I dati dell'Istat
Nel 2024 il Pil cresce dello 0,7%. Giù il deficit MA su la pressione fiscale
Nel 2024 l’economia italiana è cresciuta dello 0,7%, sotto quindi l’asticella fissata all’1% dal Piano strutturale di bilancio. I dati arrivati dall’Istat confermano, invece, la sorpresa positiva preannunciata dal ministro Giorgetti: il rapporto deficit-pil scende al 3,4%, sotto le stime del Governo. Sale il debito al 135,3% e sale anche la pressione fiscale al 42,6%. Giorgetti: “i dati Istat di oggi confermano, come da sempre sostenuto con convinzione, che la finanza pubblica è in una condizione migliore del previsto”, ha sottolineato.
Poche settimana fa, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva preannunciato sorprese positive per i conti pubblici e aveva dato appuntamento al 3 marzo, giorno in cui l’Istat avrebbe pubblicato le rilevazioni su i pil e indebitamento delle amministrazioni pubbliche. E i dati sono arrivati ieri e le buone notizie anticipate dal titolare del Mef riguardano il rapporto deficit-pil che nel 2024 è risultato addirittura migliore dei target fissati dal governo: rispetto al 3,8% il rapporto si è ridotto al 3,4%, rendendo così più alla portata l’obiettivo di portarlo sotto il 3% nel 2026. Nessuna sorpresa, invece, per il Pil che lo scorso anno non è andato oltre il +0,7%, lo stesso passo di crescita del 2023. Un biennio in brusco rallentamento rispetto al +4,8% del 2022, che l’Istat ha rivisto al rialzo rispetto a +4,7% . Rispetto alla stima preliminare, diffusa a fine gennaio, si registra un lieve scostamento al rialzo: l’indicazione era, infatti, di un +0.5%. In questo caso, il dato rimane al di sotto dell’obiettivo dell’1% fissato dal Piano Strutturale di Bilancio. Il ministro Giorgetti aveva messo le mani avanti, comunque, spiegando che le stime sono state aggiornate in linea con quelle dei previsori internazionali. Il quadro fornito dall’Istat si completa con l’aumento della pressione fiscale e del debito pubblico.
Più nel dettaglio, nel 2024 il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 2.192.182 milioni di euro correnti, con un aumento del 2,9% rispetto all’anno precedente. In volume il Pil è cresciuto dello 0,7%. Dal lato della domanda interna nel 2024 si registra, in termini di volume, un incremento dello 0,5% degli investimenti fissi lordi. Un dato modesto e in forte frenata rispetto al +9% nel 2023. Gli investimenti in costruzioni hanno registrato una crescita del 2% e quelli in prodotti della proprietà intellettuale del 2,6%. In caduta quelli per i macchinari e attrezzature, -1,8%, e del 6,3% per i mezzi di trasporto. I consumi finali nazionali segnano un incremento dello 0,6%. I flussi con l’estero vedono le importazioni scendere dello 0,7% le esportazioni crescere dello 0,4%. La domanda nazionale al netto delle scorte e la domanda estera netta hanno contribuito positivamente alla dinamica del Pil, rispettivamente per +0,5 e +0,4 punti percentuali, mentre l’apporto della variazione delle scorte è stato negativo per -0,1 punti. Il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume del 2,0% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca, dell’1,2% nelle costruzioni e dello 0,6% nelle attività dei servizi. Per l’industria in senso stretto, si conferma la situazione di difficoltà in cui versa con una contrazione dello 0,1%.
Intanto, sulla base delle delle informazioni pervenute fino al 26 febbraio, l’Istat ha elaborato in via provvisoria le stime del conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche per l’anno 2024. L’indebitamento netto delle AP in rapporto al Pil è stato pari a -3,4% (-7,2 % l’anno precedente). In valore assoluto, l’indebitamento per il 2024 è stato di -75.547 milioni di euro, in diminuzione di circa 78,7 miliardi rispetto a quello dell’anno precedente. Il saldo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) è positivo e pari a 9.633 milioni di euro, con un’incidenza sul Pil del +0,4% (-3,6% nel 2023), soprattutto per la forte riduzione delle spese in conto capitale (-60,5 miliardi). Il saldo di parte corrente (risparmio o disavanzo delle AP) è anch’esso positivo e pari a 35.523 milioni di euro, in miglioramento rispetto al 2023 (17.273 milioni). Questo risultato rispecchia una crescita delle entrate correnti (+55 miliardi) più sostenuta di quella delle uscite correnti (circa +36,7 miliardi). Il 2024 vede il debito pubblico in risalita: il rapporto rispetto al Pil si attesta al 135,3% rispetto al 134,6% del 2023. Nonostante questo aumento, il dato rimane di sotto della soglia del 138% fissata del governo per quest’anno.
