla sua prima edificazione, risalente al XIV secolo, fino al 1787, anno della soppressione del monastero, per poi essere destinato a carcere dal 1833 al 1995. E’ stato un passaggio traumatico perchè per rispondere alle nuove esigenze di luogo di detenzione vennero apportate modifiche radicali alle strutture originarie che hanno pregiudicato il valore storico ed architettonico del Complesso. Poi trent’anni fa con la chiusura del carcere, il San Domenico è rimasto inutilizzato e ha subito solo limitati interventi di manutenzione, mostrando, via via nel tempo, uno stato di conservazione sempre più precario.
C’è un elemento da tener presente che dà la cifra di quanto questo abbandono abbia rappresentato una ferita per la città delle torri nella provincia senese e i suoi oltre 7 mila abitanti. Il complesso è inserito nella prima cinta muraria al punto terminale di uno dei tre assi principali della struttura urbana e si estende su una superficie complessiva di oltre 16.000 metri quadri (di cui una superficie edificata di oltre 7.000 mq), coprendo ben il 10% del tessuto edilizio del centro storico. San Domenico è composto da un corpo principale, all’interno delle mura, che costituiva anticamente il convento e poi l’istituto penitenziario, ed una porzione esterna alle mura, che ospitava gli alloggi di servizio del carcere, alle quali si aggiunge una vasta area di orti, esterna alle mura, documentata fin dal XIV secolo e comprensiva di un interessante sistema di grotte ipogee. Sorto sul sedime di un’antica chiesa e frutto di successivi ampliamenti, il San Domenico si sviluppa attorno ad un chiostro centrale di ampio respiro e di notevole pregio estetico. I continui rimaneggiamenti subiti hanno sensibilmente alterato la struttura conventuale originaria, della quale permangono tuttavia apprezzabili testimonianze soprattutto nel chiostro e nell’articolazione degli spazi esterni. Tutto questo, dunque, è stato, dunque, una sorta di buco nero per decenni. “Se ci fosse una parte della vostra casa a cui non avete mai avuto accesso, sarebbe strano, no? Ecco, quello che è successo a San Domenico”, è l’efficace metafora utilizzata dal sindaco di San Gimignano, Andrea Marucci, quando nella tappa fiorentina dello scorso maggio di ‘Città in scena’, organizzata da Ance e da Mecenate 90, ha presentato il progetto e lo stato dell’arte dell’operazione di rigenerazione urbana in corso.
C’è, come si diceva, una storia più recente che parla di una volontà di riappropriazione di questo grande spazio e della sua restituzione alla città. Ma l’iter amministrativo non è stato un percorso agile. Il Comune di San Gimignano ha acquisito il San Domenico, in quota di proprietà indivisa con la Regione Toscana, tramite un Atto di attribuzione e trasferimento a titolo ‘non oneroso’ sottoscritto nel 2011 e di un successivo atto nel 2014, correlati da uno specifico Accordo di Valorizzazione per la riqualificazione, la salvaguardia e la tutela del bene, sottoscritto nel 2011 insieme agli enti proprietari, dalla direzione regionale del Mibact, dall’Agenzia del Demanio e dalla Provincia di Siena, che ha poi ha ceduto le proprie quote di proprietà in parti uguali a Comune e Regione. L’Accordo di valorizzazione definiva le strategie e gli obiettivi comuni di tutela e valorizzazione del complesso, specificando che le funzioni di stazione appaltante dei vari gradi di intervento sarebbero state svolte dal Comune di San Gimignano, e l’Atto di attribuzione e trasferimento del bene obbligava gli enti proprietari al rispetto delle prescrizioni e delle condizioni contenute nell’Accordo di Valorizzazione, attribuendo alla Soprintendenza la verifica della puntuale osservanza degli obblighi e prescrizioni. Altra tappa, nel 2016, la sottoscrizione tra Comune e Regione di un Accordo di Governance con cui il Comune veniva individuato “soggetto attuatore delle attività e degli adempimenti” previsti dall’Accordo di Valorizzazione. Il trasferimento a titolo non oneroso del San Domenoco al Comune e alla Regione, teso alla riqualificazione di un bene demaniale dismesso, si è configurato come uno dei primissimi casi di federalismo culturale demaniale in Italia.
Nel 2014, il Comune aveva approvato un primo progetto preliminare per il risanamento e la valorizzazione del San Domenico, che contemplava funzioni e destinazioni d’uso pressochè interamente pubbliche del bene e costi di risanamento per circa 13,6 milioni a fronte di una redditività della gestione solo ipotizzata. Ma a causa di risorse private incerte e normative di contenimento della spesa pubblica, l’idea di una completa riqualificazione si è rivelata insostenibile. Dopo una consultazione pubblica e vari aggiornamenti, nel 2016 è stato modificato il programma di valorizzazione, introducendo anche destinazioni ricettive e attività artigianali, per favorire la sostenibilità economica. Insomma, è stata rivista quella declinazione eccessivamente restrittiva dei concetti di “finalità culturale” ed “uso pubblico” per prevedere un reperimento sul mercato delle risorse necessarie senza sacrificare la ‘ratio’ dell’Accordo di Valorizzazione. Dopo un lungo confronto, a fine 2016 è stato così sottoscritto da tutti gli Enti coinvolti nella riqualificazione (Soprintendenza, Segretariato Regionale del MIBACT, Polo Museale della Toscana, Agenzia del Demanio, Comune e Regione), un “Atto di modifica e integrazione del Programma di Valorizzazione” inserendo, tra le destinazioni d’uso previste, quella per attività ricettive, in misura comunque non superiore al 35% della superficie lorda del Complesso al fine di favorire una sostenibilità economico-finanziaria dei costi per il recupero e la valorizzazione del Complesso. Tra il 2017 e il 2018, il Comune ha bandito gare europee per affidare i lavori tramite project financing, ma tutte sono andate deserte, fino a una terza gara nel 2019, che ha visto la partecipazione di un solo operatore. Nel 2021, si è sottoscritto un contratto di concessione in project financing, con una prima fase di interventi urgenti di manutenzione. Nel 2022, il Comune ha approvato il Piano di Recupero e il progetto definitivo, avviando i lavori di risanamento, che sono iniziati ufficialmente a gennaio 2024. Il valore dell’operazione si attesta a 22 milioni di euro. Nel gennaio 2024, si è proceduto all’affidamento dell’incarico per la Direzione dei Lavori e alla formale comunicazione dell’avvio dei lavori per il risanamento e la valorizzazione del San Domenico da parte del concessionario (R.T.I. Opera San Gimignano), avvenuto il 29 gennaio 2024. Nell’arco del 2024 e del primo semestre di quest’anno, oltre al montaggio della principale parte del cantiere, sono stati eseguiti molteplici lavori (opere di demolizione dei corpi di fabbrica, formazione delle aperture di progetto, consolidamenti, restauri, interventi di consolidamento statico, campagne stratigrafiche sugli intonaci, ecc.), nel rispetto, assicura il Comune di San Gimignano, del cronoprogramma generale dei lavori, che prevede un completamento degli interventi nel 2027/28.
