DIARIO POLITICO

Meloni in Egitto, il voto (quasi ininfluente) della Toscana, la trionfalistica vulgata sul miglioramento dell’economia che non tiene

Giorgia Meloni è volata in Egitto per partecipare alla firma della “pace” tra Israele e Hamas sotto la supervisione  dell’amico Donald Trump. La Presidente del Consiglio apprenderà da lì i risultati delle elezioni in Toscana che – se le previsioni non saranno smentite clamorosamente – confermeranno la guida della regione al centrosinistra, oggi denominato campo largo nonostante da quelle parti pesino più i renziani che i post grillini e i rapporti tra il governatore uscente Eugenio Giani e il leader M5s Giuseppe Conte restino – a dir poco – freddi.

Il cortile italiano insomma resterà inevitabilmente sullo sfondo e a Meloni va bene così.

13 Ott 2025 di Pol Diac

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Anche perché non è certo il verdetto delle urne in Toscana in cima ai suoi pensieri. Le percentuali con cui la Premier è chiamata a fare i conti sono altre, prima fra tutte quel -2,4% registrato in agosto dalla produzione industriale. Un calo inatteso e lontano dalle previsioni orientate su un meno 0,4% ampiamente giustificabile con il mese vacanziero degli italiani per antonomasia.

La vulgata trionfalista  governativa sul miglioramento dell’economia italiana fa insomma acqua e le critiche che arrivano dai sindacati ma anche dalle associazioni datoriali difficilmente potrà essere oscurato con qualche decina di euro in più in busta paga per il taglio dell’Irpef o con l’annullamento di ulteriori tre mesi per il raggiungimento dell’età pensionabile, peraltro ristretto a una platea di ultra-sessantaquattrenni, con l’aggiunta dell’ennesimo mini-condono sulle cartelle esattoriali. Una risposta molto simile, per non dire fotocopia,  di quella offerta  nella legge di Bilancio dello scorso anno..

Meloni e i suoi ministri ostinatamente sembrano voler ignorare il cambio di scenario provocato anche dalle bordate tariffarie dell’amico Donald  che stanno terremotando l’economia mondiale a partire da quella europea con l’Italia – Paese esportatore secondo solo alla Germania, che nel frattempo ha messo il turbo all’industria della difesa teutonica – tra le più colpite. L’unica vera nota di merito (tutt’altro che irrilevante) è il miglioramento dei conti pubblici che sta portando all’uscita dalla procedura d’infrazione con un anno di anticipo consentendoci così di poter utilizzare la clausola di salvaguardia per scorporare dal deficit parte delle spese per la difesa e soprattutto a ridurre il costo del debito pubblico.

Manca invece a tutt’oggi una risposta che consenta a chi investe, produce e rischia di poter programmare il futuro, che è poi anche il nostro. Le rassicurazioni propagandistiche del governo rilanciate da dichiarazioni sterotipate ai Tg valgono ben poco. Ma ancor meno gli slogan dell’opposizione che si guarda bene dall’offrire alternative credibili: dove prendere le risorse per finanziare la sanità? In che modo far crescere i salari per recuperare la perdita del potere d’acquisto? Come conciliare la politica green con la crisi della manifattura?  Interrogativi che restano appesi, senza risposta. Stasera, in Toscana, a scrutini ultimati, chiunque canterà vittoria si guarderà allo specchio e vedrà riflessa la faccia di Pirro.

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