Sale anche la pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) che è risultata pari al 42,6%, in aumento rispetto all’anno precedente (41,4%), per effetto di una crescita delle entrate fiscali e contributive (+5,7%) superiore a quella del Pil a prezzi correnti (+2,9%).
Nel 2024 le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche sono cresciute del 3,7% rispetto all’anno precedente. L’incidenza sul Pil è stata pari al 47,1 %. Le entrate correnti hanno registrato un aumento del 5,7%, attestandosi al 46,8 % del Pil. In particolare, le imposte dirette sono cresciute del 6,6%, principalmente per l’aumento dell’IRPEF e dell’IRES. In aumento sono risultate anche le sostitutive sugli interessi e sui redditi da capitale e le ritenute sugli utili distribuiti dalle società. Le imposte indirette hanno registrato una crescita anch’essa marcata (+6,1%), con aumenti significativi dell’IVA, dell’IRAP e delle imposte sull’energia e oneri generali del sistema elettrico e gas, queste ultime ritornate sui livelli precedenti la crisi energetica per il ripristino completo degli oneri generali del sistema energetico. In aumento rispetto al 2023 sono risultati anche i contributi sociali effettivi (+4,3%), la produzione vendibile e per uso proprio (+0,4%) e le altre entrate correnti (+10,5%). Il calo delle entrate in conto capitale (-72,4%) è stato dovuto principalmente alla significativa riduzione dei contributi a fondo perduto dell’Unione europea relativi al Pnrr a fronte del rallentamento degli investimenti realizzati. Nel 2024 le uscite totali delle Amministrazioni pubbliche (50.6% del Pil) sono scese del 3,6% rispetto al 2023 per la significativa riduzione delle uscite in conto capitale (-39.9%). Questa riduzione è stata generata da un calo dei contributi agli investimenti (-72.9%) per il venir meno delle spese relative alle agevolazioni edilizie legate al Superbonus e, solo parzialmente, compensate dall’aumento delle spese per investimenti (+14.3%). Le uscite correnti sono cresciute del 3,9%, principalmente in conseguenza della dinamica dei redditi da lavoro dipendente (+4.5%), dei consumi intermedi (+6,7%) e delle prestazioni sociali in denaro (+5,1%). La dinamica di queste ultime è da attribuirsi a un incremento della spesa per pensioni e rendite del 5,5%, dovuto anche alla forte indicizzazione ai prezzi, e a una crescita del 3,8% della spesa per altre prestazioni sociali in denaro. In forte aumento gli interessi (+9,5%, era -4,6% nel 2023), mentre sono risultate in calo le altre uscite correnti (-6,2%).
Sul fronte del mercato del lavoro, nel 2024 le unità di lavoro (Ula) sono aumentate del 2,2%, a sintesi di una crescita del 2,3% delle Ula dipendenti e dell’1,8% delle Ula indipendenti. L’aumento ha riguardato tutti i macrosettori: +0,7% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca, +0,7% nell’industria in senso stretto, +2,6% nelle costruzioni e +2,5% nei servizi. I redditi da lavoro dipendente e le retribuzioni lorde sono aumentati entrambi del 5,2%. Le retribuzioni lorde per unità di lavoro hanno registrato un incremento del 2,9% nel totale dell’economia; nel dettaglio, vi sono stati aumenti del 3,5% per l’industria in senso stretto, del 4,0% per le costruzioni e del 2,8% nei servizi. In diminuzione del 2,2% il settore agricolo.
A commentare con soddisfazione lo stato della finanza pubblica è stato Giorgetti: “i dati Istat di oggi confermano, come da sempre sostenuto con convinzione, che la finanza pubblica è in una condizione migliore del previsto”, ha sottolineato. Ma c’è di più: “l’avanzo primario certificato oggi dall’Istat è una soddisfazione morale. La crescita corrisponde a quella che avevamo aggiornato a dicembre. Naturalmente tutto questo è confortante ed è ragione di soddisfazione. Ma non possiamo fermarci, ora – ha avvertito – la sfida è la crescita in un contesto assai problematico non solo italiano ma che coinvolge tutta Europa”.