BONIFICHE

In Italia 364 milioni di m² di siti nazionali da RISANARE. Il 26% con progetto ok ma pochi operatori esclusivi

Secondo Ref Ricerche, quello analizzato qui per la prima volta è un mercato strategico per la transizione ambientale. Ma che sconta ancora problemi di governance, con una marcata frammentazione istituzionale che penalizza l’analisi del comparto. Pesa, tra le altre cose, anche la scarsa diffusione di investimenti in ricerca e sviluppo.

13 Ott 2025

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In Italia 364 milioni di m² di siti nazionali da RISANARE. Il 26% con progetto ok ma pochi operatori esclusivi

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Un mercato da 43 miliardi potenziali, strategico per la transizione ambientale nazionale ma che sconta ancora troppi problemi e lacune. Su tutte, quelle che ostacolano la delineazione di un quadro complessivo del settore delle bonifiche. Su cui Ref Ricerche, insieme a Ferrara Expo e vari operatori industriali, ha elaborato il primo paper completo. Un settore da 3,5 miliardi di ricavi; 0,06% di impatto sul pil; oltre 1,3 miliardi di valore aggiunto e 23mila addetti circa.

Partendo dai numeri, i cosiddetti siti d’interesse nazionale identificati ammontano a 42, di cui 17 al Sud e nelle Isole. Di questi, 364 milioni di metri quadrati hanno bisogno di essere risanati. Secondo i dati raccolti dal Mase ed elaborati dal centro studi diretto da Donato Berardi, però, solo il 26% ha progetti approvati. A livello regionale e comunale, invece, si stima che la superficie da indagare sia di 349 milioni di metri quadrati e quella da risanare pari a 161 milioni di metri quadrati.

A livello di governance, il settore delle bonifiche è “coperto” da pochi operatori escluivi. Meno del 6% dei 1.588 iscritti alla Categoria 9 dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali. E le aziende hanno per il 46% dimensioni piccole (Classe E) con massimo 200mila euro di affari annui.

C’è poi il tema tecnologico (si vedano le slides qui sopra) che evidenzia come le scelte siano guidate da logiche autorizzative e non tecnico-economiche. Così come l’innovazione incide poco sulle gare d’appalto. Sempre riguardo i bandi, avanzano le certificazioni White List ma “persistono le sfide legate all’omogeneizzazione dei controlli, all’incentivo per l’innovazione e alla necessità di un approccio più strutturato alla legalità sostanziale”.

Per non parlare della ricerca e sviluppo, dove oltre il 75% degli operatori attivi si affida a tecnologie tradizionali e non dispone di strutture interne dedicate all’innovazione. A livello nazionale, spiega il report, i brevetti riguardano prevalentemente tecnologie di trattamento in situ. L’Italia rimane un importatore netto di innovazione tecnologica: meno del 20% degli operatori iscritti al RemBook offre brevetti, 6% al Sud. Cosa manca? Incentivi, autorizzazioni sicure, domanda pubblica di innovazione, fiducia nelle prestazioni a lungo termine delle tecnologie e approcci nuovi da parte degli enti interessati. Di qui anche l’alta variabilità dei costi unitari degli interventi: da 62 a 500 euro al metro quadro. Ecco perché Ref propone l’istituzione di un Osservatorio Nazionale dei Prezzi per le Bonifiche Ambientali, con un database centralizzato e aggiornato di voci di costo analitiche e parametriche per uniformare i criteri e garantire trasparenza.

Eppure, ricollegandoci ai numeri iniziali, quello delle bonifiche è un comparto redditizio che conta un valore aggiunto da 72mila euro per operatore contro i 37.500 delle costruzioni. Un Ebitda all’11,6% e un tasso di ritorno dagli investimenti netti del 22,2%. Come migliorare tutte le mancanze descritte? Secondo Ref occorrono nuove procedure, più coordinate con regimi speciali per proprietari incolpevoli e contaminazioni storiche. Occorre poi rilanciare il ruolo delle Regioni. Ancora: bonifica e rigenerazione devono “marciare insieme”, con strategie che includano salute, riconversione industriale, nuovi usi del suolo. Di qui, serve adottare una legge nazionale sul consumo di suolo che incentivi il riutilizzo dei siti contaminati. La bonifica va poi resa condizione abilitante per ridurre il consumo di suolo, rilanciare aree dismesse e promuovere sviluppo sostenibile. Ma serve soprattutto un salto culturale e comunicativo per  raccontare le bonifiche come parte integrante della transizione ecologica, della giustizia ambientale e della valorizzazione del patrimonio territoriale

Non basta. Occorre muoversi anche sulle leve dei dati, dell’innovazione e dei finanziamenti. Una banca dati, un osservatorio prezzi, un metodo per validare le tecnologie e formare gli operatori. Sulle gare servono criteri premianti per le soluzioni tech sostenibili, così come a livello bancario nuovi strumenti per finanziare la transizione. Solo così, conclude Ref, le bonifiche saranno riconoscibili davvero come una leva strategica nazionale.

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