il presidente De Ruvo all'assemblea di Confetra

“La logistica resiste e cresce grazie alle imprese, manca visione strategica per il rilancio”

Tiene il fatturato della filiera della logistica che nel 2023 ha toccato 115,8 miliardi. La previsione per il 2024 è di una lieve crescita dello 0,7% in linea con l’economia nazionale. Ma “c’è poco da festeggiare”, dice il presidente di Confetra che denuncia la carenza di manodopera: 22 mila autisti solo in Italia. Sul settore pesano criticità a livello nazionale, dai valichi alla sempre attesa riforma dei porti, e quelle geopolitiche internazionali, a cominciare dalla crisi del Mar Rosso. Manca una visione organica dei problemi – ne è la prova la decarbonizzazione – e ora serve una governance complessiva.

20 Nov 2024 di Maria Cristina Carlini

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“La logistica resiste e cresce grazie alle imprese, manca visione strategica per il rilancio”

“Il nostro comparto logistico sta vivendo una fase in cui per mantenere la competitività deve ricorrere a tutti gli strumenti che la resilienza delle imprese possono mettere in campo”. Sono le parole con le quali il presidente di Confetra, Carlo De Ruvo, nella relazione all’assemblea annuale della confederazione ieri a Roma, sintetizza con efficacia la situazione, le problematiche e, quindi, le sfide che il comparto si trova a dover affrontare. Lo stato di salute delle imprese della logistica è attestato dalla moderata crescita del fatturato a partire dal 2020 e arrivato a quota 115,8 miliardi nel 2023 mentre nel 2024 è atteso in crescita dello 0,7% , in linea con l’economia nazionale. “Ma non è tempo di festeggiare”, ha tenuto subito a puntualizzare. Perchè, appunto, la logistica sembra poter contare solo sulle proprie forze in un contesto nazionale e internazionale di grande complessità  e incertezza e sconta l’assenza di una “visione strategica, di una governance complessiva, regolatoria e infrastrutturale necessari al buon funzionamento e al rilancio della competitività”, ha detto De Ruvo.

 “Mancano 22 mila autisti, la carenza di manodopera mette a rischio il sistema. Si può ricomporre la lacerazione con i sindacati sul contratto”

C’è un tema sul quale De Ruvo ha posto subito l’accento ed è quello della mancanza di forza lavoro e della carenza di figure professionali che, addirittura, “mettono in discussione la tenuta” del settore. Guardando unicamente alla figura degli autisti in Europa ne mancano 230 mila, di cui 22 mila solo in Italia. Ma il deficit riguarda anche operatori logistici e di magazzino, macchinisti e spedizionieri. “In Italia abbiamo un serio problema di ricambio generazionale causato anche dalla scarsa attrattività delle professioni logistiche, ancora legata a un immaginario collettivo ben lontano dalla positiva realtà del Ccnl”, ha sottolineato il presidente di Confetra. Un fronte caldo, quello della trattativa per il rinnovo contrattuale, dove incombe lo sciopero di due giorni proclamato dai sindacati di categoria per il 9 e 10 dicembre prossimi. Ma è un messaggio positivo quello che De Ruvo ha voluto lanciare dal palco dell’assemblea:  “Ci sono tutti i presupposti per ricomporre questa lacerazione – ha assicurato – tutto lo schieramento datoriale si è sempre reso disponibile a trattare per raggiungere un accordo positivo per tutto”. Si tratta ora di vedere come questo si concretizzerà al tavolo negoziale che dovrebbe ripartire la settimana prossima.

