L'indagine Bankitalia

Imprese più pessimiste ma le costruzioni contano sul Pnrr

Il sentiment delle imprese, soprattutto dell’industria in senso stretto, diventa più negativo nel quarto trimestre dell’anno. La domanda si è indebolita, le attese sull’occupazione meno favorevoli e aumentano le aspettative d’inflazione.

09 Ott 2024

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Le imprese rimangono caute sulle situazione economica del terzo trimestre ma vedono più nero guardando all’ultimo scorcio dell’anno. Se i maggiori segnali di sofferenza arrivano dall’industria in senso stretto, alcune note lievemente più ottimistiche – anche se la cautela è d’obbligo – contraddistinguono le costruzioni, in particolare sul fronte della crescita della domanda, della dinamica occupazionale e della prospettiva di beneficiare degli effetti del Pnrr. E’ quanto emerge, in sintesi, dall’indagine sulle aspettative di inflazione e crescita che la Banca d’Italia ha svolto tra aziende con almeno 50 dipendenti tra la fine di agosto e la prima metà di settembre. Indagine che tocca numerosi punti, dalle condizioni per investire alle dinamiche occupazionali, dai listini praticati alle aspettative d’inflazione. Con la novità, introdotta in questa rilevazione, di una sezione dedicata all’intelligenza artificiale.

I giudizi sulla situazione economica generale da parte delle imprese intervistate rimangono molto cauti, rileva Bankitalia.  Nel terzo trimestre del 2024 continua a essere largamente prevalente la quota di imprese che ha espresso giudizi di stabilità sulla situazione economica generale del Paese (72 per cento). Fra le restanti, il saldo tra la quota di valutazioni favorevoli e sfavorevoli è rimasto negativo (-15 punti percentuali, da -14 dello scorso giugno), in particolare tra le aziende dell’industria in senso stretto (-20 punti percentuali da -18).

I giudizi sulla domanda totale sono divenuti nel complesso lievemente negativi, risentendo del peggioramento delle valutazioni sia sulla componente interna sia su quella estera. Il deterioramento è stato marcato per le imprese dell’industria in senso stretto, dove il saldo tra la quota di chi ha registrato un’espansione delle vendite e chi una contrazione si è ridotto di quasi 10 punti percentuali (a -17). La domanda ha continuato a crescere, invece, nei servizi e nelle costruzioni, seppur meno che nello scorso trimestre (il saldo è sceso a 8 e 19 punti percentuali rispettivamente, da 10 e 31). Per l’ultimo trimestre dell’anno, circa la metà delle aziende dell’industria in senso stretto e dei servizi e circa il 40 per cento di quelle delle costruzioni si attendono un andamento delle vendite sostanzialmente stabile. Tra le rimanenti, la quota di chi ne prevede un’espansione è più contenuta nell’industria e più elevata nei servizi e, soprattutto, nelle costruzioni, dove oltre la metà delle imprese prevede di beneficiare dei provvedimenti connessi al Pnrr.

Le attese delle imprese sulle proprie condizioni operative nei prossimi tre mesi rimangono complessivamente deboli, con dinamiche settoriali eterogenee: rispetto alla precedente rilevazione il saldo tra i giudizi di miglioramento e di peggioramento è ulteriormente diminuito nell’industria in senso stretto (a -14 punti percentuali da -7), è divenuto appena negativo nei servizi (a -2 da 2), mentre ha continuato a crescere nel
settore delle costruzioni (a 6 da 3). Sulle prospettive continuano a gravare principalmente l’incertezza economico-politica e, in misura più contenuta, i timori sull’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche; resta positivo ma si attenua il sostegno della domanda per i servizi.

