IL NUOVO PRESIDENTE OAR
Rocchi: il rapporto pubblico-privato decisivo per la rigenerazione, anche nelle perfierie deve vincere il merito
Christian Rocchi è stato eletto il 30 settembre presidente dell’Ordine degli architetti di Roma, l’ordine con più iscritti d’Italia. Giovedì 9 ottobre parteciperà alla Conferenza organizzata da Diario DIAC al MAXXI nell’ambito della manifestazione Città nel futuro. Il tema sarà “Rigenerazione urbana, nuovo inizio: la città sociale al centro”. Ha accettato di cominciare già da oggi a riflettere sul tema. È la sua prima intervista.
Quanto conterà, presidente Rocchi, il tema della rigenerazione urbana nel suo mandato alla guida dell’ordine degli architetti di Roma? E perché è importante oggi per la rinascita delle nostre città?
È un tema fondamentale. Uno dei punti più importanti su cui è stato costruito l’indirizzo del nuovo Consiglio è proprio questo: per sbloccare la città, pubblico e privato devono necessariamente collaborare sul tema della rigenerazione urbana. Sono convinto che non dobbiamo vedere la questione della rigenerazione come codici e codicilli, ma bisogna prima di tutto darsi obiettivi che sono obiettivi concreti, umani. Il tema del sociale, su cui Diario DIAC ha centrato la sua conferenza del 9 ottobre, è decisivo ed è collegato a un altro tema che ci sta a cuore, la legalità.
Come sono collegati tutti questi temi? Rigenerazione, questione sociale, legalità…
Il degrado dei luoghi diventa degrado sociale e favorisce l’illegalità. Le faccio un esempio con un luogo che mi sta molto a cuore: un paese in provincia di Salerno, Padula, dove c’è una stupenda Certosa abbandonata. Come possiamo accettare che un posto del genere sia diventato una discarica a cielo aperto? La legalità è un valore che ci aiuta a reagire a situazioni di degrado. Sono dieci anni che portiamo avanti un gruppo sulla legalità di cui fanno parte anche il Presidente del Centro di Padre Puglisi e Franco La Torre.
Per estensione possiamo dire che la brutta architettura produce degrado?
Il degrado dell’architettura diventa degrado sociale. A Roma ci sono tante zone che sono nate già con la necessità di essere rigenerate a livello sociale, perché hanno spazi residenziali dentro un cuore che è esclusivamente commerciale. Altro che sociale. Con questi centri, trasmettiamo l’idea che nella vita contano soltanto i soldi.
Ha qualche esempio straniero o modello che potrebbe aiutarci?
Conosco bene Valencia e le rigenerazioni che lì sono state fatte. C’erano brani di città molto degradati, per esempio il sedime dove è nata la Città della Scienza, era un luogo di spaccio e prostituzione che faceva paura a percorrerlo. Il sindaco Rita Barbera decise intelligentemente di utilizzare un fulcro culturale per rigenerare tutto ciò che aveva intorno. Quell’intervento dimostra anche che il problema in queste operazioni non sono i soldi: se il pubblico è un pubblico intelligente, non spende un soldo. Barbera fece un piano economico utilizzando una società del comune, tipo la nostra Risorse per Roma, sfruttando poi le plusvalenze dei terreni vicini che avevano visto aumentare il loro valore. Certo, mi rendo conto che oggi bisogna avere molto credibilità, come soggetto pubblico, per proporre un intervento di rigenerazione urbana basato su un cuore culturale, andando a chiedere i soldi ai privati.
Torniamo all’architettura: come si ritaglia un ruolo in questo nuovo modello di sviluppo?
Non voglio fare il polemico ma perché a Roma abbiamo fatto quattro interventi di architettura e li abbiamo fatti tutti ai Parioli? Oggi bisognerebbe utilizzare la buona architettura, la buona rigenerazione nei brani di città che subiscono e a loro volta producono problemi. Va bene la città multicentrica come era stata disegnata dal PRG, ma a condizione che a ogni centro, a ogni zona diamo la possibilità di costruire una propria identità, con un’azione costante nel tempo. Se facciamo i poli e poi li abbandoniamo a se stessi, che rigenerazione è? L’articolo 34 della Costituzione ci impone di dare a tutti la possibilità di emergere, di far valere le proprie capacità, anche a chi vive nelle periferie. Noi dobbiamo premiare i meritevoli e dobbiamo andare a cercarceli anche in luoghi degradati. Dobbiamo rimuovere gli ostacoli, dare loro una chance facendoli accedere a tutti i gradi di istruzione pure se non hanno mezzi. Ma questo lo abbiamo dimenticato, questo non succede oggi. Per altro il mio non è un discorso buonista, ma una necessità per rendere la nostra società più capace ed efficiente, per cogliere occasioni di sviluppo che da questi ragazzi possono nascere.
Parliamo del progetto che nella rigenerazione urbana dovrebbe avere un ruolo fondamentale, proprio perché dalle soluzioni progettuali che si adottano dipende la capacità di dare risposte corrette alla popolazione. Inoltre, il progetto può essere uno strumento per coinvolgere la popolazione. Qual è il modo migliore per garantire questa partecipazione? Il concorso di progettazione?
I concorsi di progettazione sono importantissimi, non c’è dubbio, per un progetto di rigenerazione che voglia coinvolgere i cittadini. Vale, però, quello che dicevamo prima. La condizione è che sia data a tutti la possibilità di concorrere e che a vincere siano i meritevoli. Bisogna garantire la partecipazione dei giovani ed evitare che gli incarichi vadano sempre agli stessi. Se vogliamo fare rigenerazione, devono vincere buoni progetti. Ma poi chi decide chi vince il concorso, a chi va il progetto? Decide la commissione e oggi noi qui abbiamo un altro problema. Se un’amministrazione pubblica deve aggiudicare il progetto di restauro di beni culturali e mette in commissione cinque ingegneri su cinque, è evidente che non ci siamo proprio. Anche qui c’è un profilo di competenza. Oggi c’è un problema abbastanza importante di come vengono selezionati i giurati nelle giurie. Poi c’è un’altra questione.
Prego.
Sarebbe importante fare tanti più concorsi di quanti se ne fanno oggi. Non c’è, a mio avviso, solo o tanto un problema di obbligatorietà del settore pubblico a farli, quanto di incentivo a spingere i privati a indire concorsi per i lavori che vogliono fare.
Che tipo di incentivo?
Nelle norme tecniche del nostro PRG è stato inserito un premio di cubatura che però non è normato. Non basta dire chiami tre gruppi di professionisti, magari già individuati perché li conosci. Dovresti avere il premio di cubatura solo se apri il concorso a tutti, se lo pubblicizzi. Magari dai un premio più alto, ma soltanto se il concorso risponde a una procedura normata.