Le criticità geopolitiche internazionali: la crisi di Suez penalizza i porti del Mediterraneo centrale e orientale

La logistica si trova a dover fare i conti con le criticità geopolitiche e geoeconomiche, come la guerra israelo-palestinese, che sta impattando
lin maniera sensibile sul settore della logistica. Le nuove rotte delle merci a seguito della chiusura del canale di Suez, infatti, hanno sottoposto l’economia marittima a stimoli contrapposti. Così, se da una parte i traffici a livello mondiale sono aumentati (+5,4%), dall’altra la loro nuovs distribuzione sta impattando sui porti, penalizzando quelli del Mediterraneo centrale e orientale, in particolare quelli italiani, e sta aumentando
 e sta aumentando il transit time, riducendo l’affidabiltà dello schedule marittimo e impedendo una pianificazione del lavoro dei terminal. Il conflitto mediorientale ha avuto effetti indiretti anche sul cargo aereo, dove si registra un generalizzato aumento del traffico mondiale di merci
con l’Italia che però cresce nei primi otto mesi del 2024 (+16,5%) più della media mondiale (+11,4%), ma con almeno un 30% di potenzialità da sfruttare dei nostri aeroporti rispetto a quelli europei, in mancanza di una visione strategica sul settore e di ritardi su capacità dei voli, digitalizzazione dei sistemi e semplificazione dello sdoganamento.

I valichi alpini: le limitazioni al Brennero costano 2 miliardi all’anno

Altra grande annosa criticità è quella dei valichi alpini. “I valichi hanno grandi problemi di manutenzione e di regolamentazione, cosa che abbiamo molto spesso segnalato come Confetra chiedendo una governance centrale dei corridoi”, ha detto De Ruvo. “Il 64% in termini di valore del nostro import export passa attraverso le Alpi – ha aggiunto -, parliamo di 12 milioni di mezzi pesanti e di 130 mila treni all’anno e 230 milioni di tonnellate. Numeri molto importanti che valgono molto, è una criticità per noi molto importante”. La chiusura per 3 mesi l’anno per un periodo di 18 anni per lavori sul traforo del Monte Bianco potrebbe ridurre drasticamente il Pil del Nord Ovest, mentre sul Brennero la regolamentazione restrittiva del Tirolo sta generando costi per 2 miliardi di euro l’anno, ancor più aggravata dalla prossima limitazione di trasmetto per manutenzione del Ponte di Lueg, in Austria”.

La ‘tempesta perfetta’ del cargo ferroviario

Se c’è un comparto in sofferenza, quello è senza dubbio il cargo ferroviario nel pieno di una “tempesta perfetta”, ha detto De Ruvo. Una tempesta  causata dalle chiusure per i cantieri del PNRR, calamità naturali, calo dell’import dall’Ue, fragilità infrastrutturale, con perdite stimate in 90 milioni di fatturato e un 2024 ancora in peggioramento. “Il vero nodo dello sviluppo del cargo ferroviario merci resta – ha spiegato il presidente di Confetra –  quello infrastrutturale. Larga parte dell’attuale dotazione va adeguata agli standard europei in tema di tratte e terminal. L’integrazione modale del ferroviario con reti stradali, porti, aeroporti, interporti e aree urbane e metropolitane è ancora in larga parte insufficient, come pure l’integrazione ai Ten-T, e la digitalizzazione del trasporto tra reti e operatori. Sono tutti temi inclusi nel Pnrr, nel Pnc e nel contratto di programma Mit-Rfi in corso di attuazione, che al comparto merci dovrebbero dedicare circa 10 miliardi di investimenti nei prossimi 10 anni ma la cui realizzazione sta generando situazioni di blocco e maggiori costi per le imprese privi di qualsiasi compensazione”.

Tra  il 2021 e il 2023 +3,8% il traffico autostradali di veicoli pesanti

Stabile il trasporto stradale di merci, tendenzialmente in positivo. Il traffico autostradale di veicoli pesanti tra il 2021 e il 2023 è aumentato del 3,8% ma permangono criticità  sui valichi alpini, cioè la principale porta di comunicazione con la nostras economia, attraverso cui transitano ogni anno 230 milioni di tonnellate di merci, su 12 milioni di mezzi pesanti.

