IL CONVEGNO DIAC A 'CITTA' NEL FUTURO'

Rosso: “Rigenerazione, nella legge più incentivi ai privati”. Bellicini: “Piano di rinascimento urbano”

Per il senatore di Forza Italia (nella foto) il ddl sulla Rigenerazione urbana sarà in Aula al Senato a dicembre. Più incentivi e certezza delle risorse in un periodo lungo sono gli obiettivi con il voto degli emendamenti. Il direttore del Cresme Bellicini ha affrontato l’emergenza casa, con un focus sul social housing, proponendo un Rinascimento urbano con l’utilizzo di risorse europee e nazionali.

10 Ott 2025 di Maria Cristina Carlini

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Rosso: “Rigenerazione, nella legge più incentivi ai privati”. Bellicini: “Piano di rinascimento urbano”

Roberto Rosso, Forza Italia, relatore della legge sulla rigenerazione urbana al Senato

Per il ddl sulla Rigenerazione urbana si avvicina il primo traguardo: quello del via libera del Senato entro al fine dell’anno per poi approdare alla Camera con la previsione dell’approvazione definita entro il primo semestre del 2026. E’ la tabella di marcia che il senatore di Forza Italia e relatore del provvedimento in Commissione Ambiente a Palazzo Madama, Roberto Rosso, annuncia nel suo intervento al convegno di Diario Diac, che si è svolto ieri nella terza e ultima giornata della Conferenza “Città nel futuro 2030-2050”. Un traguardo che concretizza “lo sforzo che stiamo facendo da un anno e mezzo”, ha sottolineato Rosso, frutto di una sintesi in Parlamento e di confronto con gli stakeholder, dai professionisti alle associazioni di categoria, che mira a definire un nuovo modello di sviluppo urbano, capace di coniugare pubblico e privato in una visione strategica di lungo periodo. Ora comincerà l’esame degli emendamenti. “Su 751 emendamenti presentati, circa 35 per ciascun gruppo di maggioranza sono frutto di un confronto serio e mirato”, ha assicurato Rosso, evidenziando che “la convergenza su questi punti qualificanti permetterà di chiudere rapidamente il lavoro in Senato”. Ma ecco i temi centrali del  nuovo impianto normativo. Primo:  il rafforzamento degli incentivi per gli interventi privati, in particolare nei contesti dove il mercato immobiliare non è sufficientemente attrattivo da solo. “A Milano –  e parlo della Milano prima delle ultime vicende – si può anche demolire e ricostruire senza un euro di incentivo, vista la rendita garantita da un nuovo edificio in classe A. Ma in tante altre città italiane questo non è possibile: c’è bisogno di un partenariato pubblico-privato e di strumenti economici stabili, altrimenti i progetti non partono”, ha rimarcato Rosso. In tal senso, è stato raggiunto un accordo con il ministro Salvini per coordinare alcune misure con la nuova legge delega sulla riforma del Testo unico dell’edilizia, attesa in autunno. “Ci sarà un percorso parallelo: la nostra legge quadro sarà la cornice, quella del MIT uno strumento operativo per sostenere la rigenerazione”, ha spiegato. Il testo introduce una chiara definizione di “rigenerazione urbana”, oggi assente nella normativa italiana. L’obiettivo è stabilire confini precisi per distinguere questi interventi da altri tipi di operazioni edilizie o urbanistiche. “Senza una definizione univoca, tutto rischia di diventare ‘rigenerazione urbana’. L’articolo 1 della legge parte proprio da qui: dare certezza normativa e indicare le condizioni per cui pubblico e privato possano collaborare efficacemente”. Rosso ha voluto quindi richiamare “i contributi qualificati da parte delle associazioni di categoria, come l’Ance, con cui si è lavorato per evitare sovrapposizioni tra livelli istituzionali e migliorare l’efficacia degli strumenti operativi”.

L’altro punto cruciale è il nodo delle risorse e la necessità di dare un quadro di certezze agli interventi. L’imperativo, per Rosso, è quello della “stabilita delle risorse finanziarie”. “La rigenerazione urbana richiede tempo: non si può pensare di progettare in un mese. Serve una pianificazione decennale. Il modello dei bonus edilizi, e in particolare del Superbonus 110%, ha dimostrato cosa succede quando le regole cambiano continuamente: incertezza, progetti interrotti e risultati discutibili. Per evitare che si ripeta lo stesso caos, chiediamo finanziamenti stabili per almeno dieci anni”.