Ma cosa diventerà il San Domenico? “La mia amministrazione, da sei anni, ha messo al centro la cura del patrimonio, recuperando spazi pubblici per usi collettivi. Abbiamo aperto un centro civico, riaperto il teatro chiuso dal 2018, e stiamo per recuperare l’ex ospedale per funzioni socio-sanitarie. Il San Domenico è un luogo che sta passando da una condizione di chiusura e privazione a uno spazio di luce, di apertura e di dialogo. Questo è il mio sogno per il futuro: un San Domenico vivibile, aperto a tutti”, ha spiegato Marrucci. “L’intervento è complesso, ma con alcuni obiettivi ben definiti: riportare alla fruizione pubblica un luogo che era chiuso, creare un nuovo quartiere, ampliare i percorsi di visita della città e ospitare nuove funzioni, come spazi per associazioni e un grande teatro della Valdelsa. Questo progetto ha richiesto anche un parcheggio apposito fuori dalle mura del centro storico. Un raggruppamento temporaneo di imprese, capitanato da Opera Laboratori, sta gestendo l’intervento in project financing, con un investimento di oltre 22 milioni di euro. La concessione durerà 69 anni, ma la proprietà resterà pubblica, suddivisa tra il Comune di San Gimignano e la Regione Toscana”.
Ecco, dunque, un ex convento e un ex carcere che si apre alla città. Tra gli interventi più emblematici e simbolici che danno corpo a questa trasformazione è il futuro dello spazio “ex ora d’aria” che diventerà uno spazio eventi: uno spazio funzionale e flessibile, collocato in un’area che non sacrifica la fruizione del complesso in assenza di eventi. Ma ci sarà anche uno spazio convegni, suddiviso in più ambiente da 50 a 250 posti e spazi espositivi e gallerie multimediali. Sono previste attività recettive nel limite del 35% della superficie lorda del complesso proprio per non limitare la fruizione pubblica e la compatibilità con l’interesse paesaggistico del bene tutelato. Ci saranno “”isole commerciali e botteghe” e i punti di ristoro quali l’“AgriBar” e l’“Agrifood”, con il compito di valorizzare le eccellenze enogastronimoche di San Gimignano e del territorio toscano (oreficeria artistica, libreria, spezieria, ecc.). La loro dislocazione, prevalentemente attorno al chiostro centrale, è prevista inoltre in maniera tale da consentire a qualsiasi visitatore, anche indipendentemente dalla fruizione degli esercizi in oggetto, di apprezzare la peculiarità architettonica delle strutture ospitanti ed il fascino della tradizione storica derivante dal percorso di visita dell’intero complesso. Rivivranno le grotte ipogee: aree destinate a percorsi di visita con suoni, luci e colori tesi a ripercorrere la storia del San Domenico e di San Gimignano. A tali spazi si aggiungono altre aree a destinazione mista ma con forte valenza culturale, come l’ampia area a verde dell’”Orto di San Domenico” (parco tematico).
Non nasconde la sua soddisfazione, il primo cittadino di San Gimignano, per il traguardo raggiunto. “Ci siamo riusciti dopo varie traversie, tra cui il fatto che questo progetto doveva essere tutto un progetto di recupero pubblico. Ma che poi ha visto sfilarsi la Provincia di Siena, la Fondazione Monte dei Paschi. Alla fine abbiamo potuto procedere grazie alla collaborazione tra pubblico e privato. Questo intervento non è stato facile, ma è stato realizzato grazie a un impegno costante e a un investimento significativo. Il nostro obiettivo è riportare questo luogo alla sua originaria funzione pubblica e renderlo un punto di riferimento per la città e per il turismo”, ha detto ancora Marrucci. Ma qual è il rapporto con la Soprintendenza? “Buono” ma… “La Soprintendenza è un interlocutore con cui dobbiamo confrontarci quotidianamente. Non abbiamo avuto alcun canale preferenziale Il progetto è stato gestito nel rispetto delle normative e dei vincoli. Non chiediamo leggi speciali ma un approccio più agile per la gestione del patrimonio, che consenta anche di affrontare le sfide legate ai flussi turistici e alle necessità della comunità locale”. Insomma, “qualcosina in più mi sarei aspettato”. E, comunque, l’importante è che questo “sogno si sia avverato”.