Riforma dei porti: “le risposte sono insufficienti, serve un confronto con imprese e lavoratori”

Un passaggio centrale della relazione di De Ruvo è rappresentato dalla “più volte annunciata e rinviata” riforma della portualità, necessaria per il rilancio del sistema. “Confetra – ha ricordato – si è espressa da tempo sulle priorità e sulle criticità da sanare puntando, in particolare, a recuperare una rafforzata competenza centrale pubblica, per guidare l’assestamento e lo sviluppo dell’insieme del sistema portuale nazionale. Attualmente, le risposte ci sembrano insufficienti e non possono concentrarsi sulla creazione di una holding pubblica “Porti spa” col trasferimento della competenza sulle aree portuali demaniali dello Stato ad una entità formalmente di proprietà pubblica con potenziale partecipazione privata”. E, ancora, “ribadiamo il nostro più profondo dissenso perchè la questione portuale necessita di un confronto aperto con imprese e lavoratori, di un dialogo serio, organico, circostanziato sulle strategie”.

Dalla decarbonizzazione alla semplificazione: “manca una visione strategica”

La corsa alla decarbonizzazione dei trasporti, secondo Confetra, è iniziata senza un realistico studio ex ante e senza un bilancio adeguato ad ammortizzare i costi sociali ed economici della transizione. Un esempio su tutti, in questo senso, la revisione delle accise per contribuire al Green Deal, dove la soppressione dei “sussidi ambientalmente dannosi”, agevolazioni date alle imprese ma considerate controproducenti per l’ambiente, non è stata valuta per l’impatto che potrebbe avere su tutta la filiera dei prezzi alla produzione e al consumo e sulla competitività del paese. Analogamente, si deve ragionare sugli impatti sugli scambi di misure come l’Ets e il Cbam e sui tempi attuativi del Green Deal  che sta attualmente generando una crisi rilevante dell’automotive. La mancanza di visione strategica si riflette anche sul tema della semplificazione amministrativa e della sburocratizzazione, sui cui, chiede Confetra,  occorrono misure concrete e condivise anche per far fronte alle richieste del PNRR. “Il carico degli oneri burocratici si configurano come altrettanti svantaggi competitivi in grado di spostare attività economiche da un paese all’altro e l’azione della nostra Pubblica amministrazione a volte sembra complicarli, piuttosto che alleggerirli”, ha spiegato il presidente. E proprio la riforma doganale è l’esempio di come sulla via della semplificazione si proceda a zig-zag:”si è tradotta in una legislazione che mina la competività delle aziende, complicando i modelli organizzativi e facendo lievitare i costi”, ha spiegato De Ruvo, che ha sottolineato l’auspicio che in sede di correttivi vengano prese in considerazione le obiezioni della Confederazione. Rispetto alla questione della contribuzione ART, invece, il Presidente ricorda che in generale “va affrontato il tema dell’effettiva regolazione delle attività del comparto sottoposte a contribuzione, che sta generando cospicui avanzi di gestione, non verificati da una effettiva vigilanza sul finanziamento delle Authority”. C’è poi il fronte della fiscalità e della lotta all’evasione, sopratutto a quella dell’Iva, che solo nell’ultimo anno ha generato nel comparto della logistica sanzioni superiori al mezzo miliardo di euro. Confetra da tempo promuove l’applicazione dell’inversione contabile, il reverse charge, che sposterebbe gli obblighi relativi all’IVA sul committente. “Auspichiamo la possibilità di affrontare di petto il trema dell’evasione Iva sugli appalti della logistica con la reverse charge, anche su questa, nell’ultima discussione sulla legge di bilancio c’è stata una apertura del ministro Giorgetti, che rispondendo a una domanda di Confetra ha detto che si sta analizzando la possibilità del reverse charge, che in italiano chiamiamo revisione contabile, per gli appalti della logistica come già avviene per l’edilizia, questo sarebbe molto importante per il nostro settore”.