Per Rosso, la nuova legge rappresenta un momento di svolta rispetto a un ritardo dello Stato nell’indirizzare e programmare la rigenerazone urbana “rispetto a un’Italia che siano le imprese, i professionisti i comuni si sta muovendo”. E il convegno di ieri ha scattato delle istantanee di questo processo in corso dando la voce ai principali attori nella prospettiva di  “un nuovo inizio” nel rapporto tra un pubblico consapevole e un privato al servizio della città”. E’ il caso dell’Agenzia del Demanio che ha segnato negli ultimi anni un vero cambio di passo attraverso due fondamentali strumenti, i Piani Città e il temporary use. “La rigenerazione urbana entra in una nuova fase, più profonda e consapevole, dove gli immobili pubblici diventano strumenti di sviluppo sostenibile e inclusivo”, ha detto il direttore dell’Agenzia del Demanio, Alessandra dal Verme. La ‘deep urban regeneration’ guida verso una trasformazione delle politiche di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.“La riqualificazione degli immobili non può essere concepita solo in termini economici o funzionali, ma anche in termini di impatto sociale che generano sui territori, sulle comunità e sulla qualità della vita dei cittadini”, ha detto del Verme. In questa direzione si muove l’Agenzia del Demanio che, anche con il contributo di Università ed enti di ricerca, lavora per individuare indicatori efficaci per misurare l’impatto sociale delle proprie attività al fine di rendere la dimensione sociale un elemento strutturale dei Piani Città. Questo approccio si fonda su modelli innovativi di collaborazione tra pubblico e privato e sull’attivazione di usi temporanei , per favorire processi sperimentali di rigenerazione urbana e creare valore condiviso nei territori. “Si tratta di un nuovo paradigma – ha aggiunto dal Verme – che supera la logica della conservazione e fa dei beni pubblici una rete viva, connessa al contesto urbano e sociale, capace di generare valore per il Paese”.

Non è mancato un riferimento al Pnrr che finanzia i Pinqua con 2,8 miliardi (più 2 miliardi del Piano nazionale complementare). Il responsabile della task force Pnrr del Mit, Davide Ciferri, non ha confermato le voci secondo cui parte dei fondi non spesi da questi programmi potrebbero andare a uno strumento finanziario per il Piano casa. “Non ci risulta questo strumento finanziario, mentre ci risulta certamente per le opere idriche”, ha detto Ciferri che ha voluto nuovamente difendere il Pnrr. “Il Piano europeo ci ha insegnato che a problemi complessi, come la rigenerazione urbana, si possono dare risposte semplici, misurabili, comprensibili. Questo aiuta la politica, la rende credibile”.

La condivisione con il territorio dei processi di rigenerazione urbana e di progetti che devono partire dal basso così come quello della governance è stato un leit motiv al centro delle analisi e del confronto di ieri. “Il vero capitale, quello che può rendere possibile un nuovo futuro per le città italiane, è un altro: la governance”, è questa la premessa evidenziata dall’amministratore delegato di Invimit, Stefano Scalera.  “Servono regole chiare, trasparenti, non contorte. Se le norme sono caotiche o incoerenti, ogni progetto diventa un percorso a ostacoli”, ha detto. “E poi c’è un principio fondamentale: nessun progetto può essere calato dall’alto, nessun progetto è preconfezionato. Deve nascere dal territorio, rispondere a un’esigenza reale, essere parte del suo contesto”. Come ha sottolineato l’ad, l’azione di Invimit, nata nel 2012 con l’obiettivo di favorire operazioni di partenariato pubblico-privato nel settore immobiliare, è oggi rilanciata con una nuova visione strategica. “Per anni SGR non ha esercitato la sua funzione di ponte tra capitale pubblico e privato è tornata a operare come strumento attivo di trasformazione urbana”. Il modello si fonda su una logica di investimento a rendimento economico e sociale – diverso dal finanziamento a fondo perduto, ma capace di generare valore reale per le città e per le comunità. Lo strumento è stato attivato su 22 città italiane con un programma di interventi selezionati in base alle esigenze espresse direttamente dai territori. Progetti dal basso e non calati dall’alto è anche l’imperativo del presidente di Assaeroporti, Carlo Borgomeo.

Tema cruciale, quello della governance, come ha evidenziato il presidente di Redo Sgr Carlo Cerami. “Servono regole trasparenti, strumenti snelli, e soprattutto progetti che nascano dai bisogni reali dei territori, non imposti dall’alto. Oggi non possiamo permetterci processi lenti e complicati per affrontare un’emergenza abitativa che è sotto gli occhi di tutti. L’aspetto più critico, oggi, resta quello della governance. La moltiplicazione dei livelli decisionali – tra Unione Europea, Stato, Regioni, Comuni – rallenta ogni iniziativa”, ha affermato. Di qui la necessità di un  invoca un nuovo coordinamento istituzionale, capace di semplificare i passaggi e far convergere risorse e competenze. In questa direzione, Cassa Depositi e Prestiti, l’Agenzia del Demanio e altri soggetti pubblici che oggi operano con competenza nel settore immobiliare, possono rappresentare un nucleo operativo per rilanciare una nuova stagione di politiche abitative”. E’positivo l’annuncio del vicepresidente Ue Raffaele Fitto sulla possibilità di utilizzare parte delle risorse residue del PNRR per finanziare interventi nel settore casa. Ma ha avvertito: “manca un tassello essenziale: chi gestirà queste risorse? Chi deciderà tempi, priorità e strumenti? Oggi finalmente esistono soggetti pubblici con la competenza per farlo. Dobbiamo solo metterli nelle condizioni di agire. E farlo presto”. In un altro momento della mattinara, in un’intervista anche l’ex ministro delle Infrastrutture e portavoce di Asvis, Enrico Giovannini, ha posto l’accento sul ruolo della partecipazione e in particolare del dibattito pubblico “che ha funzionato ed è stato un errore gigantesco cancellarlo”. E ha anche sollecitato l’attivazione del Comitato interministeriale per le politiche urbane, il Cipu, “che non si è mai riunito nè con il governo Draghi nè con Meloni”. (Vedi la video intervista a Diario Diac).

