NATURA, ARRIVA LA ROADMAP
L’avvertimento Ue all’Italia: investimenti verdi ancora troppo bassi, ultimatum al SUD su gestioni acqua e rifiuti
La piena attuazione della legislazione ambientale potrebbe far risparmiare all’economia europea circa 55 miliardi di euro all’anno in costi sanitari e costi diretti per l’ambiente. Nell’analisi vengono presi in considerazione l’economia circolare, l’acqua, la biodiversità, l’inquinamento atmosferico e il clima. Il Sud Italia soffre di carenze infrastrutturali nella gestione idrica e dei rifiuti e la Corte di giustizia europea ha sin qui comminato multe per oltre 806 milioni di euro per inosservanza del diritto ambientale dell’Ue. “Dobbiamo lavorare insieme per garantire che investire nella natura non diventi l’eccezione, ma la norma, un motore di resilienza, equità e prosperità a lungo termine”, ha commentato ieri la commissaria all’ambiente, la resilienza idrica e l’economia circolare competitiva, Jessika Roswall.
L’Italia non soddisfa ancora i parametri europei sulla transizione verde. A dirlo è l’ultima relazione sull’attuazione ambientale appena pubblicata dalla Commissione europea. Se da un lato il nostro Paese è al top sull’economia circolare, dove sono state implementate “strategie nazionali e regionali per lo sviluppo sostenibile” arrivando a ottenere “buoni risultati” e una rete nazionale che riunisce stakeholder governativi e aziendali. Dall’altro sono ancora diverse e importanti le sfide da affrontare: inquinamento, natura e biodiversità, governance e investimenti. Sul primo punto, sebbene siano stati compiuti “alcuni progressi nella riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici”, “persistono superamenti dei valori limite sia per il PM10 che per l’NO2”. Quanto agli habitat naturali, “alcuni siti marini devono ancora essere designati nella rete Natura 2000.
È inoltre necessario migliorare lo stato di conservazione di habitat e specie, utilizzando i quadri di azione prioritari per integrare meglio i fondi Ue”, segnala Bruxells. Infine, “il divario complessivo degli investimenti ambientali in Italia è diminuito e ora ammonta a circa 8,29 miliardi di euro all’anno, pari allo 0,43% del Pil” ma il nostro Paese resta sotto la media comunitaria, destinando “le quote più elevate destinate all’economia circolare e all’acqua”. Inoltre, “l’Italia deve migliorare la propria capacità amministrativa per sostenere la transizione verde, anche attraverso il coordinamento tra i livelli nazionale, regionale e locale”. Proprio riguardo ai territori, la relazione segnala che il Sud soffre particolarmente il deficit infrastrutturale sui rifiuti e il settore idrico. Ogni anno, Bruxelles dispone per gli Stati 122 miliardi da investire sull’efficienza normativa.

Insomma, tanti buchi da colmare che finora hanno portato già a multe per oltre 806 milioni di euro per inosservanza del diritto ambientale dell’Ue. Anche se da inizio millennio l’Italia ha compiuto progressi nel monitoraggio e nella rendicontazione degli impatti ambientali del proprio bilancio nazionale (bilancio verde). Sviluppando una rendicontazione sulla spesa pianificata per la protezione ambientale e la gestione delle risorse che include anche 12 indicatori sul benessere equo e sostenibile, in conformità con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sdg) e i target dell’Agenda 2030. Ma guardando la mappa delle infrazioni attive l’Italia è seconda solo alla Spagna con 23 violazioni.
A livello europeo, ricorda la relazione, i costi della mancata attuazione delle normative ambientali dell’Ue, causati dall’inquinamento dell’aria e delle acque, dal degrado ambientale e dalla produzione di rifiuti, ammontano all’incirca a 180 miliardi di euro all’anno, cioè l’1% del pil europeo.

Sempre ieri, intanto, da Palazzo Berlaymont è arrivata la roadmap per i futuri crediti natura. L’obiettivo di questa consultazione aperta fino al 30 settembre prossimo è appunto creare un mercato che al 2027 porti a definire standard chiari e certificazioni affidabili per incentivare imprese e istituzioni finanziarie a investire in azioni positive come il ripristino delle zone umide o l’espansione delle foreste. “Queste azioni positive per la natura possono essere valutate e certificate da un’organizzazione indipendente, fornendo così credibilità agli investitori che sponsorizzano l’azione attraverso i crediti natura”, si legge nella nota.
Lo schema prevede la creazione di un organismo indipendente che esaminerà i progetti presentati, i metodi di attuazione e gli impatti previsti e che rilascerà un riconoscimento formale. I crediti saranno poi venduti ad aziende (ad esempio aziende agroalimentari, assicurazioni), autorità pubbliche o cittadini che vogliono contribuire al ripristino della natura, raggiungere obiettivi di sostenibilità, investire nella riduzione dei rischi legati alla natura o sostenere gli ecosistemi locali. Il ricavato dei crediti naturali tornerà ai gestori dei terreni, premiando il loro lavoro positivo per la natura e consentendo il reinvestimento. Lo schema sarà però volontario e secondo Bruxelles può rappresentare un’ulteriore fonte di reddito per gli agricoltori, che guadagnano da pratiche positive per la natura come la manutenzione delle siepi, la creazione di habitat per gli impollinatori o il miglioramento della biodiversità del suolo. “Oltre a fornire ricompense finanziarie, queste azioni migliorano anche la salute dell’ecosistema, incrementando l’impollinazione, la fertilità del suolo e l’immagazzinamento dell’acqua, con una conseguente riduzione dei costi di input per gli agricoltori”, evidenzia la Commissione.
Secondo la tabella di marcia, si punterà a semplificare i processi di certificazione e utilizzare gli strumenti digitali per ridurre gli oneri amministrativi con la promessa di valutare la creazione di meccanismi per sostenere la partecipazione precoce, per arrivare a destinare il 10% del proprio bilancio alla biodiversità entro il 2026-2027 e a raddoppiare la spesa esterna per la biodiversità portandola a 7 miliardi di euro. “Con una stima di 65 miliardi di euro necessari ogni anno per gli investimenti nella biodiversità, la combinazione di finanziamenti pubblici e privati sarà essenziale per ottenere risultati su scala e in tempi brevi”, si legge dalla relazione. Secondo le previsioni, la domanda globale di crediti per la biodiversità raggiungerà i 180 miliardi di dollari, a seconda dell’adozione delle politiche e delle azioni delle imprese. Se l’Ue catturasse una parte di questa domanda, stima Bruxelles, potrebbe contribuire a colmare il deficit di finanziamento della biodiversità in Europa, stimato in 37 miliardi di euro all’anno. Nella roadmap è previsto, infine, che la Commissione conduca una valutazione del potenziale di mercato per comprendere meglio i volumi e i fattori realistici. Per garantire lo sviluppo coordinato e inclusivo di un mercato affidabile dei crediti naturali, la Commissione istituirà un nuovo gruppo di esperti che favorisca il coinvolgimento delle parti interessate: le candidature per la prima fase di selezione possono essere presentate entro il 10 settembre prossimo.
“Dobbiamo lavorare insieme per garantire che investire nella natura non diventi l’eccezione, ma la norma, un motore di resilienza, equità e prosperità a lungo termine”, ha commentato ieri la commissaria all’ambiente, la resilienza idrica e l’economia circolare competitiva, Jessica Roswall.