 

“Le prospettive della logistica tra criticità geopolitiche, infrastrutturali e ambientali”: il confronto in assemblea

Dalle strozzature del sistema all’impatto del Green Deal, i temi sollevati dalla relazione del presidente di Confetra sono stati al centro di un approfondito dibattito al quale sono intervenuti  Alessandro Gili, : Research Fellow Geoeconomia e Infrastrutture, ISPI; Oliviero Baccelli,  Direttore del Master MEMIT in Trasporti, Logistica e Infrastrutture e responsabile area trasporti di GREEN, Università Bocconi di Milano; Alessandro Panaro, Responsabile Servizio Maritime & Energy, SRM; Ercole Incalza, Editorialista ed esperto di Economia dei Trasporti e Infrastrutture.

Di “nuova geometria del commercio mondiale” ha parlato Gili, precisando che “non si sa ancora dove si sta andando”  anche se la direzione e l’obiettivo è quello di “una riduzione delle dipendenze strategiche”.  Uno scenario dove ora incombe la seconda era Trump:  “Il ritorno di Trump, che non è mai stato un campione del libero commercio, è segnato da un elemento: ha sempre visto i dazi come strumenti fondamentali per ridurre gli squilibri dell’economia Usa. Nel corso degli anni il disavanzo commerciale non è però diminuito, ha superato i 1.000 miliardi di dollari, mentre erano 750 nel 2016”. Ora, Trump ha annunciato “un dazio  generalizzato del 10-20% e addirittura fino al 60% su Cina”. Inoltre,”dopo lo scoppio della guerra in Ucraina gli Usa forniscono 1/5 del gas naturale all’Europa” ha continuato Gili, spiegando che questo, cioè l’aumento dell’acquisto del gas, potrebbe essere “una delle leve” su cui Trump potrebbe agire e su cui “ci si sta confrontando in modo bilaterale”.

Uno dei temi affrontati da Baccelli è stato quello della “crisi delle reti” dei trasporti, che rappresentano uno “strumento di competitività della manifattura”,  se si pensa a infrastrutture ormai datate, come tunnel e trafori, ferroviarie e stradali, che “hanno evidenti limitazioni” e alla questione dei contingentamenti. “Serve una fortissima accelerazione”, ha detto il docente della Bocconi che ha anche posto l’accento sull’impatto dello “tsunami dei regolamenti” con il loro “ruolo crescente e pervasivo nell’evoluzione normativa europea per la sostenibilità”.

A sollecitare una riforma della portualità è stato Incalza: “viene indicata come priorità – così hanno fatto i ministri Toninelli e Giovannini – ma non si è fatto nulla. Ora, ho una grande stima per il viceministro Rixi ma le riforme non si fanno con i convegni e le buone intenzioni”, ha detto. Per Incalza, l'”gli hub della logistica devono avere una gestione non pubblica ma privata, devono avere autonomia finanziaria, devono essere società per azioni”. Sul versanmte delle risorse finanziarie, Incalza ha sottolineato la necessità di “una rivisitazione della quota dell’1% dei proventi da Iva legata alla movimentazione portuale”, “di utilizzare una quota del fondo delle reti Ten-T” e la definizione “di un piano per la digitalizzazione dei porti e degli interporti con un unico gestore a scala comunitaria”.

A scattare una fotografia sull’impatto della crisi del Mar Rosso sui porti italiani è stato Panaro. “A seguito della crisi di Suez continua la sofferenza delle navi porta container, che hanno un calo del 71% dei transiti. Il Pireo ha perso traffico e si segnala una particolare sofferenza dei porti adriatici, 7%,  e un guadagno dei tirrenici, +6%,  per una ristrutturazione di rotta. Le rotte vanno allungandosi per tutte le tipologie di naviglio, trend opposto a quello precedente le due guerre”, ha spiegato Panaro rilevando il primato dell’Italia nelle attività di short sea. “Purtroppo  dalle nostre analisi cresce l’ex works, siamo arrivati al 75% di imprese che ne fa utilizzo e il 61% non intende valutare modalità alternative”.

 

 

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