LE AUDIZIONI SUL TU ALLA CAMERA
La Soprintendenza Pnrr: in ARRIVO le direttive sulle rinnovabili
Con il riordino normativo si regolarizzano le procedure amministrative ma bisogna continuare a tutelare i valori costituzionali del paesaggio e dei beni culturali, ha detto Massimo Castaldi (Mic). Intanto, la Regione Lazio ha annunciato il superamento del target Fer (burden sharing) al 2030. Dal regime transitorio agli impianti dismessi, passando per la definizione delle zone di accelerazione e i vincoli di esproprio: i nuovi allarmi delle associazioni delle imprese. La lettera di Elettricità Futura e Anie al governo
IN SINTESI
“Per agevolare ulteriormente il procedimento amministrativo la Soprintendenza sta studiando delle direttive specifiche che illustrino alle soprintendenze territoriali la nuova normativa, in modo da chiarire da subito i primi dubbi interpretativi o applicativi cui deve far fronte la pubblica amministrazione. La Soprintendenza speciale si impegna, quindi, ad assistere le soprintendenze territoriali nell’attuazione della nuova normativa”. Il dossier rinnovabili si scalda sempre più e la giornata di ieri fa registrare un importante passaggio sulla via di chiarimenti e accelerazione delle pratiche.
La Soprintendenza annuncia le direttive per i territori
A parlare in audizione alla Camera, infatti, è stata la Soprintendenza speciale per il Pnrr, rappresentata da Massimo Castaldi del Ministero della Cultura. Le richieste di mettere mano al Testo unico sulle rinnovabili che propone un riordino normativo ai fini della semplificazione delle autorizzazioni per gli impianti si accumulano dai mesi estivi. “Lo scopo dell’intervento normativo del governo è accelerare la diffusione di impianti di energia rinnovabile. Per facilitare tale diffusione il testo prevede procedure amministrative semplificate sia per l’installazione di nuovi impianti che per il potenziamento degli impianti già esistenti, tenendo conto della necessità di costruzione di infrastrutture di connessione. Il processo di diffusione non chiede solo il riordino delle procedure amministrative ma anche l’attenzione istituzione rispetto ai valori costituzionali del paesaggio e dei beni culturali”, ha aggiunto Castaldi.
Proprio il tema paesaggistico è una delle criticità sollevate dalle imprese sin dalla chiusura della versione finale del Dlgs, sbarcato in Consiglio dei ministri il 7 agosto scorso. Proprio allora le imprese lamentarono subito l’inserimento di un freno per cui gli interventi previsti in attività libera vengono sottoposti a vincolo paesaggistico “che si esprime entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza di autorizzazione, previo parere vincolante della Soprintendenza competente, da rendere entro venti giorni”. Proprio sulla permanenza dei legami con il Testo unico dell’edilizia (380/2001) si è recentemente espresso anche il Consiglio di Stato con un parere negativo sul decreto. Secondo Castaldi, “la stessa pubblica amministrazione si trova in condizioni di dover dare una pronta risposta a queste esigenze di diffusione degli impianti e proprio con il contributo delle soprintendenze territoriali possono arrivare eventuali contributi che distinguono difficoltà applicative in modo che la Soprintendenza speciale immediatamente proporre soluzioni amministrative”.
