DECRETO CASA/2

Il Salva-Milano riscrive la ristrutturazione edilizia

Depositati dai gruppi di maggioranza quattro emendamenti identici che prevedono i casi in cui vanno considerati conformi interventi realizzati senza la preventiva approvazione di piani attuativi. Per dire quali casi di demolizione e ricostruzione con modifiche di volumi, sagome e sedimi potranno essere considerati ristrutturazione edilizia ci sarà una nuova disciplina a regime entro sei mesi e una transitoria.

02 Lug 2024 di Giorgio Santilli

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La maggioranza cerca una soluzione salva-Milano all’impasse dell’edilizia che si è prodotta nel capoluogo lombardo dopo l’avvio di alcune inchieste della Procura che hanno contestato ai funzionari comunali una errata interpretazione delle norme urbanistico-edilizie. Lo fa con due articoli aggiuntivi al decreto salva-casa di Matteo Salvini. I quattro gruppi della maggioranza hanno presentato ciascuno un emendamento all’articolo 1 del decreto legge, tutti con lo stesso testo.

Gli interventi senza preventiva approvazione di un piano attuativo

Nel primo articolo aggiuntivo (1-bis) la norma che si propone all’approvazione considera “conformi alla disciplina urbanistica”, ad alcune condizioni, alcuni interventi “non preceduti dall’approvazione preventiva di un piano particolareggiato o di lottizzazione convenzionata”, la situazione in cui si sono trovati numerosi interventi a Milano.

Di quali interventi parla la norma? Si tratta di interventi – che devono comunque rispettare la normativa tecnica delle costruzioni – di “edificazione di nuovi immobili su singoli lotti ricadenti in ambiti edificati e urbanizzati, sostituzione di edifici esistenti in ambiti caratterizzati da una struttura urbana definita e urbanizzata e interventi su edifici esistenti in ambiti caratterizzati da una struttura urbana definita e urbanizzata che determinino la creazione di altezze e volumi eccedenti i limiti massimi previsti dall’articolo 41-quinquies, comma 6, della legge 17 agosto 1942, n. 1150”. Fanno comunque eccezione gli interventi “per i quali sia stata disposta la demolizione o riduzione in pristino con provvedimento definitivo”.

Le condizioni per considerarli conformi

Ma a quale condizioni possono essere considerati conformi questi interventi? A due condizioni: “verifica di adeguatezza delle dotazioni territoriali e degli standard urbanistici sulla base della legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali; rispetto, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, della distanza minima tra fabbricati, derogabile tra fabbricati inseriti all’interno di piani attuativi e di ambiti con previsioni planivolumetriche oggetto di convenzionamento unitario”.

L’articolo 1-ter detta invece una nuova disciplina delle ristrutturazioni edilizie (una delle questioni sollevate dalle inchieste della Procura è proprio che non possono essere considerati interventi di ristrutturazioni edilizie quelli che prevedono demolizione e ricostruzione di edifici con modifiche di volumi, sagome, prospetti, sedime).

La disciplina a regime della ristrutturazione edilizia

Cosa prevede la nuova disciplina?

Anzitutto abbiamo una disciplina a regime, che va approvata entro sei mesi tramite un accordo in Conferenza unificata, e una disciplina transitoria.

La disciplina a regime prevede che “il Governo, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane coordinano l’esercizio delle rispettive competenze al fine di individuare, nell’ambito dei vincoli desumibili dalla normativa nazionale, gli interventi di demolizione e ricostruzione che possono essere qualificati come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della  Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”. Questa disciplina dovrà tenere conto “delle esigenze di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e favorire, nel contempo, lo sviluppo di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale”.

La norma transitoria

In attesa della nuova normativa, la norma transitoria che dovrebbe contribuire a risolvere numerosi casi milanesi. “Nelle more del perfezionamento – afferma il secondo comma dell’articolo 1-ter – dell’accordo di cui al comma 1 e fino all’entrata in vigore delle disposizioni legislative conseguenti all’accordo di cui
al comma 1, rientrano negli interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, quelli di totale o parziale demolizione e ricostruzione, a decorrere dall’entrata in vigore dell’articolo 30, comma 1, lettera a) del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che
portino alla realizzazione, all’interno del medesimo lotto di intervento, di organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche anche integralmente differenti da quelli originari, purché rispettino le procedure abilitative e il vincolo
volumetrico previsti dalla legislazione regionale o dagli strumenti urbanistici comunali e ferma restando la verifica di adeguatezza delle dotazioni territoriali e degli standard urbanistici sulla base della
legislazione regionale e degli strumenti urbanistici comunali”.

Norme immutate per centri storici, zone omogenee A e aree vincolate

Resta salvo – aggiunge la disposizione – quanto previsto previsto dal sesto periodo dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del  Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, che cioè nei centri storici, nelle aree vincolate e nelle zone omogenee a gli interventi di demolizione e ricostruzione possono essere considerati ristrutturazione edilizia soltanto se “siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.

Non si escludono riformulazione di questi emendamenti, possibile che vengano accantonati e si votino alla fine dell’esame del decreto legge.

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