LE LINEE GUIDA SALVA-CASA
Il Mit: SANABILE l’aumento di volume su beni vincolati
La querelle sulla sanabilità di immobili con vincolo paesaggistico era stata sollevata per l’opposizione all’applicazione del salva-casa da parte di alcune Soprintendenze che considerano illegittima una norma che aggiri un vincolo posto dal codice Urbani senza un intervento diretto sul codice stesso. Il ministero delle Infrastrutture si allinea ora alle posizioni prevalenti dei giuristi raccolte da Diario DIAC
IN SINTESI
Con le anticipazioni delle linee guida attuative del Dl salva-casa (su cui si veda l’articolo di ieri), il ministero delle Infrastrutture entra nel merito della querelle sull’applicazione, agli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, della nuova sanatoria semplificata. Il ministero risponde direttamente alle Soprintendenze che intendono sbarrare la strada alla procedura di compatibilità paesaggistica in presenza di piccoli abusi che abbiano comportato aumento di volume o di superficie. Molte – come lo stesso Mit afferma – sarebbero pronte a far valere l’interpretazione molto rigida – smontata punto per punto da stimati giuristi intervistati da Diario DIAC nell’articolo qui disponibile – secondo cui alle richieste di sanatoria continuano ad applicarsi i limiti disegnati dal codice Urbani (art. 167), che esclude l’accertamento di compatibilità paesaggistica nel caso di lavori, realizzati in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che abbiano determinato un aumento di superficie o volume rispetto a quanto legittimamente realizzato. Secondo il Mit, la nuova sanatoria applicata agli immobili vincolati è, invece, pienamente operativa.
Le indicazioni del Mit alle soprintendenze
«A fronte delle segnalazioni raccolte da numerose amministrazioni comunali, che segnalano la resistenza di alcune Soprintendenze nell’attuazione delle novità del Dl salva-casa, le linee guida Mit specificano la piena operatività del meccanismo in sanatoria disciplinato nel nuovo articolo 36-bis, comma 4 del testo unico edilizia», scrive il ministero. «La nuova procedura – prosegue la nota del ministero – prevede che, per gli immobili vincolati, il proprietario o l’avente titolo presenti un’unica istanza di sanatoria allo sportello unico edilizia del Comune, che provvederà ad inoltrare la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica in sanatoria alle amministrazioni preposte anche nel caso in cui la difformità abbia determinato aumenti di volumi e superfici. Ogni fase procedimentale è scandita da tempi chiaramente individuati dalla legge e dalla regola del silenzio-assenso».
Sebbene le linee guida non abbiano natura vincolante, questa è l’indicazione data dal Mit agli uffici coinvolti nell’iter della compatibilità paesaggistica. Bisognerà vedere se basterà a fermare le Soprintendenze che, innanzi a una richiesta di compatibilità paesaggistica attivata nell’ambito di un accertamento di conformità per piccoli abusi, sarebbero già pronte ad invocare l’articolo 167 opponendosi, a-priori, alla regolarizzazione. Non è difficile prevedere che la questione sarà affrontata anche dai giudici amministrativi.
Le ragioni della querelle
L’intervento del Mit e l’opposizione di alcune Soprintendenze nascono – come aveva spiegato Diario DIAC lo scorso 27 settembre – per due motivi. Il primo va ricercato nelle modalità redazionale della norma del salva-casa. Più nel dettaglio, nell’introdurre la possibilità di accedere all’accertamento della compatibilità paesaggistica nell’ambito della sanatoria dei piccoli abusi, il salva-casa non ha modificato l’articolo 167 e non ha introdotto una deroga espressa alle disposizioni del codice dei Beni culturali e del paesaggio. Inoltre – e questo è il secondo punto – l’articolo 36-bis sarebbe andato a modificare norme di principio del codice Urbani, che per effetto dell’articolo 183, comma 6, sarebbero intoccabili. Secondo l’articolo 183 del codice Urbani, le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi del Dlgs 42 del 2004, «se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni».
La tesi delle Soprintendenze smontata dai giuristi
Già sulle pagine di Diario DIAC noti giuristi avevano smontato la tesi sposata da alcune Soprintendenze. Sulla questione dell’articolo 183, comma 6 era stato molto chiaro Emilio Paolo Salvia, docente di Istituzioni di diritto pubblico alla Facoltà di Economia dell’Università Sapienza. «Non si può dire – spiegava – che il comma il 6 crei una rigidità insuperabile da future leggi del Parlamento, tanto da imporgli di emendare qualsiasi disposizione normativa del codice dei Beni culturali e del paesaggio solo mediante abrogazione espressa. Innanzitutto, sono i princìpi che non devono essere derogati ma è comunque possibile un’integrazione attraverso una norma di dettaglio. Possiamo dire che il richiamo può essere un monito per evitare al Parlamento la cosiddetta abrogazione implicita e quindi la sostituzione della norma del testo unico con un’altra che ridisciplina la materia in maniera completamente surrettizia».
«Resta possibile – sottolineava ancora il professore – intervenire su una singola norma del Dlgs 42 del 2004 con una modifica o con un’integrazione, un’eccezione o una deroga seguendo i meccanismi secondo cui il Parlamento può intervenire, senza toccare i princìpi fondativi e quindi senza dover ricorrere all’abrogazione espressa». E, in questa possibilità rientra – affermava il professore – l’ampliamento dell’accertamento di compatibilità paesistica. Dunque, tutto regolare.
Il professore si era espresso anche sul contrasto tra le nuove disposizioni della sanatoria semplificata e le norme del codice Urbani, «C’è da precisare – affermava Emilio Paolo Salvia in riferimento alle nuove disposizioni sulla compatibilità paesaggistica postuma introdotte dal salva-casa – che nessuna norma può semplicemente essere non applicata, gli unici casi di non applicazione di una norma del nostro ordinamento sono di eventuale contrasto con norme europee in materie di competenza del diritto europeo». In conclusione – secondo Salvia – le nuove norme non hanno fatto altro che conferire un potere più ampio all’amministrazione chiamata ad esprimersi sulla compatibilità paesaggistica, che ora può valutare anche i piccoli abusi su immobili vincolati comportanti aumenti di volume e di superficie, pur restando ferma la possibilità di diniego del nulla osta in caso di non compatibilità.
D’altra parte, se non fosse come dice il Mit e come sostengono i giuristi che sposano una interpretazione non rigida, la nuova sanatoria semplificata avrebbe un ambito applicativo ristretto) tanto per usare un eufemismo), visto che gran parte dei nostri edifici ricade in ambiti vincolati.
La circolare della Regione Lazio
Anche la Regione Lazio nella sua ultima circolare (del 20 dicembre 2024) sull’applicazione del salva-casa ha implicitamente sostenuto la legittimità della compatibilità paesaggistica in sanatoria nell’affermare che «l’accertamento di compatibilità paesaggistica di cui al comma 4 dell’art. 36-bis costituisce un ulteriore e diverso istituto rispetto a quello già previsto dall’art. 167 del Dlgs. 42 del 2004, non modificato con il Dl n. 69 del 2024». L’accertamento di compatibilità paesaggistica introdotto dal salva-casa, a differenza di quello del Codice dei Bani culturali (art. 167) – spiega la circolare – non è attivato su richiesta dell’interessato, ma è una fase endoprocedimentale del procedimento introdotto dall’articolo 36-bis ed è attivato dall’amministrazione comunale. L’altra differenza sta nell’aumento di volumi e di superficie, consentito nel nuovo istituto, ma non ammesso dall’articolo 167 del codice Urbani.