Resta il problema dei vincoli. Ef e Anie scrivono al governo
A proposito di difficoltà di accelerazione delle procedure per i troppi vincoli edilizi, Elettricità Futura è tornata a rivolgersi direttamente al governo, insieme alla Federazione Anie. “Il nuovo quadro normativo – Dm Aree Idonee, Dl Agricoltura e l’emanando “Testo Unico per le rinnovabili” – rischia di tradursi in un vero e proprio stop ai progetti già in corso di autorizzazione – in netto contrasto con il principio del legittimo affidamento – e di rendere il 96% del territorio italiano non idoneo alle rinnovabili”. Percentuale, quest’ultima, che nel caso della Sardegna salirebbe addirittura al 99% con il disegno di legge lavorato dalla giunta Todde. “Chiediamo al Governo di emanare una norma in base alla quale le Regioni, nell’esercizio del loro potere di normazione sulle aree idonee, si conformino ai seguenti criteri: 1) le aree idonee individuate ex lege dall’articolo 20 del D.Lgs. n. 199/2021 di attuazione della Direttiva (UE) 2018/2001 (“Direttiva RED II”) devono continuare ad essere considerate tali; 2) le nuove disposizioni regionali non dovranno applicarsi ai progetti per i quali sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative necessarie ad ottenere l’autorizzazione a realizzare l’impianto (in coerenza con quanto fatto dal Governo con l’art. 5 del DL Agricoltura). In ogni caso, dovranno essere fatti salvi tutti i progetti, già in corso di autorizzazione, che dal 2021 ad oggi sono stati localizzati nelle aree idonee ex lege (art. 20 d.lgs. 199/2021)”. Pena, secondo Ef e Anie, il mancato raggiungimento degli obiettivi Pniec-Pnrr-Aree idonee. “Secondo il Politecnico di Milano – ricorda infine la nota congiunta – nel 2023, le filiere industriali del fotovoltaico e dell’eolico hanno generato un volume d’affari di circa 10 miliardi di euro, e più del 60% di questo valore è rimasto sul territorio italiano, un ulteriore 20-25% in altri Paesi europei, e solo circa il 10% è andato fuori dai confini europei. I benefici socio-economici per l’Italia derivanti dallo sviluppo della filiera delle tecnologie rinnovabili sono notevoli e potrebbero equivalere fino al 2% del Pil annuo da qui al 2030. Lo sviluppo e il consolidamento della filiera industriale e della produzione nazionale di tecnologie per la transizione passano attraverso la crescita della domanda interna di tecnologie e la possibilità di realizzare i progetti”.
Le nuove (vecchie) richieste delle associazioni: transitorio, connessioni, impianti dismessi
Sempre dalle audizioni di ieri, poi, le altre associazioni sono tornate a puntare il dito su diverse criticità del decreto legislativo. Paolo Taglioli, direttore generale di Assoidroelettrica ha espresso “parere favorevole” al provvedimento ma per “gli impianti autorizzabili in Pas [Procedura autorizzativa semplificata] fino a 100 Kw, nel testo si parla di nuovi impianti ma per il settore idroelettrico si potrebbero anche riattivare impianti esistenti dismessi, che sarebbero importanti anche per un aspetto paesaggistico. Riattivarli con una procedura autorizzativa semplificata significherebbe infatti non solo generare energia pulita, ma anche migliorare quei paesaggi”.
“Ciò che davvero è urgente e necessario sia precisare la modalità di selezione delle aree destinate ad ospitare gli impianti”, ha detto invece Francesco Gigliani di Amici della Terra. “La mole senza precedenti di impianti rinnovabili da realizzare al 2030 per rispettare gli obiettivi europei impone una vera e propria pianificazione della loro localizzazione, che non può essere ancora una volta lasciata unicamente alla libera scelta degli operatori del settore energetico, ma deve individuare in modo univoco le aree idonee come unici siti destinati alla realizzazione degli impianti. Va dunque corretta la grave anomalia contenuta nel decreto ministeriale del 21 giugno 2024 ,che prevede la realizzazione degli impianti praticamente ovunque, sia nelle aree idonee che nelle aree ordinarie”.
Secondo Giancarlo Ricciardi, direttore generale di Assistal (Associazione nazionale costruttori di impianti e dei servizi di efficienza energetica E.s.Co e facility management), “gli operatori hanno bisogno infatti di certezza del diritto per poter fare investimenti e per operare per cercare di raggiungere gli obiettivi sfidanti al 2030 e al 2050 che ci sono stati dettati”. Insomma, serve un regime che disciplini il cosiddetto transitorio: “sarebbe utile concludere proficuamente l’iter autorizzativo già in corso, che potrebbe essere rallentato dall’applicazione immediata di una nuova disciplina che, seppur semplificata, comporterebbe una retroazione. È, inoltre, opportuno precisare i criteri di individuazione dell’amministrazione competente in caso di impianto ubicato nel territorio di due Comuni. In tal caso si dovrebbe utilizzare come criterio la maggior porzione, ma va chiarito cosa si intende, se l’estensione territoriale o dove è fisicamente ubicata la maggior parte del vero e proprio impianto che produce l’energia”.
