Le decisioni del Cdm
Pil a +0,5% nel 2025, +0,7% nel 2026. Deficit a 3%, poi scende. Varato il Dpfp, il Governo traccia la rotta della manovra
Il Governo ha approvato il Dpfp che aggiorna le stime di crescita del Pil a +0,5% per quest’anno. Il deficit scende al 3% ma Bruxelles ha chiarito che per chiudere la procedura d’infrazione è necessario stare sotto questa soglia. È questo il perimetro entro il quale verrà costruita la legge di bilancio. Fisco, sanità, lavoro e famiglie sono le priorità fissate dall’esecutivo. Prudenza rimane la parola d’ordine del ministro Giorgetti, tanto più ora in un contesto gravato dalle incertezze della situazione geopolitica internazionale. Per il 2026 Pil tendenziale e programmatico uguali, nel 2027 e 2028 la “spinta” programmatica del Pil è di 0,1 punti percentuali. Le spese per la difesa sono calcolate tra i 12 e 13 miliardi in tre anni, a condizione che l’Italia esca dalla procedura di infrazione.
Nessuna sorpresa: i numeri arrivati sul tavolo del Consiglio dei ministri confermano le anticipazioni dei giorni scorsi che indicano una crescita dello 0,5% nel 2025 con una lieve accelerazione nel 2026 a +0,7% mentre l’asticella del deficit scende al 3% già quest’anno. E’ il quadro tratteggiato dalla revisione delle stime del nuovo Documento programmatico di finanza pubblica che, ieri sera, ha avuto il via libera dal Cdm. Un fondamentale passaggio che segna la rotta che dovrà seguire la legge di Bilancio 2026 – la quarta del Governo Meloni – costretta a navigare tra i marosi dell’incertezza derivante dalla situazione geopolitica internazionale. Lo scenario programmatico del Dpfp, che – si ricorderà sostituisce la vecchia Nadef – conferma, come spiega il Mef, l’andamento dell’indebitamento netto previsto dal PSB, il Piano Strutturale di Bilancio, e ribadito nel DFP dello scorso mese di aprile (2,8% per l’anno 2026, 2,6% per l’anno 2027 e a 2,3% per l’anno 2028) e consente di rispettare il percorso della spesa netta concordato a livello europeo in quanto è coerente con la traiettoria. Piena coincidenza – e non è molto frequente – fra il Pil tendenziale e il Pil programmatico nel 2026, mentre la “spinta” programmatica del governo porta la crescita su di appena 0,1 punti percentuali sia nel 2027 che nel 2028.
Nel documento si dà anche conto dell’incremento del Pil dello 0,15% nel 2026, di 0,3 % nel 2027 e di 0,5 nel 2028 da destinare alle spese della difesa. Si calcola una cifra da gli 11 e i 13 miliardi in tre anni, sempre che l’Italia esca dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo. Il tasso di crescita del valore del PIL programmatico si attesta per il 2026 allo 0,7%; nel 2027 allo 0,8%; nel 2028 allo 0,9%. Il tasso di crescita tendenziale risulta pari allo 07% nel 2026 e nel 2027 e allo 0,8% nel 2028. “Tali dati si basano su stime assai prudenziali che allo stato risentono anche del contesto geopolitico internazionale”, sottolinea il Mef. Il debito del DPFP si attesta su valori inferiori al PSB (dove era pari al 137,8 nel 2026) e, in termini programmatici, in riduzione anche rispetto a quelli tendenziali del documento di primavera. Tale indicatore inizia a ridursi già nel 2027 e si attesta nel 2028 a un valore pari al 136,4 quando verrà meno l’effetto del superbonus.
E’ in questo quadro macroeconomico che bisognerà reperire le risorse per finanziare la prossima manovra. Le priorità che, ieri sera, il Mef ha messo nero su bianco sono quelle del fisco, sanità, famiglie e lavoro. Si tratta di dare luogo “a una ricomposizione del prelievo fiscale riducendo l’incidenza del carico sui redditi da lavoro e si garantirà un ulteriore rifinanziamento del fondo sanitario nazionale”. Inoltre, “al fine di dare continuità agli interventi approvati dal Governo, saranno previste specifiche misure volte a stimolare gli investimenti delle imprese e a garantirne la competitività. Si procederà nel percorso di incremento delle misure a sostegno della natalità e della conciliazione vita-lavoro”.
Concorre al finanziamento della manovra una combinazione di misure dal lato delle entrate e di interventi sulla spesa; questi ultimi tengono conto del monitoraggio compiuto e dell’adeguamento dei relativi cronoprogrammi di spesa, spiega ancora il Mef ricordando che “ la manovra dello scorso anno ha reso strutturali fondamentali misure quali quelle relative alla riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro, le missioni internazionali, il rinnovo dei contratti pubblici e ha finanziato, in misura rilevante, il livello del finanziamento del fondo sanitario nazionale e ha previsto la costituzione di fondi per gli investimenti e per la ricostruzione”. Nel Documento sono anche indicati, in coerenza con quanto previsto dalle risoluzioni parlamentari approvate lo scorso 17 e 18 settembre, l’elenco dei collegati alla manovra. Prudenza rimane la parola d’ordine del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, anche per questa legge di Bilancio. “Confermiamo la linea di ferma e prudente responsabilità che tiene conto della necessità della tenuta della finanza pubblica nel rispetto delle nuove regole europee e delle imprescindibili tutele a favore della crescita economica e sociale dei lavoratori e delle famiglie”.
Cuore della manovra sarà il taglio dell’Irpef, che interesserà quest’anno il ceto medio, con una riduzione di due punti della seconda aliquota dal 35% al 33% per i redditi da 28mila a 50mila euro. Le misure per le famiglie prevederebbero un nuovo intervento sulle detrazioni con il quoziente familiare. Alla richiesta delle imprese che chiedono certezze, il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha indicato l’obiettivo di rendere l’Ires premiale strutturale, semplificandola. Per la sanità l’obiettivo è raccogliere 2-3 miliardi in più oltre ai 4 già previsti dalla scorsa legge di bilancio. Vanno verso il rinnovo anche le risorse per le Zes.
Il testo, approvato dal consiglio dei ministri, verrà ora inviato alla Ue e alle Camere, che hanno già calendarizzato l’esame in Aula per il 9 ottobre. Intanto, sulla possibile uscita dalla procedura di infrazione Per deficit eccessivo con il 3%, è arrivato un primo messaggio da Bruxelles. Per la chiusura di una procedura, “il Regolamento europeo dice che il deficit deve essere sotto il 3% del Pil, ma credo che anche il 2,9% sia un buon valore”, ha puntualizzato un alto funzionario europeo. “Sull’Italia naturalmente ho letto che forse ci saranno buone notizie sul deficit per il 2025. Tutto questo andrà verificato sulla base dei dati definitivi”. La Commissione diffonderà le nuove previsioni a novembre e farà “una valutazione, ma qualsiasi decisione sulla base dei dati per il 2025 sarà presa nella primavera del 2026, quando i dati saranno definitivi”. Sulla chiusura della procedura per disavanzo eccessivo dell’Italia non sarà possibile alcun tipo di discrezionalità da parte della Commissione europea: il deficit dovrà risultare stabilmente inferiore al 3% del Pil.