Nel terzo trimestre, a fronte di una riduzione della quota, ancora maggioritaria, delle imprese che prevedono un’espansione della propria compagine nei successivi tre mesi, è cresciuta la quota di chi ne prefigura un ridimensionamento (fino a circa il 15 per cento nell’industria e nei servizi e al 6 nelle costruzioni); il saldo tra le attese di aumento e di riduzione degli occupati è sceso a 7 punti percentuali nell’industria e nei servizi (da 18)
e a 26 nelle costruzioni (da 31). La percentuale di aziende che prevedono un aumento delle retribuzioni orarie dei propri dipendenti nei
prossimi 12 mesi è cresciuta nelle costruzioni di circa 15 punti percentuali (al 65 per cento), mentre è rimasta sostanzialmente stabile negli altri comparti (al 62 per cento in media). Per quasi il 90 per cento delle imprese che aumenteranno i salari, gli incrementi saranno inferiori al 4 per cento e nel 60 per cento dei casi non supereranno il 2 per cento.

Il saldo tra i giudizi favorevoli e sfavorevoli sulle condizioni per investire continua ad essere negativo in tutti i settori (-8 punti percentuali da -6), in misura più marcata nell’industria (-12). Le condizioni di accesso al credito sono rimaste sostanzialmente stabili nei servizi e sono lievemente peggiorate nell’industria. Non emergono tuttavia difficoltà sulla posizione complessiva di liquidità nei prossimi tre mesi, che viene
valutata più che sufficiente da oltre il 20 per cento di imprese, adeguata da quasi il 70 per cento e insufficiente da meno del 9 per cento (valori in linea con quelli della scorsa rilevazione). Per l’anno in corso, le imprese continuano tuttavia a pianificare una complessiva espansione della spesa
nominale per investimenti rispetto all’anno precedente, ma a un ritmo lievemente meno sostenuto di quanto prefigurato nello scorso trimestre: il saldo tra chi si attende una maggiore accumulazione e chi ne prevede una riduzione è di 11 punti percentuali (da 13 nella scorsa indagine), in larga parte ascrivibile alle aziende dei servizi (21 punti, contro un saldo pressoché nullo nell’industria in senso stretto). Le valutazioni sul complesso
dell’anno hanno risentito del peggioramento delle attese sul secondo semestre, quando il saldo si è ridotto di circa 6 punti percentuali (a 11), guidato in particolare dal rallentamento degli investimenti previsto dalle imprese dell’industria in senso stretto (il saldo per queste aziende si è ridotto a 4 punti percentuali da 13).

I listini praticati dalle imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi hanno rallentato rispetto alla scorsa rilevazione: le variazioni sull’anno precedente dei prezzi di vendita nei due comparti sono risultate pari, in media, rispettivamente all’1,2 per cento (dall’1,5 nel secondo trimestre) e al 2,2 per cento (da 2,6). Per le imprese di costruzione, i prezzi hanno invece accelerato, crescendo del 4,4 per cento (dal 3,4), un ritmo analogo a quello registrato nel primo trimestre dell’anno. Nei prossimi 12 mesi la dinamica dei prezzi sarebbe lievemente più elevata nell’industria in senso stretto, dove le imprese prevedono un aumento dei listini dell’1,8 per cento, a fronte di una sostanziale stabilità nei servizi e nelle costruzioni. Sull’incremento atteso dei prezzi, incidono soprattutto l’aumento del costo del lavoro e quello delle materie prime. Rispetto alla scorsa rilevazione, l’inflazione al consumo attesa dalle imprese è cresciuta di tre decimi di punto percentuale su tutti gli orizzonti di previsione (6, 12 e 24 mesi), attestandosi su valori ancora contenuti (1,7 per cento). In media su tutti gli orizzonti le attese sono rimaste omogenee, fra imprese di comparti e dimensioni
diverse e nelle differenti aree del Paese.

Quanto poi alla novità di questa indagine sull’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale  tra le imprese italiane. Il 32 per cento delle aziende dell’industria in senso stretto e il 41 per cento di quelle dei servizi considerano l’IA molto rilevante per la propria attività e la stanno già utilizzando o prevedono di farlo entro il prossimo biennio. In entrambi i settori l’utilizzo di questo strumento risulta largamente più diffuso tra le imprese di maggiore dimensione; la differenza tra aree geografiche appare più contenuta. Tra le imprese che già adottano l’IA o intendono farlo, il principale utilizzo riguarda il miglioramento dei processi produttivi o di supporto (oltre la metà delle aziende), seguito dall’automazione delle attività (poco meno del 25 per cento).

M.C.C.

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