Per Fulvio Mamone Capria, presidente di Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore (Aero), invece, uno dei principali problemi del Dlgs è che “è stato eliminato il riferimento alla tutela della segretezza delle informazioni commerciali e industriali. Nel nostro settore c’è tanta tecnologia e tanta innovazione, quindi questo è un tema molto delicato”. E poi: “La posizione del vincolo preordinato all’esproprio delle aree interessate dalla realizzazione dell’impianto. Nel nostro caso potremmo trovarci con impianti collegati a terra da opere di connessione su terreni incolti di piccola entità afferenti a cittadini che magari non sono neanche più in Italia, ma all’estero”. Anche sui tempi: “stringenti. Si parla di 30 giorni per la trasmissione telematica della documentazione integrativa. Per gli impianti di eolico offshore o fotovoltaico galleggiante è impensabile da realizzare. Infine, sarebbe opportuno fare in modo che la concessione demaniale marittima rispetti i progetti già presentati perché ci troviamo in una fase di grande difficoltà. Il termine dei 30 giorni per il rilascio della concessione in assenza di istanze concorrenti è troppo basso”.
Anche per Greenpeace questo riordino normativo non fa che introdurre altre barriere allo sviluppo di rinnovabili, mentre per il Coordinamento Free “le connessioni avrebbero bisogno di un rinnovo, sta diventando il vero problema dello sviluppo delle rinnovabili in Italia”. Secondo Italian Climate Network, infine, “è fondamentale recepire immediatamente la direttiva europea 23 del 2024. Le norme nazionali e regionali non devono contrastare con quelle europee. Serve poi designare specifiche aree come zone di accelerazione per le energie rinnovabili, rispetto alle quali le procedure autorizzative non dovrebbero avere durata superiore a 12 mesi. Le tempistiche per le altre procedure non dovrebbero avere durata superiora a 2 anni”.
Regione Lazio: cantierabili già 3,8 Gw di fotovoltaico a terra
Intanto, la Regione Lazio ha annunciato di aver superato il target Fer fissato per il 2030 a 3,2 Gw di nuova capacità installata. “La Regione Lazio dal 2017 ha cominciato a lavorare a spron battuto su questi temi e ha lavorato bene, sono già cantierabili 3,8 giga di fotovoltaico a terra, numeri importanti, ci stiamo già avvicinando agli obiettivi del 2050”, ha detto Vito Consoli, direttore della Direzione regionale ambiente, cambiamenti climatici, transizione energetica e sostenibilità, parchi della Regione Lazio. “Qualcuno ci accusa persino di troppa efficienza. Siamo riusciti a farlo grazie all’equilibrio instaurato con la delega alle Province che ha funzionato, mentre in capo alla Regione è rimasta la valutazione di impatto ambientale e il provvedimento autorizzatorio regionale”. Sul Dlgs: “Mi pare che questo atto del governo confermi quanto fatto l’anno scorso e se dovesse succedere effettivamente che si dovessero occupare, nel nostro caso essendo delegate le province a portare avanti un procedimento autorizzativo unico e noi a occuparci esclusivamente dalla parte delle valutazioni di impatto ambientale, a mio giudizio non faremmo del bene a questo settore perché avremmo molte meno autorizzazioni e probabilmente più contenziosi quindi probabilmente non si farebbe un buon servizio”.
Il Lazio e le altre Regioni sono alle prese col dossier delle aree idonee a ospitare gli impianti green. Sul disegno di legge più noto di queste settimane (non solo perché è l’unico presentato, con largo anticipo sulla scadenza fissata a inizio 2025), cioè quello della Regione Sardegna, sono arrivati ieri quasi mille emendamenti. Inoltre, sono state depositate le oltre 200mila firme raccolte per la cosiddetta proposta di legge Pratobello ’24 che punta a impedire la speculazione energetica sul territorio isolano. Dopo la moratoria di 18 mesi presentata dalla presidente di Regione Alessandra Todde, ieri anche il governatore della Toscana ha detto che è pronto a scendere in piazza se verranno violate le regole sulle aree idonee. La Toscana, ha aggiunto Giani, produce già energia per il 35 % del suo fabbisogno grazie alla geotermia, il resto va misurato in relazione al rispetto per l’ambiente e paesaggio. Modello Sardegna, insomma. Anche in Toscana, infatti, è da poco nata una coalizione di associazioni e comitati contro la speculazione energetica. E, sempre in orbita Partito Democratico, anche in Umbria e Calabria sono state proposte due moratorie. A destra per un motivo, a manca per un altro, la transizione energetica in Italia è a rischio ostaggio.