Questione abitativa e rigenerazione urbana in un contesto in cui le diverse transizioni – da quella demografica a quella energetica-  pongono nuove sfide alle città e ai territori: questo il focus dell’intervento del direttore del Cresme Lorenzo Bellicini. “Le città sono poste di fronte a un tema di competizione fortissima che può avere come chiave di lettura l’attrattività”. Attrattività che significa lavoro e qualità del lavoro, il grande tema della casa, la qualità della vita, il progetto di futuro e quindi la capacità di interpretare in forma proattiva le transizioni e non subirle, e soprattutto la “capacità di fare”. Per Bellicini, “il tema della rigenerazione urbana è la chiave di un modello di sviluppo che però non può contare su quell’eccesso di risorse” della fase dalla quale veniamo. C’è la grande questione – nazionale ed europea- della casa che è emersa, che è un problema  di accesso alla casa e di costi della casa. “Ma quante case ci servono? Non abbiamo una stima di quante case ci servono”, ha sottolineato Bellicini. L’analisi si sofferma quindi sui tre segmenti dell’abitare: quello dell’edilizia residenziale pubblica (dove si sta facendo molto poco), di quella sociale e del libero mercato (che, invece, “sta andando benissimo”). La seconda fascia, quella dell’housing sociale, destinata a chi non rientra nell’ERP ma non può permettersi il libero mercato, rappresenta una quota di circa il 20% dello sviluppo immobiliare, a trazione privata. È qui che bisogna mettere in campo una strategia. Ma per costruire una strategia abitativa serve definire obiettivi concreti, soglie di accesso, quote da destinare a ciascun segmento, e soprattutto modelli economici trasparenti. “Serve tornare a fare bene i conti, città per città. Oggi il mercato è troppo frammentato, con enormi differenze di prezzo tra centro e periferia. Un calcolo serio dei costi e dei rendimenti è l’unica base possibile per un partenariato pubblico-privato sostenibile”. La proposta è quella di  “Piani di Rinascimento urbano e accesso alla casa sostenibile e energeticamente efficiente in Partenariato pubblico e privato” che puntano ad  attivare un percorso in grado di valorizzare un importante insieme di risorse esistenti traguardando le verso le aree urbane a maggiore criticità abitativa e sociale. Il direttore del Cresme lancia quindi un’idea sulle risorse. Sul fronte dei Fondi europei per il settennato 2021-2027 l’Europa ha attribuito all’Italia 40 miliardi di euro la cui attivazione richiede altri 40 miliardi di euro. Sul versante degli interventi di riqualificazione dei privati, prima della pandemia e quindi prima del Superbonus, gli incentivi fiscali attivavano investimenti sui 28 miliardi di cui 14 recuperati poi dallo Stato. L’idea, dunque , è quella di “realizzare nelle aree a domanda abitativa molto forte piani di Rinascimento urbano all’interno dei quali veicolare – visto che la casa sarà comunque uno dei temi nei prossimi fondi strutturali europei –  i 40 miliardi di euro dei fondi europei e usare 40 miliardi di cofinanziamento, che dovrei comunque metterci, per gli incentivi fiscali, creando un partenariati pubblico diffuso e allo stesso tempo sulle aree dismesse costruire dei piani di rigenerazione urbana” basati su calcoli chiari e trasparenti.

Nella giornata di chiusura di Città nel Futuro, c’è stato anche il momento dei bilanci.  “Il bilancio è decisamente positivo dal nostro punto di vista, perché quello che volevamo in questi tre giorni era mettere insieme tante complessità attorno al tema della rigenerazione urbana e dell’emergenza casa, non come aspetto negativo ma per dialogare, discutere, anche cercare tutti quanti di capire e di imparare di apprendere”, ha detto la presidente di Ance Federica Brancaccio. (Vedi le video interviste a Diac di Federica Brancaccio e Francesco Rutelli).

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