IL SEMINARIO DELL'ACER

Le imprese: il collegio consultivo tecnico decisivo per l’esecuzione degli appalti ma costi eccessivi. Anas: -27% per il contenzioso giudiziario

Il presidente di Ance Roma, Antonio Ciucci: il CCT istituto fondamentale perché facilita la realizzazione delle opere, ma non deve deresponsabilizzare le stazioni appaltanti; il tema dei costi va affrontato in termini di normalizzazione dell’istituto.

16 Ott 2025 di Giorgio Santilli

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Le imprese: il collegio consultivo tecnico decisivo per l’esecuzione degli appalti ma costi eccessivi. Anas: -27% per il contenzioso giudiziario

Il collegio consultivo tecnico è un utile “strumento di accompagnamento” dell’esecuzione degli appalti pubblici che per il momento sta dando risultati positivi e incontra il favore delle imprese, delle stazioni appaltanti, dei giuristi. Riduce il contenzioso, come testimonia il dato dell’Anas (-27%), Resta il tema dei costi. Sono i principali contenuti emersi dal convegno sul CCT organizzzato da Ance Roma-Acer con SIAA (Società Italiana Avvocati Amministrativisti), UER (Università Europea di Roma) e Master Contratti pubblici.

A introdurre i lavori la relazione del presidente di Ance Roma, Antonio Ciucci, secondo cui il CCT è “un istituto fondamentale perché facilita la realizzazione delle opere, ma non deve servire a deresponsabilizzare le stazioni appaltanti”. Il tema dei costi va affrontato “in termini di normalizzazione dell’istituto”.

“Alla prova dei fatti – ha detto Ciucci – l’istituto si è mostrato, indubbiamente, uno strumento utile di risoluzione anticipata delle questioni controverse e, finanche, di assistenza al RUP nella gestione della fase esecutiva, sia pure, sotto questo ultimo profilo, con esiti non sempre positivi, determinando una sorta di deresponsabilizzazione del RUP rispetto a ogni questione controversa. A ogni buon conto – ha continuato Ciucci – si tratta comunque di una efficace attuazione del principio del risultato sancito dal nuovo codice, sia come ausilio per pervenire a una sollecita realizzazione dell’appalto, sia come strumento deflativo del contenzioso. D’altro canto i vantaggi in termini di tempo rispetto all’attivazione di un contenzioso sono indubbi posto che la durata dei processi ancora oggi è inidonea a rispondere alle esigenze di giustizia e di certezza che appaiono indispensabili nel settore degli appalti”.

Ciucci non ha però nascosto alcune criticità che proprio la discussione pubblica dovrebbe aiutare a risolvere. “In primo luogo – ha detto Ciucci c’è l’esigenza di stabilità normativa. La rilevanza dell’istituto impone certezza e costanza delle regole: confidiamo che le emanande linee guida siano l’ultimo intervento in argomento”. Anche l’eventuale applicazione, su base volontaria, delle nuove regole dettate dal codice 36 ai collegi già costituiti ha determinato non pochi problemi operativi, ha detto Ciucci.

C’è poi il delicatissimo tema dell’efficacia delle pronunce del CCT. “Lo strumento – ha detto Ciucci – è’ utile e conforme al principio del risultato se e qualora le sue determinazioni assumano valore di lodo contrattuale. La possibilità di declinatoria rimessa anche ad una sola parte, induce nei fatti, questa è la nostra esperienza concreta, a atteggiamenti sovente pretestuosi delle stazioni appaltanti intesi ad attenuare l’efficacia vincolante delle determinazioni del CCT”. La previsione del nuovo Codice mira, con ogni probabilità, a superare in radice le eventuali censure in tema di arbitrato obbligatorio, “ma continuiamo a ritenere preferibile la precedente versione che stabiliva il valore di lodo contrattuale anche su richiesta di una sola parte”.

Ma la questione più delicata e in via di definizione – perché sul tema si attendono ancora le nuove linee guida – è quella dei costi. “Voglio fare – ha detto Ciucci – una sola osservazione: pur consapevoli della complessità e rilevanza delle questioni rimesse al CCT e dell’alto grado di professionalità richiesto ai componenti occorre avviare una riflessione complessiva onde evitare che un’incidenza economica eccessiva possa indurre a esiti negativi sulla sopravvivenza di un istituto che reputiamo essenziale. Ciò in particolare in ragione della evoluzione dell’istituto da strumento di risoluzione a strumento di prevenzione delle controversie, quasi un CTU in corso d’opera”. Una proposta di Ance per una possibile riduzione dei costi è  quella di “sottrarre all’applicazione delle tariffe e sottoporre a compenso fisso i pareri che non hanno diretta incidenza economica sull’appalto e si sostanziano in mere questioni giuridiche”.

Altre due proposte riguardano la possibile evoluzione dell’istituto, nel senso di un maggiore utilizzo: la prima è la riduzione della soglia economica di applicazione obbligatoria dell’istituto a due milioni di euro; la seconda, nell’ottica di una pulizia normativa, è ragionare sulla sopravvivenza dell’istituto dell’accordo bonario ormai francamente obsoleto e al più foriero di potenziali confusioni, vista l’obbligatorietà del parere  del CCT in caso di riserve.

Storto (MIT): inventarsi un mestiere nuovo

Larga prevalenza degli interventi che danno una valutazione positiva dell’istituto e dei suoi risultati, anche se ciascuno ha sottolineato aspetti specifici.

Il capo di gabinetto del MIT, Alfredo Storto, ha voluto porre l’accento sui caratteri innovativi della sistemazione compiuta  dal codice e dal correttivo dell’istituto, che non solo facilita l’esecuzione delle opere, ma contribuisce a “prevenire le controversie” e alla loro “rapida soluzione”. “Qui non si tratta di fare sentenze e neanche lodi – ha detto Storto – qui bisogna inventarsi un mestiere nuovo: il mestiere della captazione del problema, della capacità di discutere il problema con una tecnica diversa da quella della contrapposizione giudiziaria, dell’individuazione di una soluzione che non sia una soluzione puntuale e istantanea, ma l’avvio di un percorso”. Il contenimento dei costi del CCT per Storto è “un bersaglio sbagliato”.

Anche la grande maggioranza degli interventi degli altri relatori – alcuni dei quali hanno dichiarato esplicitamente di avere incarichi in CCT – hanno assunto questa posizione che “il problema non sono i costi”. Questione ribadita, invece, dalla responsabile della Direzione Opere pubbliche dell’Ance, Francesca Ottavi.

I numeri dell’Anas

L’intervento forse più fattivo e significativo sull’impatto del CCT è stato quello di Eleonora Maria Mariani, capo della direzione legale di Anas, che ha anzitutto registrato “una marcata situazione di sbilanciamento a favore della funzione decisionale, perché nella nostra esperienza i pareri richiesti ai CCT sono meno di una decina, mentre la risulozone delle controversie con lodo ha caratterizzato notevolmente l’istituto”. I numeri dell’esperienza Anas, d’altra parte, parlano da soli. “L’effetto per noi più positivo – ha detto Mariani – è stato quello di deflazione del contenzioso giudiziario civile in materia di lavori che si colloca nell’ordine del 27%”.

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